Le vittorie Red Bull, la mancanza di una vera avversaria, la prima di Vasseur oltre che i destini di McLaren e Mercedes, per tacere della guerra fredda tra Liberty Media e Federazione: ecco cosa ci ha raccontato il 2023
Questa F1 può piacere o non piacere, soprattutto a seconda del pilota (o della squadra) che si tifa. Ciò che è certo è che questa è una F1 che trova sempre il modo di far discutere, mettendo in dubbio il famoso detto “Bene o male, l'importante è che se ne parli”. Il 2023 non ha fatto eccezione, tra gli estremismi di Liberty Media, gare sprint sì o no e soprattutto un Regolamento Sportivo che in certe occasioni ha dimostrato di avere qualche lacuna.
Con Liberty Media la F1 è cambiata e questo è fattuale. In meglio o in peggio, anche qui, è questione di gusti. I numeri a livello di intrattenimento non mentono, sono numeri in espansione. Poi però si dovrebbe anche guardare la “qualità” di certi numeri: quanti, tra quelli che guardano, sono effettivamente d'accordo con ciò che stanno vedendo? E' il caso dei weekend sprint, continuamente sbandierati come un grande successo da Liberty Media, eppure molto spesso discussi dai tifosi. Nel 2023 è andato in scena il terzo tentativo di “promozione” delle gare sprint, che dopo l'introduzione del 2021 sono mutate nel punteggio (aumentato a partire dal 2022) e infine nella programmazione, con qualifica dedicata al sabato e ordine d'arrivo svincolato dalla griglia di partenza del GP. Un passo avanti per “slegare” i due eventi, anche se le criticità sono rimaste: con il parco chiuso, o le condizioni mutano in maniera decisa (una gara con la pioggia e una con il sole, per dire) oppure il rischio è quello di assistere a doppia qualifica e doppia gara in fotocopia. Su questo lavoreranno Domenicali e compagnia, che nel 2024 riproporranno sei gare sprint con un format ancora da decidere. Intanto, bocciata la qualifica con formato sperimentale “ATA”, quella che prevedeva gomme dure in Q1, medie in Q2 e morbide in Q3: evidentemente la qualifica è una sessione che funziona di suo, senza bisogno di artifici. E tutto ciò tenendo da parte la questione, che tiene sempre banco, di un calendario infinito. L'anno prossimo avremo addirittura 24 gare, con inizio a fine febbrario e conclusione a dicembre: troppo anche per i diretti interessati, intesi come piloti e squadre.
A livello regolamentare invece, da un punto di vista sportivo, il tema del parco chiuso (vero fattore limitante pure nelle gare bagnate) si è accompagnato ad altre situazioni che hanno fatto discutere. Una su tutte, l'episodio di Las Vegas con Carlos Sainz, costretto a scontare una penalità per colpe non sue: non si discute la sanzione, sacrosanta se si legge il Regolamento Sportivo (dura lex, sed lex), quanto lo spirito di una regola che non tiene conto di circostanze atipiche come quella del tombino. Un po' di pasticci la Federazione li ha dovuti affrontare anche nella situazione delle uscite dalla pit-lane: da Singapore in poi si è andati avanti a complicarsi la vita con appunti e puntualizzazioni che hanno creato ancora più confusione, dando discontinuità tra un evento e l'altro, l'esatto opposto di quando si ricerca la chiarezza delle norme.
Liberty Media e Federazione insomma hanno il loro bel da fare per migliorare entrambe nel loro campo, ma a loro volta quest'anno sono sembrate ai ferri corti come non accadeva da un po'. La F1 moderna è figlia del vecchio duopolio tra Max Mosley, a capo della Federazione, e Bernie Ecclestone, che si occupava di tutto il Circus a livello contrattuale e di intrattenimento. Tra Max e Bernie, amici di lunga data, c'erano le larghe intese; tra Liberty e FIA oggi, invece, sembra esserci un clima di reciproca insofferenza che è venuta fuori anche con le questioni relative a Toto e Suzie Wolff, con i team che si sono schierati compatti prendendo le distanze dalla stessa Federazione. Nel corso dell'anno ci sono state dichiarazioni forti da una parte e dall'altra, che hanno rivelato un clima di apparente guerra fredda, come se le due entità ormai avessero poco in comune, in antitesi rispetto a come funzionavano le cose un tempo. Mohammed Ben Sulayem da un lato, Stefano Domenicali dall'altra: nel momento in cui c'è molto da fare per i rispettivi uffici, sarebbe imprudente mettersi a fare la guerra tra loro. Qui servono le collaborazioni, non i conflitti.
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