Miracolo a Fiorano: Leclerc coi tifosi, agratis

Miracolo a Fiorano: Leclerc coi tifosi, agratis

Il gesto di Charles mercoledì scorso, quando è andato incontro ai tifosi, merita di essere sottolineato mille volte

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12.12.2022 09:45

Da almeno tre decenni, e con allarmante incremento nelle recenti stagioni, la Formula Uno tende sempre più a dare di sé un’immagine lussuosa, blindata e superesclusiva. Con una specie di warning subliminale che sottende due concetti mica tanto carini e per niente simpatici. Ovvero, il primo dice: «Please, no povery in this place» e il secondo, perfino più cattivello, specifica «...E anche i ricchi, mica ce li vogliamo tutti».

F1 sempre troppo esclusiva

Paddock elettrificato e invalicabile - a parte a Monza dove, chissà perché, ho incontrato anche un mio vecchio ex bidello -, biglietti da tribuna centrale che a costi fanno rima con il conto di un incidente stradale, location sempre più esclusive, Gran Premi in luoghi innaffiati di petrolio & champagne e magari pure da qualche missile del battaglione Huthi, vedi Gp Arabia di quest’anno. Insomma, alla vigilia del 2023 che sarà rischiarato dai fuochi d’artificio di Las Vegas, evento talmente glamour che a confronto Montecarlo sembrerà una briscola all’Rsa, l’idea, l’’immagine di fondo, il percepito della Formula Uno che guarda all’avvenire, immagina una specie di Coppa America in versione rombante, anzi, una Louis Vuitton Cup. Da disputarsi su un mare d’asfalto, con dieci superentità al via e un oceano di gente che muore dalla voglia di far sfiaccolare le carte di credito per mostrarsi all’altezza di cotanta speme.

Il segnale controcorrente

Tutto ciò mi sembra un tantino irreale e pure mezzo offensivo, della logica ma anche del buon gusto. Perché al mondo e in Italia di gente che fa fatica ad arrivare a metà mese con lo stipendio ce n’è tanta e financo appartenente al ceto medio. Ma qui mi fermo, altrimenti il discorso prende un’altra strada, e sterzo deciso verso la pista, perché il segnale che voglio sottolineare è altresì poetico, commovente e distensivo.

Una carezza ai tifosi

Fiorano, mercoledì 7 dicembre 2022. In pratica, l’ultimissimo test di Charles Leclerc con la quasi gloriosa F1-75, che vive così l’ultimo ruggito e con esso tramonta anche acusticamente l’era Binotto. Lui per un po’ gira mettendocela tutta in pista. E fuori dal tracciato, a due passi della strada, a bordo rete, una piccola folla d’irriducibili sfida come spesso accade il clima ghiaccio e grigio, per sparargli qualche applauso e un’immensa carezza ideale, perché la Ferrari è sempre la Ferrari. Bene, non finisce qui. A un bel momento il pilota monegasco, sceso di macchina, s’invola indomito verso la campagna, fende il manto terragnamente erboso e punta l’improvvisato settore popolare, come ispirato dalla solita voglia d’impresa, che però stavolta al posto dell’afflato agonistico vanta un risvolto tutto umano e a titolo gratuito. Sissignori, Charles Leclerc, in controtendenza, alla barba di tre decenni di filofofia off limits, di pretese di regale esclusività, scende volutamente e felicemente dal trono su cui i padroni della F.1, qualsiasi padrone delle ultime due generazioni lo vorrebbe sdegnosamente collocare, e si concede alla gente. Sì, si dà senza nulla pretendere, distribuendo dalla parte giusta della rete sorrisi e autografi a tanti di quelli che stanno dalla cosiddetta parte sbagliata. Frasi simpatiche, motti di spirito, ammiccamenti, clima di rimpatriata tra vecchi amici. Nessuno esagera, verruno se ne approfitta o travalica i limiti. Tutto spontaneamente autosorvegliato e ben gestito, come si conviene tra persone semplici ed educate. Nada mega-infuencer nei paraggi, zero rapper con le guardie del corpo, manco uno sceicco cui stringere la mano davanti a telecamere o riflettori, ovvero un capo di Stato qualsiasi pronto a far passerella. Perfino il sindaco di Maranello, che è un caro amico e saluto, se ne stava a casa bello discreto, davanti alla stufa, mercoledì scorso. Insomma, c’erano solo quelli come noi. Quelli del Mucchio Educato e non Selvaggio.

Le radici di uno sport popolare

È finita bene, anche se non c’era la security. Perché l’automobilismo da corsa è uno sport popolare, non un’astrazione da vip. Siamo abituati da quattro generazioni a trovarci al fianco dei campioni del volante, dal primo ritiro di Nuvolari alla Mille Miglia fino al miracolo a Fiorano, e mai nessuno s’è lamentato di una pacca sulla spalla. Neppure Charles Leclerc, che dall’esperienza è uscito felice tanto quanto i suoi tifosi, perché fatta una doccia e trovato il primo termosifone, dopo la sphonata di rito, s’è spicciato a mettere le immagini su Insagram, perché, come si dice in questi casi, è bello e fa piacere dare come ricevere. Posso dirlo? Questa è la F.1 che riconosco nostra. Questa è la F.1 che mi piace. Questa è la F.1 che può far tornare a innamorare non solo i tifosi veri, ma chiunque. Queste sono le vere radici del nostro sport: caldo, aperto, unente e mai divisivo. Morale della favola? Cari padroni della F.1, toglietevi quell’espressione schifata dal volto, abbassate barriere, prezzi, filo spinato materiale e morale e vedrete che saranno le corse a diventare o a ridiventare lo sport più bello, più amato e più seguito del mondo.


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