GP Arabia Saudita: i 5 temi del fine settimana

GP Arabia Saudita: i 5 temi del fine settimana© Getty Images

Mentre attorno a lui regna il caos, Verstappen si isola e vince su una delle poche piste sulle quali non si era imposto nel 2023, mentre la Ferrari trova la certezza definitiva del passo avanti compiuto con la SF-24, sebbene per vincere non basti ancora

11.03.2024 ( Aggiornata il 11.03.2024 09:48 )

Ferrari, tutti promossi

L’incubo di Jeddah non c’è più. Sulla pista che nel 2023 aveva spietatamente rivelato i punti deboli della SF-23, la SF-24 ha certificato di essere tutt’altra cosa rispetto al progetto che un anno fa, di questi tempi, faceva pienamente rendere conto a Frédéric Vasseur che razza di compito avesse davanti. Dopo un anno, si può dire che il lavoro abbia pagato: per cui tutti promossi, per ora.

Promosso Vasseur, che in un anno è riuscito a sradicare da Maranello quella strana mentalità per cui si continuava, nonostante le evidenze delle ultime stagioni, a puntare più sulla qualifica che sulla gara. Promossi i tecnici che lo hanno seguito, partorendo una vettura ancora non in grado di vincere, ma certamente migliorata e soprattutto senza più punti oscuri; promosso Charles Leclerc, che ha massimizzato il risultato pur nell’amarezza di comprendere, dopo pochi giri, che la Red Bull sarebbe stata ancora troppo superiore; promosso ovviamente Oliver Bearman, premiato da un debutto difficile e precoce con 6 punti dopo due giorni da incorniciare, e promosso pure Carlos Sainz, tenace abbastanza da girare nelle libere pur con i dolori di un’appendicite e poi uomo squadra abbastanza da tornare nel paddock per la gara per salutare tutti quanti.

Poi, essere promossi non significa necessariamente farlo a pieni voti. Perché i pieni voti di solito si danno a chi vince, e la Ferrari vincente ancora non è. Eppure, bisogna guardare in faccia la realtà: e la realtà dice che, rispetto ad un anno fa, fare ancora di più sarebbe stato praticamente impossibile. Lo abbiamo già detto: solo chi si era illuso avrebbe potuto pretendere un risultato migliore su una pista come quella di Jeddah. La SF-24 non è perfetta, ci mancherebbe, ma è innegabilmente un passo in avanti rispetto al progetto del 2023. Lo si era intuito in Bahrain, lo si può rimarcare con forza dopo la tappa in Arabia Saudita.

Sakhir e Jeddah hanno poco in comune: la prima è una pista tutta accelerazioni e frenate con un asfalto molto abrasivo, la seconda è una ricca e lunga sequenza di curve veloci su un asfalto tra i meno abrasivi in calendario. Cambiano le caratteristiche e di conseguenza le richieste alle vetture: essere stata seconda forza su entrambe queste due piste, che a modo loro l’anno scorso misero a nudo le criticità della SF-23 (degrado e anteriore debole), è una prova di un lavoro indubbiamente positivo. Tra la tappa nel Golfo Persico e quella sul Mar Rosso, la SF-24 si porta a casa certezze rassicuranti: non consuma più le gomme in modo anomalo, non ha più un avantreno debolissimo, ha esteso abbastanza la sua “coperta” che le ha permesso di essere seconda forza su due piste molto diverse, cosa affatto scontata dopo un campionato 2023 in cui la prima alternativa alla Red Bull cambiava colore e nome a seconda del tipo di tracciato.

Prima che dai distacchi, partiamo dal comportamento della monoposto. La SF-23 un anno fa faceva una fatica bestiale nelle curve veloci saudite, mentre quest’anno la SF-24 ha saputo difendersi egregiamente, toccando picchi di percorrenza a volte pure superiori (di pochissimo) alla Red Bull. Le velocità di punta sul dritto e le percorrenze in curva rivelano una buona efficienza aerodinamica complessiva, non al livello della RB20 ma la migliore dopo la creatura di Milton Keynes: le tre motorizzate Mercedes (McLaren, Aston Martin e Mercedes stessa), per dire, non possono affermare lo stesso. Andando più nel dettaglio, la SF-24 è stata la vettura che è scesa meno con i livelli di carico rispetto al Bahrain: dopo le libere ha scartato la beam-wing a doppio profilo in favore di quella a singolo profilo (un po’ di carico verticale in meno in cambio di un pizzico di velocità di punta in più), ma è rimasta con l’ala posteriore da medio carico usata in Bahrain. Questo perché forse la specifica con meno carico garantiva troppo carico in meno oppure non la stessa efficienza, anche se si è fatto spazio un altro dubbio: non è che la SF-24 sia “troppo” forte all’anteriore? Spieghiamo: l’anno scorso l’anteriore della SF-23 era talmente debole che su alcune piste (Zandvoort l’esempio più lampante) la Rossa non poteva caricare di più al posteriore (anche se il livello di carico restava inadeguato) perché gli scompensi tra avantreno e retrotreno sarebbero stati eccessivi, aumentando il già cronico sottosterzo. Quest’anno, forse, la musica è un po’ diversa: c’è talmente tanto carico davanti che non si può scaricare troppo il posteriore, pena soffrire di eccessivo sovrasterzo?

Charles, infatti, ha sofferto un po’ di instabilità al posteriore quando non riusciva a trovare il picco di aderenza delle gomma, ma per il momento è solo una congettura e niente più: per una chiarezza maggiore occorrerà osservare la Ferrari nelle prossime gare. Tuttavia, avere una macchina molto “puntata” sarebbe stato anche un modo di gestire l’usura: dato che a Jeddah si consumano di più le gomme anteriori piuttosto che quelle posteriori, la Ferrari potrebbe essere partita con un filo di carico in più all’anteriore (dunque con un accenno di sovrasterzo) convinta che con il passare dei giri la vettura, avendo meno “presa” davanti, avrebbe trovato un suo bilanciamento. Questo spiegherebbe anche perché, nel finale, Leclerc sia andato così bene e soprattutto meglio rispetto ad inizio stint. Oltre ad essere conservativo ad inizio gara, potrebbe esserci stata anche questa ragione tecnica a spiegare le buone prestazioni della Rossa a fine GP.

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E qui entriamo nelle prestazioni e non nel comportamento generale della vettura, promosso pure dalla relativa facilità con cui Bearman si è adattato. Per quanto riguarda le prestazioni, sgombriamo subito il campo dagli equivoci: il giro veloce è arrivato anche grazie ad un Leclerc capace di prendere scia e Drs di Ricciardo, un vantaggio indubbio su una pista del genere. Detto questo, una Ferrari capace di aggredire il giro veloce all’ultimo passaggio della gara è comunque un buon indizio, pur nella consapevolezza, come detto, che Charles ha avuto un aiuto inattesa e del tutto accidentale dalla presenza di Ricciardo poco davanti a lui.

Le prestazioni che più interessavano il Cavallino Rampante erano quelle sul passo gara e da questo punto di vista rispetto al 2023 è un altro mondo. In una corsa che come abbiamo già detto ha ricalcato l’edizione 2023 (un lungo stint con la hard nel finale), un anno fa Sainz (il meglio piazzato dei ferraristi) rimediava circa 1”5 di distacco al giro in gara, mentre quest’anno i circa 18” che hanno separato Leclerc da Verstappen negli ultimi 41 giri di gara (ovvero quelli dopo la safety car) parlano di un distacco sul giro prossimo a 0”45. È un distacco medio sul giro che resta più o meno invariato anche dalla tornata 27 in poi, ovvero quando Leclerc si libera del traffico di Norris (in precedenza aveva avuto pure quello di Hamilton) e gira, proprio come le Red Bull, a pista libera. Poi è sempre difficile calcolare il centesimo, anche perché nell’ultima decina di giri le RB20 hanno più margine per gestire, sebbene nel finale il livello di carico dato dall’ala posteriore più carica della Ferrari ha indubbiamente aiutato per dare più temperatura alle gomme dure in uno stint così lungo.

In ultima analisi, la Ferrari in gara su una pista come Jeddah ha ridotto di due terzi il distacco che lamentava un anno fa, un lavoro eccelso in una F1 in cui la differenza la fa il dettaglio e nella quale fare passi avanti così grandi è sempre molto difficile. E’ un aspetto sottolineato molto da Vasseur, che tra le note positive ha messo un distacco ridotto in gara e la capacità della Rossa di confermarsi seconda forza su due piste molto diverse. Promossi tutti, insomma: a patto che questo sia un punto di partenza e non di arrivo.

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