Un anno iniziato in modo triste

Un anno iniziato in modo triste

Anche noi del Motorsport sappiamo onorare i nostri campioni per sempre

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09.01.2023 09:53

Che strano e crudele, il nostro amato sport preferito, certe volte. A inizio anno nuovo, nel momento della pausa e della speranza, delle aspettative e della maggior serenità, nel giro di pochi giorni ci sottrae senza soluzione di continuità nomi, miti, storie importanti e affetti forti. Ken Block, Ciccio Liberto, Michel Ferté: non potrebbero esserci personaggi più diversi, a poco tempo dall’addio a Mauro Forghieri e a Patrick Tambay. E anche stavolta il cuore si stringe e soffre, perché con loro se ne vanno emblemi forti di epoche e civiltà particolari delle corse. Chiaro, con Block è il presente a subire un vulnus, perfino la civiltà dello show e delle clip in cui tutto quanto fa spettacolo, anche se lo stuntman e pilota-meraviglia nativo di Long Beach sapeva essere anche sostanza accanto alla forma, con le sue applaudite apparizioni nel mondiale WRC.

Il legame con la Targa Florio

Con Ciccio Liberto, invece, a lasciarci è una tessera importante del museo prezioso e antico della Targa Florio. Da quando la saracinesca del suo negozio in piena Cefalù s’era abbassata, ciascuno di noi aveva capito che una parte importante della saga della Targa si preparava a salutarci e così è stato. Proprio in quel negozio teneva i calchi su carta di tutti i piedi dei più grandi piloti nella golden age dell’endurance ruggente, a partire da Elford, Siffert e Herbie Muller. E stare là dentro significava respirare l’aria di, per dirla col Nome della Rosa di Umberto Eco, un opificio di sapienza. E di pura passione e culto per i valori dell’amicizia e dell’empatia, aggiungo.

Gli ultimi eroi

Il caso di Michel Ferté è diverso ma indicativo. Francese, fratello di Alain, a inizio Anni ’80 succede a lui sul gradino più alto del podio del prestigioso Gp di Monaco F.3, ma, proprio come il suo consanguineo, non avrà mai la chanche di arrivare in F.1, pur essendo ottimo pilota in formula cadetta e top driver dell’endurance. Dove, correndo per tre lustri alla 24 Ore di Le Mans, ottiene come miglior risultato un secondo posto nel 1991 col team Jaguar Twr, dopo aver svolto il ruolo di tester per la Ligier F.1 nel biennio 1984-1985. Anche in questo caso Michel, scomparso dopo una breve malattia, è un simbolo. Icona dell’ampissima schiera di piloti che avrebbero meritato almeno una piccola chance in F.1, peraltro senza mai ottenerla davvero. Già, l’incompiutezza. Questa strana malìa che rende particolare il fascino di chi avrebbe potuto essere ancor più e mai fu, pur meritandolo assai. E sapete cosa penso, quando pongo mente e cuore a Block, Liberto e Ferté? Penso a una cosa strana. C’era una volta l’automobilismo eroico ed iperpericoloso degli incidenti maledetti e delle conseguenti scomparse frequenti e improvvise, che regalava spesso, troppo spesso, lutti e tragedie. Ora, fortunatamente, col progresso e safety first, tutto ciò è finito.

Quanto è difficile dire addio

E con ciò, anche la nostra capacità di preparazione alla perdita, quella specie di immunizzazione di gregge che avevamo ottenuto subendo tanti distacchi assurdi e terribili con nomi altisonanti di ogni epoca, ecco, dicevo, anche la nostra attitudine ad accettare la morte si è affievolita. E non vogliamo, ovviamente, altri vaccini o ennesime dosi, perché in questo caso l’immunità non serve. Serve, piuttosto, forse, ancora e solo, un briciolo di poesia. Nel limitarsi a riconoscere che noi del Motorsport, rispetto a qualsiasi altra disciplina, sappiamo salutare come si deve i nostri campioni, le nostre belle persone, perché c’eravamo e ci siamo preparati - poeticamente -, da sempre. E sappiamo ancora che le storie spezzate o concluse, magicamente prima o poi tornano a rivivere, perché il ricordo, l’immaginazione, la passione e la mitografia rombante hanno una potenza evocativa del tutto particolare, che forse nessun’altra forma di militanza sportiva ha. Per questo, alla malìa contrapponiamo la magia del Motorsport. La quale ci permette fin da ora di dire che Ken, Ciccio e Michel, ovunque siano ora, continueranno ad essere dei piedi pesanti, ovvero dei calzari adeguati ad essi, tutte le volte in cui avremo il piacere di richiamarli nelle nostre emozioni. Perché noi amanti del Motorsport non lasciamo mai indietro uno dei nostri, specie dopo che se n’è dovuto andare.

Ciao, Grandi.


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