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Giorgio Ferro
8 lug 2025
Tutta una questione di dettagli. Il weekend di Silverstone ci ha confermato – ancora una volta – che il successo nelle Corse è sempre una questione di dettagli. Che condizionano e decidono i risultati di pista. Anche stavolta ne abbiamo avute parecchie dimostrazioni, sia nelle qualifiche di sabato che nella movimentata gara di domenica.
Partiamo dalle qualifiche. Da quando è iniziato questo tormentato campionato, non era mai successo che le due Ferrari fossero così vicine alla pole position. Teoricamente – sommando cioè i migliori intertempi e ottenendo il tempo ideale sul giro – Lewis avrebbe potuto partire addirittura in prima fila e Charles subito dietro. Teoricamente. Perché poi un paio di dettagli – uno per pilota – hanno condizionato il risultato finale. Un sovrasterzo improvviso all’ultima curva del giro finale in Q3 ha fatto retrocedere le due Rosse in terza fila. Pur sempre vicine alla pole come mai finora, ma comunque più dietro di quanto avrebbero potuto classificarsi. Un dettaglio che è stato poi fondamentale per la gestione della gara successiva. Anche perché stavolta in poco più di due decimi c’erano ben sei vetture… altro dettaglio determinante. Una sola correzione di volante è stata sufficiente per passare dalla prima alla terza fila…
Dettagli come quello che ha coinvolto Verstappen, capace di azzardare un set-up “estremo” – poco carico aerodinamico a tutto vantaggio dell’efficienza in rettilineo – che gli è valso quel decimino che lo ha portato a partire davanti a tutti in gara. Scelta azzeccata perché il suo talento gli ha consentito di danzare con la sua Red Bull nelle curve veloci Maggotts-Becketts-Chapel anche
se con poca deportanza. Che poi sono il talento e le competenze a trasformare i dettagli in fattori positivi…
Ed infine, sempre sabato, c’è stato il “dettaglio” – questo invece decisamente negativo – di andare a sbattere all’ingresso della pit lane dopo esserci arrivato come una fucilata, che ha tolto a Bearman la gioia di esultare per l’ottima performance in Q3. Bearman che comunque è stato l’unico tra i rookies a terminare la gara. Dettaglio non trascurabile anche se comprensibile, visto che questi ragazzi non hanno mai la possibilità di allenarsi in pista. E correre senza fare errori nelle condizioni atmosferiche di domenica, su una pista come Silverstone, non era indubbiamente banale.
Tutta una questione di dettagli, dicevamo. Che si sono esplicitati in gran numero anche e soprattutto in gara, la cui griglia di partenza decisamente intrigante è stata movimentata ancor di più dalla variabilità del meteo. Dettagli come quello mal gestito dal muretto Mercedes che ha dato un’ulteriore mazzata alla scelta strategicamente sbagliata di passare subito alle slick, montandole addirittura a mescola dura al povero Antonelli e obbligandolo così a scodare pericolosamente in fondo al gruppo, dietro alla musica.
E poi Oscar Piastri che “ha provocato” gli stewards rallentando di colpo nell’ultimo giro prima del rientro della Safety Car, perdendo così una vittoria pressoché sicura che lo avrebbe proiettato nella Classifica Mondiale a +22 punti sul suo compagno di squadra, invece degli attuali +8. Una frenata per 14 punti…
E ancora il dettaglio di vedere per la prima volta sul podio Nico Hulkenberg dopo una gara lineare sulla sua Sauber, superando senza il minimo errore tutte le variazioni di grip e le insidie che la gara gli ha messo di fronte. Perché i dettagli possono condizionare il passaggio da euforia a delusione. Da essere festeggiato come un eroe ad essere battezzato come l’ultimo degli incapaci. Da vittoria a sconfitta. Come sempre in questo nostro mestiere.
E poi ci sono i dettagli che hanno coinvolto la Ferrari. Abbiamo già detto di come i due piloti abbiano raccolto in qualifica meno di quanto potenzialmente atteso. Per colpa di un dettaglio. Peraltro, le Ferrari non erano mai andate così bene al sabato. Perché è successo? Perché le curve medio-veloci di Silverstone hanno esaltato il contributo che il nuovo fondo aerodinamico – meno sensibile alle altezze da terra – ha portato alla guidabilità della SF25. Qualcosa di buono si era intravisto già al Red Bull Ring, ma non certo in questa entità. Fortunatamente, sul circuito inglese Hamilton e Leclerc hanno potuto gestire una vettura un po’ più comprensibile e sincera del solito. Meno correzioni sul volante e, di conseguenza, meno decimi persi curva dopo curva. Un’evoluzione aerodinamica che i tecnici di Maranello hanno portato in gara circa 120 giorni dopo che i test di fine febbraio in Bahrain avevano chiaramente mostrato che la configurazione aerodinamica della SF25 aveva una finestra di utilizzo minima e conseguentemente ingestibile. Come mai ci hanno messo così tanto a portare in pista questo sviluppo? Testarda presunzione di essere comunque sulla strada giusta… Scarsa considerazione della gravità del problema… chissà? Rimane comunque un dettaglio sufficientemente inquietante in una stagione che, onestamente, non avrebbe consentito di insidiare la supremazia delle McLaren, ma perlomeno avrebbe potuto migliorare la competitività delle Ferrari, limitando la depressione dei propri tifosi.
Va comunque detto che il salto di qualità delle Rosse lo abbiamo visto solo su pista asciutta. Perché poi su bagnato è stata tutta un’altra storia. Lasciamo perdere Leclerc che ha deciso, dopo solo mezzo giro di formazione, di montare le gomme slick invece delle intermedie – imitato peraltro da un bel gruppetto di piloti – per poi rendersi conto quasi subito di dover remare come in barca nelle retrovie. Ceste di secondi persi comunque fino alla fine della gara – ovvero anche con altri pneumatici – che in prima battuta mostrano una certa confusione mentale del monegasco ma di cui va comunque indagato il motivo oggettivo – se c’è – visto che il suo compagno di squadra ha fatto una gara comunque più che decente. Decente anche se non brillante, perché il set-up delle Rosse sul bagnato non è stato certamente ben bilanciato come al sabato.
Insomma, è sempre tutta una questione di dettagli. Che condizionano e decidono l’andamento ed i risultati di pista. Che poi, comunque, davanti a tutti c’è sempre la McLaren che di dettagli ne tiene sotto controllo ben più degli altri, trasformandoli tutti o quasi in fattori positivi. Come quelli bravi.
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