Vi proponiamo a seguire un’anticipazione dell’intervista a Gene Haas pubblicata su Autosprint n. 40 in edicola in questi giorni. Haas, industriale nel campo delle macchine utensili, entrerà in F1 nel 2016 con un proprio team e ha già messo sotto contratto Grosjean. Negli Stati Uniti possiede già una squadra che corre nella Nascar con diversi campioni, fra cui Danica Patrick e Tony Stewart. In questa intervista Haas traccia un interessante confronto fra le due categorie top dell’automobilismo mondiale di qua e di là dall’oceano. Di certo lui è il personaggio più autorevole per descrivere pregi, difetti e differenze dei due mondi.
Sull’Impero di Gene Haas non tramonta mai il sole. Dal 2016 il manager americano raddoppierà. Oltre all’impegno con 4 Chevrolet nella Sprint Cup Nascar, sarà al via anche del campionato del Mondo di F.1 con la sua nuova squadra. Con una vettura progettata grazie alla collaborazione tecnica di Ferrari e Dallara. Idea nata da Gunther Steiner, ingegnere altoatesino che farà così il suo ritorno in F.1 dopo l’esperienza Jaguar e dopo aver diretto il team Red Bull in Nascar e la squadra ufficiale Ford nei rally. Pilota di punta dell’undicesimo team di F.1 sarà Romain Grosjean, affiancato da Esteban Gutierrez (non ancora annunciato).
Con Gene Haas ritornano in F.1 gli americani. L’ultima volta era successo con il team Force di Carl Haas (nessuna parentela tra i due) nel 1986. Dietro al programma F.1 di Gene Haas ci sono finalità precise. Creare una piattaforma internazionale per promuovere il marchio Cnc - industria di sua proprietà - che realizza macchinari per la produzione a controllo numerico, dei quali anche la Ferrari s’è dotata nella nuova fabbrica di Maranello.
Poi c’è l’ambizione di dar vita ad un team di F.1 competitivo, riuscendo a spendere sensibilmente meno degli altri attraverso una struttura più piccola e limitando al minimo l’attività costruttiva. Grazie alla collaborazione diretta con la Ferrari, che di fatto realizzerà la vettura. Cosa possibile dopo la modifica dei regolamenti in materia di proprietà intellettuale. Compromesso inevitabile per non arrivare alle “customer car”.
Di certo la sfida che si prospetta a Gene Haas è imponente. Dalla 500 Miglia di Daytona al Gp di Monaco. Diviso tra due calendari agonistici che in totale dovrebbero sommare qualcosa come 55 gare. Vale a dire una corsa a settimana. Ma come si sta preparando Haas a questo carosello infernale? Quali sono le differenze più rilevanti tra gestire un team Nascar e uno di F.1? Ce lo spiega lui stesso attraverso una dettagliata analisi.
- Quali sono i numeri dell’ impegno nella Nascar?
«Abbiamo 4 Chevrolet che corrono nella Sprint Cup con Tony Stewart, Danica Patrick, Kurt Busch e Kevin Harvick. Il budget complessivo per queste quattro vetture è di circa 108 milioni di dollari. In tutto sono coinvolte 260 persone. Negli ultimi anni le spese sono aumentate moltissimo, sono pochi i team che riescono realmente a guadagnare. Ma in passato abbiamo avuto alcuni anni abbastanza buoni sotto il profilo economico. Un team si finanzia in tre modi: con il montepremi pagato dalla Nascar, che oscilla tra 4 e 10 milioni di dollari a vettura, secondo i risultati ottenuti. Poi ci sono gli sponsor, la cui cifra varia molto dalle dimensioni delle società coinvolte. Diciamo che la media di una sponsorizzazione per tutta la stagione oscilla tra i 10 e i 20 milioni di dollari. Infine ci sono il merchandising e gli sponsor associati, che forniscono denaro o servizi. Adesso la stagione è diventata così lunga, le vetture così complesse e costose, che pur trattandosi di cifre importanti vanno tutte nel budget necessario per fare correre un pilota al top».
- Esistono forme di sinergia tra le squadre dei vari piloti?
«Come ogni business nelle corse, più vetture hai, riesci ad ammortizzare i costi, più la tua struttura diventa efficiente. Può capitare che gli ingegneri e gli strateghi lavorino insieme, che si scambino le informazioni. Ma in pista, ciascuna squadra dei miei piloti Nascar corre sostanzialmente contro tutti».
- Per la F.1 invece che struttura ha previsto?
«Per certi versi, i numeri sono abbastanza simili all’impegno Nascar, anche se qui parliamo di soltanto due vetture. A pieno regime, saremo circa 200 persone, quasi la metà di squadre come Williams o Force India. La nostra attività di costruzione della vettura sarà molto limitata. Almeno rispetto a quella degli altri team. Per questo motivo riusciremo a mantenere un organigramma sensibilmente ridotto. In Inghilterra, nella sede di Banbury (la ex-fabbrica Marussia) ci sarà la maggior parte del nostro personale e tutta la logistica. L’attività giornaliera del team si svolgerà lì. Poi avremo un piccolo gruppo di tecnici nella nostra sede a Kannapolis, nel North Carolina, e un altro gruppo di tecnici in Italia che seguirà il progetto e l’assemblaggio delle vetture. Per il primo anno abbiamo previsto un budget di 100-110 milioni di dollari. Se guardiamo i numeri complessivi, l’impegno in F.1 con due monoposto è simile a quello Nascar con 4 vetture. In F.1 è preponderante la spesa per i trasporti. Ma se ci limitiamo alle sole spese inerenti la macchina, la Nascar costa circa 20 milioni di dollari a vettura, la F.1 circa 35 milioni di dollari a vettura».
- Ci saranno persone del programma Nascar coinvolte anche in F.1?
«Alcuni tecnici coinvolti prima nella Nascar ora si occupano di F.1 ma l’idea è mantenere separati i due programmi. Anche in termini di risorse umane. Considerando che in F.1 la ricerca aerodinamica è più esasperata, dal momento che dovremo spendere tempo e soldi negli sviluppi prima al Cfd e poi in galleria del vento, ci auguriamo che le cose imparate possano servirci anche per la Nascar».
(continua)...
Cesare Maria Mannucci
L’intervista completa su Autosprint n.40 in edicola da martedi 6 ottobre.