Il terzo telaio Williams manco esiste per niente!

Il terzo telaio Williams manco esiste per niente!

La defezione di Sargeant dal Gp d’Australia nasconde una triste verità per il team britannico

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01.04.2024 09:52

Ma secondo voi è così normale che la Williams dopo tre Gran Premi disputati non abbia ancora prodotto un terzo telaio, in funzione di riserva? Come noto il cosiddetto muletto non esiste più da un pezzo, ma, in caso di danneggiamento rilevante di una scocca, una squadra regolarmente iscritta al mondiale può e deve passare senz’altro alla sostituzione della stessa vestendone un’altra, fatta venire appositamente. Appunto uno spare chassis. Ossia un telaio di riserva.

In Australia, però, dopo l’incidente nelle libere di Albon ciò non è stato materialmente possibile, semplicemente perché il terzo telaio Williams per ora manco esiste. E fino a dopo il Gran Premio della Cina, di fatto neanche esisterà. Poi forse sì. Loro dicono di sicuro, ma hai visto mai.

Williams si è concentrata sulle prestazioni, ma...

Tutto questo per un motivo di fondo piuttosto malinconico.

Durante l’inverno la Williams, notoriamente da un pezzo squadra non più ricca e gloriosa e tale solo nel passato, si è concentrata su altri aspetti per rendere la macchina il più competitiva possibile, convogliando altrove i capitali necessari per iniziare il mondiale alla meno peggio. Evitando quindi di realizzare i canonici tre telai. Due da portare in giro per il mondo e il terzo quale esemplare pronto alle sostituzioni d’emergenza.

Cioè, riassumiamo. In altre parole, ciò che resta della quarta Casa in ordine decrescente più decorata quanto a mondiali F.1 vinti - sette, contro i nove della Mercedes, i 12 McLaren e i 15 Ferrari - non ha avuto abbastanza capitali per partire con un telaio di riserva.

Come se uno di noi non mettesse la gomma di scorta nel bagagliaio, preferendo vendersela per guadagnare i soldi utili a comperarsi una dignitosa giacca. Poi si vedrà.

Le contraddizioni della F.1

Dio, che tristezza. Ma il problema non è tanto estetico-morale o scaturito solo dell’empatia compassionevole di chi viene a sapere ’ste cose. No, la questione, piuttosto, appare strutturale, politica e giuridico-legale.

Strutturale, perché non è possibile che la F.1 spenda follie ai simulatori quasi spaziali e per le hospitality che costano quanto Notre Dame per sorgere in un paddock sempre più triste, asettico e a misura di riccastro, e poi una delle squadre più iconiche, almeno nel nome, non ha neanche i dollari per uno scheletro di macchinina sostitutiva in più.

E la cosa non è paventata ma reale e questo è gravissimo. Anche perché a restare fuori, tra l’altro, non è stato Albon che ha avuto l’incidente, bensì, beffa delle beffe, Logan Sargeant, ovvero il meno veloce tra i venti piloti della F.1, ma in questo caso il più innocente e scevro da errori.

Il problema, come dicevo, è anche politico.

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F.1 tra gli scandali e il no ad Andretti

Pochi mesi fa lorsignori padroni della F.1 hanno escluso Andretti dall’entrata nel Circus perché secondo loro Michael non avrebbe mica i requisiti per ben tutelare l’immagine della F.1 nel mondo. Be’, a costoro vorrei tanto chiedere cosa stanno facendo di particolarmente inorgogliente per l’immagine della F.1 nel mondo squadre come la Red Bull, che in media da inizio stagione vede scoppiare uno scandalo interno ogni tre giorni, e la Williams che va in guerra con due cacciatori e mezzo fucile senza cartucce. Ma stiamo scherzando o cosa?

E perché scattano multe, reprimende e penalty a ogni pipì di microbo in pista o fuori, e di fronte a un sesquipedale strafalcione del genere tutti zitti e muti, a guardare dall’altra parte? Infine, si tratta di un fatto gravissimo e suscettibile di avere possibili conseguenze e vulnerabilità anche dal punto di vista legale.

Sul versante giuridico, infatti, il fondante e portante Patto della Concordia, che regge tutta la baracca della F.1 dal punto di vista economico e organizzativo, recita chiaro che promoter, Federazione e squadre si impegnano con gli organizzatori e le Tv a garantire costantemente un numero minimo di venti macchine al via.

Questo significa che se un bel giorno un organizzatore puntiglioso fa causa e rivuole l’oceano di soldi spesi per la fee, in quanto la famigerata terza scocca Williams non era mai stata costruita, quindi in caso di rottura - evento prevedibile e probabile - non c’era la possibilità della sostituzione e le macchine non potevano che essere diciannove al via, poi legalmente dovrebbero essere cavoli non amari, ma amarissimi e davvero antipatici, per chi così baldanzosamente ora comanda.

Williams al lavoro per riparare il telaio di Albon

Per farla breve, adesso il Team Principal James Vowles ogni giorno che Dio manda non fa che ribadire che in azienda sono al lavoro giorno e notte per riuscire a presentarsi con due monoposto Williams Fw46 al Gp del Giappone a Suzuka.

Ma, badate bene, non dice con la terza scocca finalmente scodellata nella pancia di un cargo, bensì con quella incidentata da Albon rimessa in sesto ricorrendo a sistemi d’intervento quasi fantascientifici, utilizzanto tecnologie all’avanguardia. Ossia, parlando come si mangia, rabberciata alla sperindio.

Bei tempi quando Chapman con la Lotus si presentava con due modelli diversi e cinque telai per due piloti, magari arrivando ai Gran Premio coi carrelli, ma bello sicuro di avere tutti i suoi boys al via, in gara. Invece oggi no. Brillano pance sfavillanti e ali meravigliosamente svergolate, ma sotto sotto non esistono scocche nuove per sostituire quelle tarlate perché sbattute e malvissute.

Quasi tutti ricchi fuori, in questo mondo strano della F.1 che tanto se la tira, ma solo per nascondere d’essere povery dentro.

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