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L'editoriale del direttore: Ibrido caldo e scossa elettrica

Martedì 17 aprile esce in edicola il nuovo numero di Autosprint. Dove si parla della grande vittoria di Ricciardo in Cina. Ma anche del rumoroso silenzio che ha elettrizzato Roma

L'editoriale del direttore: Ibrido caldo e scossa elettrica

Andrea CordovaniAndrea Cordovani

16 apr 2018 (Aggiornato alle 14:24)

Dall’inizio della Formula Hybrid non era mai successo che la Mercedes perdesse tre Gp di fila. Dal 2014 ad oggi la Regina non era mai inciampata così tanto. Il messaggio che arriva dalla Cina va oltre a tutto quello che di pazzesco è successo a Shanghai.

La Stella d’Argento, che doveva proseguire nella sua straordinaria collezione di trofei, sta vivendo il peggior avvio di stagione da quando ha iniziato a mettere i suoi artigli in F.1. È soprattutto questo che balza immediato agli occhi dopo il terzo round del Mondiale, con Hamilton ancora una volta dietro a Bottas, con Vettel che le ha buscate di santa ragione ancora leader di un campionato che finalmente ci ha proposto la faccia sorridente di Ricciardo e quella cattiva di Verstappen giustiziere delle botte (nel senso che in Bahrain se l’è presa con Lewis e in Cina con Seb).

Così il duo di una Red Bull da paura (proprio nella piena accezione del termine) ha messo lo scompiglio e fatto saltare molti piani. E ora allarga la sua minaccia lungo una stagione che sembra davvero diversi con l’effetto sorpresa.

Sorprendente è stato anche la scossa elettrica di Roma. È un silenzio che fa davvero rumore quello dell’E-Prix d’Italia. Più di trentacinquemila spettatori, un abbraccio enorme alla Formula E che ha finalmente imbrattato l’asfalto del circuito dell’Eur, regalando una fantastica cartolina di Roma. E guadagnandosi una lunga rinconferma nella serie. Uno spettacolo a tutto tondo in una città che non ha eguali. La capitale è tornata a vedere e godere lo show di una grande corsa.

Ha vinto Roma che ha brillantemente superato l’ostacolo di una prima volta davvero attesa. L’unica cosa da evitare è andare alla ricerca di paragoni. Impossibile. E sbagliato. Non si può fare il confronto tra F.1 e F.E per il semplice motivo che non esiste. I due mondi convivono a se stanti e soprattutto dimostrano di avere un pubblico e un seguito diverso. Quello della F.E è nuovo. Giovane. Per niente disturbato dal fatto di non sentire rumore, ma affascinato da aspetti diversi, come lo stridore delle gomme sull’asfalto, una guida molto più complicata e di sicuro non facilitata dalla mancanza di rumore, la possibilità di stare in mezzo allo show fatto da piloti che nella stragrande maggioranza non sono certo un gruppo di sfigati come in molti di divertono a dipingerli. Se questi sibilanti oggetti per nulla smarriti hanno richiamato trentacinquemila spettatori è abbastanza ovvio che oltre all’inevitabile effetto novità c’è anche qualcosa di più.

E quel qualcosa in più è rappresentato dall’accessibilità di questa specialità guardata ancora con troppo sospetto e una dose massiccia di pregiudizi. Quello che sta succedendo con la Formula E è un qualcosa che giocoforza va raccontato ma non per spiegare che questo è il migliore dei mondi delle quattro ruote, anche perché non rispecchia il pensiero di chi scrive, ma per sottolineare l’esistenza di un qualcosa che sta crescendo sempre di più e che sarebbe da ottusi non prendere in considerazione. E poi c’è l’aspetto circuito. La scelta di entrare nel cuore delle grandi capitali è il vero snodo della vicenda. Anche perché su una pista vera non si otterrebbe lo stesso effetto e anche le prestazioni avrebbero un senso diverso. Diverso come lo spettacolo che offrono le monoposto di Formula E, a patto che però non si facciano paragoni.

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