Ecco come e perché Felipe chiederà alla FIA di riaprire il controverso caso
Gran brutta storia, l’esito del mondiale 2008. Che fare? Rigettare senz’altro preventivamente la prevedibile richiesta di giustizia di Felipe Massa, perpetuando una chiara ingiustizia nei suoi confronti? Oppure deliberare l’ammissibilità della tardiva azione legale, essendo emersi nuovi elementi facenti capo alla sussistenza a monte di un’acclarata e preclara frode sportiva, dando così il via a uno strano e inatteso processo, capace solo di aggiungere polemiche alle polemiche o risentimenti ai rimpianti? Sinceramente, qualsiasi panorama giudidico e sportivo, a fronte della (ri)discussione del caso, rischierebbe di approdare a pronunce tali da prefigurare rimedi non migliori del male che si vorrebbe rimuovere. Ovvero conseguenze non necessariamente più sane delle già inquinate e malferme premesse. E allora, come uscirne, ancor prima di entrarci?
Nel 1996 mi trovavo per As a Indianapolis per la 500 Miglia e al termine della corsa, che assegnava il titolo IRL 1995-1996, in sala stampa restammo tutti basiti. I due contendenti, Buzz Calkins e Scott Sharp, finiti a pari punteggio, venivano ritenuti vincitori ex aequo del titolo. Perché, a quel punto - non avendo stabilito discriminanti stringenti e risultando i due esattamente sullo stesso piano anche nell’analisi dei risultati secondari -, nessuno meritava di perdere. Quindi, per la prima e unica volta nella storia ormai ultrasecolare dei campionati premier F.1-F.Indy, si assegnò un titolo non a uno, ma a entrambi i contender.
Ricordo che quando lo comunicai in diretta via telefono al Direttore Carlo Cavicchi la risposta fu un indicativo: «Mi sembra di sognare». Ecco, è questo il punto. E magari l’augurabile luce in fondo al tunnel. Sarebbe auspicabile che, riesaminando il caso Massa-Singapore-2008, si arrivasse a concepire una via d’uscita equa e ragionevole, con un motu proprio del Presidente Fia di concerto con il Consiglio Mondiale, riconoscendo a posteriori l’ex aequo tra Lewis Hamilton e Felipe Massa. Perché, causa l’immobilità colpevole e voluta della Fia, non furono messi in condizione di giocarsi il mondiale 2008 a situazione sanata dopo la frode di Singapore. Così facendo si percorrerebbe il terreno più ragionevole e sensato, per fare davvero giustizia e chiudere una volta per tutte l’imbarazzante e, francamente, odiosa questione. Risarcendo il pilota defraudato, ossia Felipe, senza per questo creare un vulnus a colui, ovvero Lewis, il quale aveva vinto il titolo peraltro meritandolo sul campo, nel corso di una sfida epica e intensissima, il cui unico difetto fu quello d’essersi svolta senza aver bonificato Singapore. Questo sinceramente penso e lo dico a Felipe, il quale neanche ci sta a riflettere troppo su, anzi, mi risponde subito e conviene che potrebbe essere un esito anche accettabile, questo dell’ex-aequo sopraggiunto: «Guarda, per me solo il fatto che accettino di riaprire il caso, sarebbe una gran bella cosa. E se la decisione finale dell’Autorità competente fosse quella di riconoscere un ex aequo tra me e Lewis, sicuramente verrebbe fatta giustizia!».
Comunque vada, in bocca al lupo, caro Felipe. La sensazione è che tu abbia non una né due, ma cento, mille ragioni. E Autosprint, insieme a tanti tifosi della Ferrari e appassionati di corse, stanne pur certo, è saldamente dalla tua parte.
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