Una vittoria pesantissima in chiave iridata da parte di Lewis Hamilton, tenace dopo le due penalità e letteralmente imprendibile grazie ad una guida sopraffina e ad una Mercedes tornata prima della classe; Verstappen limita i danni, la Ferrari dà una spallata alla McLaren in chiave Costruttori
Se un maestro di eleganza come Toto Wolff perde la trebisonda ed inizia ad inveire contro la telecamera sull'onda dell'euforia di un sorpasso, vuole dire che anche per loro è stata dura per davvero. Toto il pacato, Toto l'austriaco ma con l'aplomb inglese, stavolta è diventato il primo dei tifosi non in grado di trattenersi in seguito ad una manovra che conta e può contare tantissimo sull'esito del mondiale. Dito indice e faccia arrabbiata ad indirizzo della telecamera, a togliersi di dosso l'ansia di un fine settimana passato in apnea. A ridargli ossigeno ci ha pensato un Lewis Hamilton in formato mondiale, capace di infilare due rimonte da urlo in due giorni. Rimonte sulle quali c'è poco da discutere per come sono arrivate, perché gli ingredienti erano semplici: piede e macchina. Il primo a soccorrere la seconda e viceversa, per un GP del Brasile che in Mercedes godono ad indicare come uno dei più belli nella cavalcata cominciata nel 2014. Una cavalcata che, a quanto pare, non vuole saperne di interrompersi: c'è un regno da allungare, una corona da difendere. Se le prestazioni sono queste, c'è anche un buon motivo per credere che ci riusciranno. Alla faccia di chi diceva troppo in fretta, e troppo spesso, che la Red Bull di quest'anno era chiaramente superiore alla Mercedes. In realtà, sfogliando le pagine di questo mondiale, viene fuori una situazione piuttosto evidente: ci sono state gare in cui la RB16B, con il solo Verstappen alla guida, è stata imprendibile (le due in Austria, Olanda, Messico), altre in cui le prestazioni sono state abbastanza equilibrate (per nostra fortuna, nella maggior parte dei casi), ed altre in cui invece a dettar legge è stata la W12 (Portimao, Barcellona, Istanbul). Interlagos ha fatto parte di quest'ultima schiera: poche altre volte la Mercedes, in questo campionato, ha dato prova di volare così. Tanto da far scattare le solite, arcinote illazioni tra Red Bull e Mercedes, con la seconda che stavolta con le parole di Toto Wolff, in forma smagliante in Brasile, ha ammesso candidamente di reputare alcune vetture in griglia “irregolari”. Una risposta diretta a chi diceva, come Christian Horner, di trovare alquanto strano che Hamilton il sabato e la domenica avesse delle prestazioni in rettilineo a dir poco spaventose.
Originalissimo Fernando Alonso: “E' come se la Mercedes tirasse in un canestro più grande, si ritrovano sempre con un vantaggio notevole. Se i punti l'altro li deve fare in un canestro più grande e tu in uno più piccolo, è ovvio che poi perdi sempre”. In realtà, nel GP di domenica Hamilton non è mai stato in vetta alla speed trap: è tra i primi, ma non tra i primissimi. Lo si spiega con il fatto che tra scie, Drs e gestione dell'ibrido i valori in gara possono risultare alterati, fornendo una classifica non del tutto veritiera da questo punto di vista; e poi, la vera differenza sul fronte motoristico era il guadagno costante che Mercedes riusciva ad avere rispetto alla Red Bull per tutta la durata dei tratti veloci, con un rilascio di potenza costantemente superiore. Tutto ciò trovava conforto in una W12 aerodinamicamente molto carica che in Brasile ha fatto la differenza non solo sul versante motoristico, ma anche in trazione ed in frenata: visto come Hamilton poteva permettersi di preparare bene l'uscita dalla S Senna per attaccare alla Reta Oposta? Con quelle prestazioni sul dritto, la Mercedes ha potuto permettersi di scendere in pista con una vettura ad alto carico, che pur lasciando alla Red Bull la supremazia nel settore centrale, quello più guidato, poi si è presa con interessi tutto il resto; stavolta nemmeno le temperature (in progressivo aumento tra venerdì e domenica) hanno rallentato la rincorsa delle Frecce Nere. Al venerdì, con 15° C nell'aria e 24 sulla pista, si poteva pensare a condizioni perfette per le W12 nella sessione di qualifica; ma la supremazia è rimasta anche nella Sprint Qualifying del sabato (sessione cominciata con 17° C nell'aria e 36 sulla pista) e soprattutto nella gara di domenica (23° C la temperatura dell'aria al momento del via e 54 quella del tracciato, progressivamente scesa di una decina di gradi fino alla bandiera a scacchi). Segno, dunque, che la W12 ad Interlagos era semplicemente dominante, ed in aggiunta a ciò, l'indubbio vantaggio di Hamilton di disporre di un motore termico fresco: un jolly giocato alla perfezione.
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