Red Bull quasi svela il suo segreto

Red Bull quasi svela il suo segreto© Getty Images

La chiave sta nel giro più veloce di Max a Sakhir...

04.03.2024 10:54

Potessi sbirciare una e una sola cosa in vita mia riguardante questa F.1 e saperla prima di chiunque, non avrei dubbi: al genio della lampada chiederei di farmi conoscere con assoluta certezza il reale divario che c’è tra la Red Bull e le rivali. Ma il distacco vero, mica quello finto, addomesticato, annacquato e farlocco dei tempi sul giro in qualifica e delle classifiche di fine gara che da metà 2022 a oggi ci propinano. E che ci rifileranno anche da domani, presumibilmente sino alla fine di questo ciclo tecnico, così dittatoriale e apparentemente inscalfibile. Perché partiamo da un dato, questo sì, assodato: mai come ora, nella storia della F.1, il leader sta bluffando e la regina si sta nascondendo. Da anni. Di indizi ce ne sono più di mille, ma di prova provata ne è emersa una schiacchiante, analizzando e leggendo tra le righe dei dati della gara di Sakhir. Nella quale Max Verstappen non soltanto ha vinto dopo essere partito dalla pole position ma ha anche percorso in testa tutti e 57 i giri previsti e ha ottenuto il punto addizionale del giro più veloce in corsa con uno stratosferico 1’32”608 (giro 39), tempo inferiore di quasi un secondo e mezzo rispetto a quello del secondo, Leclerc (1’34”090). Il che sta a significare due cosine semplici.

Se solo avesse voluto, Max, fermandosi al penultimo giro e montando le rosse nuove, avrebbe tirato giù minimo mezzo secondo in più se non peggio. E, ove non lo avesse fatto, scegliendo invece un passo gara molto più aderente e proporzionato al reale e concreto potenziale, dati alla mano, l’olandese più che mai volante sarebbe andato vicinssimo a doppiare tutti, Ferrari comprese. In altre parole, solo al 39esimo giro, a poco memeno di metà serbatoio, per motivi che ci sfuggono, ma verosimilmente perché il leader in pista si stava annoiando quanto noi davanti allo schermo, SuperMax è andato al reale potenziale suo e della RB20 e le lancette del cronometro hanno registrato tutto. Spiegando una realtà che a oggi solo Fernando Alonso ha detto manifestamente di aver capito: stanti così le cose, contro questi a oggi non c’è niente da fare. Ovvio, la faccenda va avanti da tre stagioni compresa questa e il perché non è difficile da indovinare.

Adrian Newey è avanti anni luce su tutti. Non solo ha trovato la via giusta, le soluzioni vincenti, come gli è quasi sempre capitato da tre decenni a questa parte, ma lo ha fatto di netto e in modo sostanzialmente non copiabile. Perché le sue RBR non stanno davanti come le Mercedes dell’era Mercedes di motore - nel turboibrido erano due anni avanti a tutti, dal 2014 in poi - né di aerodinamica palese, esterna e perciò comprensibile e copiabilissima, ma lo sono di fluidoninamica interna, nascosta e, proprio per questo, di fatto incopiabile. Attenzione, non si parla certo di soluzioni né estreme né ai limiti di regolamento, questo no, ma di aspetti di sintonia ultrafine, di microsoluzioni, chiamiamole così, tutte sottocutanee e interiori alla monoposto, quindi di fatto non assimilabili, né comprensibili, né clonabili a vista. Fateci caso: a differenza di altri dominatrici di epoche differenti, in casa Red Bull non ci sono particolari paranoie di segretezza e inviolabilità. Il loro box è tranquillo, tra i più sereni e aperti della F.1.

Il che non significa che sia un saloon dove entri e ti accomodi, be’, questo proprio no, anzi, ma voglio dire che di terrore d’esser guardati proprio non ne hanno, costoro. Né celano né ostentano, ecco. Sono tranquillissimi. Perché consci che i loro veri segreti non sono visibili. Appunto. In altre parole, guardare le Red Bull non serve a niente. Per capirle bisognerebbe sezionarle, aprirle, come in un’autopsia, avendo la lente d’ingrandimento e Adrian Newey, che, nel frattempo, spiega, millimetro per millimetro. Ma questo non può succedere, neanche nel migliore dei mondi possibili. Nel frattempo, da due anni a questa parte, ovvero da metà 2022 a oggi, le Red Bull spopolano, grazie anche a Max ma anche al di là di Max. Lo prova lo stesso Checo Perez, che nella sua più sofferta, travagliata, depressiva e massacrante stagione, ossia quella scorsa, è giunto secondo nel mondiale e l’avrebbe addiruttura vinto, il titolo, se Max fosse diventato improvvisamente trasparente.

Quindi, per chiudere l’argomento, il motivo per cui mediamente la Red Bull sta vivendo un ciclo vittorioso equivale anche al potenziale più nascosto e celato nella storia della F.1, per una ragione semplicissima. Perché meno i rivali sono consapevoli del reale divario - presumibilmente violentissimo e quasi tombale, come il secondo e mezzo improvvisamente emerso al 39° giro del GP del Bahrain -, e meno saranno motivati a lavorare, a scervellarsi e a ricercare, dove invece dovrebbero. A RBR conviene vincere e non stravincere. Per mille motivi. Compreso quello narrativo di non uccidere un mondiale da subito, certo. Fin qui è andata così. Quello che accadrà da domani in poi, nessun lo sa. Ma di sicuro, quel celeberrimo 39° giro di Sakhir, quando finalmente abbiamo guardato dentro il buco della chiave vedendo oltre al passato prossimo anche ciò che c’è nel presente e nel futuro di questa stagione, la sensazione provata resta raggelante. E la visione, agonisticamente, per chi ama e cerca un’annata combattuta, orrenda. Questi sono davanti due spanne.


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