Che i Cavallini diventino Cavalieri!

Che i Cavallini diventino Cavalieri!

Come sarebbe bello se la Presidenza della Rebubblica premiasse anche la squadra dei trionfatori della Le Mans del Centenario, come la nazionale di calcio di Mancini dopo gli Europei di calcio

Presente in

25.06.2023 09:21

Martedì scorso, mentre vedevo le immagini della parata maranelliana della Ferrari 499P e degli eroi della Le Mans del Centenario, mi veniva spontaneo pensare a quanto importante sia questo trionfo. Sia per lo Sport italiano che per l’industria e l’immagine stessa del made in Italy nel mondo, a livello di tecnologia, stile e marketing. In poche parole, è uno di quei successi  completi, rotondi e onnicomprensivi, che come tale coniuga e premia tutte le caratteristiche che idealmente sempre vorremmo incarnassero il nostro essere italiani. E che stavolta, meritocraticamente, fanno parte di un’impresa riconosciuta da tutto il mondo del Motorsport e non solo.

Questo per associazione mentale mi fa tornare in mente ciò che avvenne alla metà di luglio di due anni fa, quando il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, conferì con un motu proprio, ossia con decisione personale, le onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica ai giocatori e allo staff della Nazionale Italiana di Calcio reduce dal successo nel Campionato Euro 2020, in segno di riconoscimento dei valori sportivi e dello spirito nazionale che animarono quel traguardo così bello e sentito. Ricordo che per l’occasione il Capo dello Stato assegnò l’onorificenza di Grande Ufficiale al Presidente della FIGC, Gravina e al Ct, Mancini, di Commendatore al Team Manager, Oriali e al Capo Delegazione, l’ora compianto Gianluca Vialli, di Ufficiale al capitano della squadra, Giorgio Chiellini e di Cavaliere a tutti i titolari e alle riserve della Nazionale.

Bene, ovviamente non v’è nulla d’automatico e dovuto, per carità, nessuno è istituzionalmente tenuto a riconoscere meriti e traguardi sportivi altrui, specie con un motu proprio, evidentemente se non convinto e profondamente certo della scelta, tuttavia in queste pagine e con tali righe un rispettoso, sommesso e sereno suggerimento forse non suonerà del tutto immotivato. Il successo di Le Mans 2023 è forse il conseguimento più inatteso ed entusiasmante in tutta la storia moderna delle attività sportive della Ferrari. Ed è anche la vittoria più complessivamente italiana nello sport del motore, unendo amministratori, dirigenti, tecnici, piloti e meccanici e perfino racing partner e aziende di supporto. In una vittoria ottenuta sul tracciato di quella che è considerata la gara più prestigiosa, bella e difficile del mondo, sconfiggendo una concorrenza di rilevanza planetaria e riferentesi ai tre continenti più industrializzati, ovvero Europa, America e Asia.

Certo, c’è ancora il mondiale endurance in ballo e magari non sarebbe male aspettare gli sviluppi pure di quello, ma il punto è un altro. Nelle corse di durata il vero mondiale è Le Mans. La maratona della Sarthe non solo da sola vale un titolo, ma la verità è che conta molto più dell’iride, perché secca, rifulgente prestigio, capricciosa, imprevedibile e ben più probante e priva d’appello di qualsiasi sfida o cimento a tappe. Eppoi di argomento ce ne sarebbe un altro, invero. Ossia l’opportunità volta a sanare una specie d’ingiustizia - sia chiaro, che non ha nulla a che vedere con la Presidenza della Repubblica né con le onorificenze, in realtà - e che riguarda la storia stessa del motorsport e dello Sport italiano in generale. In F.1 dai tempi di Alberto Ascari - senza contare il grande Mario Andretti, italian born, ma naturalizzato statunitense -, l’italia del motore non ha più un pilota in grado di vincere un titolo mondiale. Nell’endurance, invece, tale traguardo è stato toccato dagli italiani Teo Fabi (1991 su Jaguar) e Mauro Baldi (1990, su Mercedes) e nella revivescenza del campionato, dal 2012 a oggi, per ben sei volte nella categoria Gran Turismo proprio da vetture Ferrari gestite sui campi di gara da AF Corse.

E penso anche, alla stessa 24 Ore di Le Mans, perlomeno nella sua era più recente; oltre a Emanuele Pirro, primatista italiano trionfatore cinque volte alla Sarthe con l’Audi, e a Dindo Capello, a segno tre volte, ai favolosi Anni ’60, che a Le Mans videro al top Ludovico Scarfiotti e Lorenzo Bandini (1963), su Ferrari 250P, e di Ninni Vaccarella (1964), sulla 275P, per ben 58 anni ultimo italiano a vincere con la Rossa. Tra gli altri dei nostri impostisi almeno una volta, vanno ricordati Paolo Barilla (1984), Mauro Baldi (1989 e 1994), Michele Alboreto (1997) e Pier Luigi Martini (1999). Voglio dire che un riconoscimento ufficiale darebbe allure e luce riflessa anche a viatico e gloria di tanti altri campioni tricolori, anche su Ferrari, che magari avrebbero meritato risonanza maggiore di quella concessa nel mondo mediatico così tanto e troppo spesso magnetizzato solo dalla F.1.

Adesso, tuttavia, l’occasione è ghiotta, la situazione diversa, la rilevanza internazionale del successo di Le Mans 2023 assolutamente comprovata. E con essa anche l’entusiasmo mostrato e scaturito nella storica parata maranelliana, che è stata anche una specie di Aida senza Arena, vera marcia trionfale della e nella Motor Valley. Sì, direi che i requisiti di possibile e passibile ammissibilità per la gratificazione encomiastico-istituzionale potrebbero esserci tutti. Il resto, ovviamente, resta demandato alla sempre prudente e attenta sensibilità e all’apprezzamento equo dell’Autorità preposta. Comunque, cari Coletta & Company, vi dovesse mai arrivare una chiamata di quelle belle belle, sappiate che avete davvero fatto di tutto per meritarla.


  • Link copiato

Commenti

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi