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I 70 anni di Riccardo Patrese: 6 vittorie, tanti aneddoti e nessun rimpianto

Il padovano, a lungo recordman di presenze in F1, taglia il traguardo dei 70 anni: un modo per raccontare, tra un aneddoto e l'altro, la carriera dell'unico italiano insieme ad Alboreto ad essere andato vicino al titolo iridato dopo Ascari

Fino a prova contraria, insieme a Michele Alboreto è pur sempre l'italiano ad essere andato più vicino al Titolo Mondiale dopo Alberto Ascari. E sempre fino a prova contraria, Riccardo Patrese è l'italiano più vincente nei GP dopo Ascari, con le sue 6 vittorie. Lo dicono i numeri, quegli stessi numeri che sono inconfutabili anche per quanto riguarda l'anagrafe: e magari Riccardo Patrese non se li sentirà, ma oggi per lui fanno 70 anni.

Riccaordo recordman di presenze

Lo guardi in faccia e non puoi dire che non è lui. I capelli sono un po' più bianchi, qualche ruga inevitabilmente si è fatta spazio sul volto. Ma lo spirito è quello che conta e lui, oggi orgoglioso padre che sogna Le Mans con la Ferrari per suo figlio Lorenzo, giovanotto di belle speranze tra le ruote coperte, ancora ha l'animo di chi ha corso nell'epoca di Lauda, Prost, Mansell, Senna e pure Schumacher, incrociato nel suo ultimo anno di attività in Benetton.

Una F1 vissuta tutta d'un fiato, dal 1977 al 1993, 17 stagioni che lo avevano reso, al momento di appendere il casco al chiodo, l'uomo più presente su una griglia di partenza di F1, con 256 GP. Un record battuto solo nel 2008 da Rubens Barrichello, che in cambio gli fece provare la sua Honda F1 di quell'anno. Un test che andò pure bene, considerando il lungo periodo di inattività. Ma niente che gli potesse far saltare in mente di tornare a correre, dopo gli ultimi sfizi tolti nei Grand Prix Masters, gare dei primi Duemila riservate agli ex F1.

F1 2024: il calendario

Patrese e il saper dire no

Perché Riccardo Patrese nella vita è uno che ha saputo dire no. I no gli ha anche ricevuti, con quella lettera d'intenti con Enzo Ferrari mai sfociata in un approdo a Maranello oppure come quello a Watkins Glen 1978, quando fu tenuto fermo perché erroneamente accusato di aver provocato l'incidente nella gara precedente a Monza, in seguito al quale Ronnie Peterson perse la vita. Ma il no più grande della sua vita è stato il suo a Frank Williams datato 1994: Senna era appena scomparso e Frank, mai persa la stima verso di lui, gli chiese di tornare al posto del brasiliano. Riccardo disse "No, grazie". E non se n'è mai pentito.

L'incrocio con Schumi

Lui con la F1 aveva chiuso l'anno prima, al termine del 1993. Quell'anno, l'ultimo dopo l'uscita dalla Williams (con la quale, nel 1992, ottenne il 2° posto iridato), alla Benetton di Briatore aveva condiviso il box con l'astro nascente Michael Schumacher, appena alla sua seconda stagione completa in F1. Michael, già nelle ultime gare del 1991, aveva fatto capire ad un pensionando Nelson Piquet (altro grande campione incrociato in pista da Patrese) di che pasta fosse fatto. Lo capì da solo anche Riccardo, che rimase impressionato da quel giovane tedesco che lo batté con una certa frequenza per essere solo un emergente. Riccardo capì il messaggio: i rapporti con Briatore, si dice, non furono mai eccelsi, ma a far comprendere al padovano che fosse ora di appendere il casco al chiodo ci pensarono le prestazioni di Michael. E nemmeno quello, per Riccardo, è mai stato un rimpianto.

Ronnie, Gilles, Elio

Oggi Riccardo Patrese è l'uomo che riconosce a Schumi e Senna un talento fuori dall'ordinario, è l'uomo che si augura il meglio per suo figlio Lorenzo e l'uomo che può permettersi il lusso di ricordare gli anni ruggenti. Perché quando hai corso in quell'epoca rimpianti non puoi averne: sembrerà falsa retorica, ma con 6 GP vinti ed una carriera lunghissima mentre tanti altri colleghi non ce l'hanno fatta, ti cambia inevitabilmente la prospettiva da cui guardi le cose.

Soprattutto una volta spento l'interruttore, una volta dismessa la tuta da pilota: e allora c'è da ricordare che Patrese è uno che ha visto in diretta la scomparsa di Peterson, di Villeneuve, di Paletti. E che ha sentito vicino il destino quando all'ultimo momento cambiò il programma con il compagno di squadra alla Brabham Elio De Angelis: al Castellet avrebbe dovuto girare Riccardo, ma Elio non si trovava bene con la vettura e gli chiese di poter girare al suo posto in Francia. Riccardo accettò. E, senza saperlo, si salvò la vita: perché sulla Brabham che perse l'alettone ed andò a fuoco avrebbe dovuto esserci lui, e invece ci si ritrovò Elio.

Quello scherzo a Mansell

Riccardo Patrese è stato, ed è, tutto questo. E' Monaco 1982, la sua prima rocambolesca vittoria: in una serie di ritiri e testacoda finali sotto l'acqua, tagliò il traguardo senza aver capito di aver vinto. Riccardo è pure quelle stupende corse con la Arrows, la squadra che lo fece conoscere, ed è anche l'uomo che può vantarsi di aver regalato ad Adrian Newey la prima vittoria in carriera: accadde con la Williams FW14 del 1991, a Città del Messico. Riccardo è, infine, il simbolo di una F1 che non c'è più: un giorno in qualifica era convinto di avere in mano la pole, ma il compagno di squadra Mansell gliela soffiò con un giro monstre. E allora, Riccardo fece quello che avrebbero fatto tanti altri piloti: aspettare il compagno per complimentarsi. Ma aggiunse un gesto non propriamente atteso dai sudditi di Sua Maestà: si avvicinò a Nigel e gli strizzò... i testicoli. "Dopo il giro che hai fatto, volevo controllare se ne avevi tre...".

Patrese ricorda il GP Messico 1991

Tanti auguri, Riccardo

Oggi Riccardo Patrese è, appunto, uno senza rimpianti. Peccato per quel titolo iridato sfuggito, per quel contratto Ferrari mai andato in porto e per tante altre cose. Ma tante altre cose le ha vissute, apprezzate ed amate, come la "sua" Formula 1, quella che lo ha visto non sfigurare accanto ai giganti. La gioia per quello che è stato vale molto più di qualsiasi traguardo, di quelli ottenuti e di quelli mancati. E vale molto più di qualsiasi statistica o numero: forse anche di quel numero che vuole inchiodarti al traguardo dei 70 anni. L'età la si potrà pure contare, ma le emozioni di questo viaggio devono essere state incalcolabili.

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