WEC, vero paradiso degli ultimi romantici

Ecco perché il Mondiale Endurance può piacere e crescere sempre di più. Ma il BoP...

19.02.2024 10:51

Meno male che c’è il WEC, paradiso degli ultimi romantici. Bello sapere che esiste un mondiale in cui vige il principio della porta aperta, senza divieti, barriere e restrizioni per chi vuole debuttare con un prototipo fiammante. Lo testimoniano nove Costruttori in Hypercar. Anzi. Lo certifica Isotta Fraschini, restata quasi un annetto nell’anticamera mai poi fatta entrare tranquillamente, anche se con un BoP da scuolabus. Lo provano Lamborghini, Alpine e BMW, invocate, attese e alfine arrivate e benvenute, punto. Lo dimostrano perfino i privati, Porsche o Ferrari che siano, come ai bei tempi di Filipinetti e Picchio Rosso, anche se adesso Kubika-Shwartzman-Ye corrono per Af Corse, il che vuol dire per qualità e blasone pur sempre una mezza ufficialità, altroché.

Nel WEC la storia viene protetta

E che serenità prendere atto che non verrà mai introdotta la sprint race, alla 24 Ore di Le Mans. Che bello vedere che le fan zone esistono eppure molto spesso non sono discoteche, ma musei, come sulla pista della Sarthe, in cui si fa cultura racing e non musica tunz-tunz.

Che goduria prendere atto che le 24 Ore recenti - pure la Daytona dell’Imsa - si decidono all’ultimo giro, mentre nel 2023 i GP alla prima curva.

Che meraviglia avere a che fare con un campionato all’interno del quale la definizione di classicissima ha valenza encomiastica per la storia di una competizione, non rappresentando un fattore di rischio, sol perché a Strozzacapponi hanno trovato il petrolio, pagano e allora, che so, dentro la 7 Ore di Corciano e basta con la 6 Ore di Spa, tanto chissenefrega. No, no, macché.

Paradiso per romantici e sbocco per giovani piloti

Eh, su, il WEC non è il Vietnam. Ci sono delle regole. Nobili. Dei princìpi. Una storia e una mitologia rispettate. E con esse il pluralismo includente che comprende 19 Hypercar e 18 LmGt3, per un totale di 37 bolidi a gara, in 8 gare in calendario, con Imola di scena il 21 aprile.

E poi c’è la Ferrari. Una Ferrari che a tutti gli effetti è Ferrari però vanta qualcosa di originale, di identitario e di suo, rispetto a quell’altra che da poco ha comprato Hamilton, pur facendo un gran bel colpo con Hammer, sia chiaro. Perché quella di cui Antonello Coletta è capo si fa voler bene in quanto rossa che privilegia il collettivo, tutela il senso d’italianità, è bella intrisa di passione allo stato puro e resta capace di produrre una 499P tale da ottenere subito una pole e un podio al debutto nel mondiale e poi il trionfo a Le Mans all’esordio in una 24 Ore.

Vedete, non è mica il caso di prendersela con nessuno, di dir male di qualcuno per far fare bella figura ad altri. No, qui la faccenda si pone in modo diverso. Il fatto è che tutti gli appassionati di corse che ne hanno vista in vita loro una più di Bertoldo, in un WEC così sentono di star bene. Si figurano a casa loro, come un quota 104 al bar centrale davanti a un mazzo da tressette e un Biancosarti o come una mangusta incazzata davanti al cobra reale.

Perché il WEC è una Hong Kong di civiltà, DNA, discipline, filosofie e modi diversi di concepire le corse. Nessun altro campionato al mondo, neanche F.1 e IndyCar, vanta così tanti campioni di mastiere al via, platinum & gold pagati tutt’altro che poco. Occhio, che schierare ben 56 professionisti in Hypercar vuol dire rappresentare la principale fonte di sbocco per carriere di ragazzi che sennò, dopo la F.2, dovrebbero chiedere la cassa integrazione.

Il WEC sta salvando il motorsport

Quindi, oltre alla poesia e al carisma, dobbiamo anche avere rispetto, per un mondo come questo. Perché sta salvando letteralmente la baracca racing al ruolino del bravo professionista, il quale altrimenti sarebbe in via d’estinzione. E accanto a loro, ai talenti da corsa ben pagati per spremere superbolidi, in GT, ci sono, quasi come una specie protetta, gli AM, ultimi piloti del mondo a pagare per correre e pure con la trippa, mezza punta d’ernia e il cavallo basso. Non faccio nomi, ma tra i bronze, oh yes, qualcuno v’è e sempre sia lodato. Peccato solo che, ancora una volta, più di tutti sembra schierarne la Ferrari, con la deb iridata 296 GT3, mentre le concorrenti di gentlemen driver oversize ne stazzano pochini pochini, birichini biricò. Va be’, pazienza.

Poi c’è la Toyota, a oggi esclusivista plurititolata Hypercar, ma ricordata beffardamente in saecula saeculorum soprattutto per la Le Mans persa a favore della Ferrari By Coletta/Amato Ferrari. Ecco, per amor di trama, quanto sarebbe bello vederla sempre più competitiva e pure un poco più vulnerabile anche altrove, la Casa giapponese. Discorso inverso per la Peugeot, che nel frattempo s’è ritoccata e rifatta più d’una Kardashian, perdendo magari l’impronta stilistica avveniristica per, auspicabilmente, acquistare qualcosa in potenziale reale. Staremo a vedere.

Insomma, si corrono poche gare, lunghe come la messa cantata e strazzeppe di macchine. Il contrario algebrico della F.1. Con un difetto solo ma purtroppo, a oggi, bello grosso: Il BoP.

Il BoP il grande limite del WEC

Il Balance of Performance. Gradiente prestazionale utilizzato non per parificare e arrapare ma molto spesso, mica sempre, per favorire alcuni e poi sotto sotto per risarcire altri.

Ecco, un solo auspicio. Che le autorità non rovinino tutto gestendo il BoP come il casinò spregiudicato usa le roulette truccate. Perché Il Wec 2024 è il più bel giocattolo nella storia moderna dell’endurance e non merita d’essere sminuito, ma curato, lucidato, calibrato e reso sempre più ciò che è già: il sogno di piloti, Case e antiche e nuove generazioni di appassionati di Motorsport che finalmente vedono e vivono le gare di durata come un nettare alieno a tante orrende cose altrove in atto.

C’è solo da sperare che chi comanda non faccia harakiri utilizzando le scale di pesi e potenze come briscole da passare sottobanco. Evitato questo, quella che andrà a incominciare in Qatar, prologo compreso, parte come una delle più belle edizioni del mondiale endurance. E la Ferrari ha tutto per andare alla grande in un mondiale urbis et orbis, a patto di non essere sfiancata da Un BoP per furbi e orbi.

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