Strepitosa prestazione di Hamilton e della Mercedes, con Hammer che torna al successo proprio nel suo giardino di casa. Verstappen limita i danni, McLaren si rammarica mentre dalle parti di Maranello è un'estate da bollino rosso
Lewis Hamilton e Stephen Hawking hanno poco in comune, e non solo per la professione. Hawking, ateo convinto, non credeva in Dio e nemmeno nel destino. E non si fidava neppure di chi diceva di credere nel destino, “perché anche loro - sosteneva - si guardano intorno prima di attraversare la strada”.
Della sua fede in Dio, invece, Lewis Hamilton non ha mai fatto mistero, neanche quando, da ragazzino, ebbe la faccia tosta di giocarsi un mondiale nell’anno del debutto. E ci ha sempre creduto, anche e soprattutto nei momenti più difficili. Poi arriva Silverstone 2024 e di fronte ad essa pure le certezze del genio matematico potrebbero vacillare, perché il destino può esistere o no, ma il dubbio che ci sia qualcosa di superiore ad aver tratteggiato questo disegno è lecito farselo venire.
Lewis Hamilton, da tanti colleghi, è dipinto come il più “spirituale” della griglia. Ed è pure quello che ha più record di tutti in questa Formula 1, ritoccati proprio con lo strepitoso successo di Silverstone, 944 giorni dopo Jeddah 2021: con la vittoria di ieri, la numero 104 in carriera, Hammer ha portato a casa il nono trionfo a Silverstone e nel GP di Gran Bretagna (due primati diversi: maggior numero di vittorie sullo stesso circuito e maggior numero di vittorie nello stesso GP, inteso come titolazione), oltre ad aver raggiunto la stagione numero 16 in carriera con almeno un successo (altro record). E ce n’è un altro ancora, quello del maggior lasso di tempo tra prima e (finora), ultima vittoria: 17 anni e 27 giorni (o, che dir si voglia, 338 GP dopo) tra Montréal 2007 e Silverstone 2024. Spodestato Kimi Raikkonen, che tra Sepang 2003 ed Austin 2018 aveva racchiuso prima ed ultima vittoria in 15 anni, 6 mesi e 28 giorni (294 GP). Per non farsi mancare proprio nulla, Hammer è anche l’unico pilota ad aver vinto una gara dopo aver tagliato il traguardo dei 300 GP in carriera.
Non aveva mai pianto per una vittoria, non aveva mai dubitato così tanto di se stesso come in questi due anni e mezzo che lo avevano tenuto lontano da quello che era il suo habitat naturale, il gradino più alto del podio. Ha sofferto, ha dubitato, ha stretto i denti: ed alla fine ha vinto nella gara a cui tiene di più, in quella che più di altre dà un sapore speciale, unico persino, per uno dei successi più belli di questa straordinaria carriera. E non è una frase fatta, anche se il pilota in questione di corse ne ha vinte 104: ma così speciali è dura trovarne, perché pure Lewis si era abituato ad una realtà che non aveva mai affrontato prima in carriera.
Papà, mamma, Bono, lui. Tutti commossi, tutti in attesa di un successo che sembrava non arrivare più. Lewis dentro il casco piangeva, forse perché dentro gli era esploso quel vulcano di emozioni tenute dentro per troppo tempo. Emozioni esplose dopo una corsa in cui lui, Hammer, ha dimostrato al mondo intero cosa sia ancora capace di fare. Ha corso bene sempre, ma soprattutto una volta montata la soft usata per l’ultimo stint, quello decisivo: contrariamente a Norris ha capito che non poteva permettersi di forzare ad inizio stint causa graining in arrivo, e poi si è messo in una costanza di tempi che ha fatto la differenza e che è stata decisiva, alla fine, per garantirsi quel secondo e mezzo scarso che sul traguardo lo ha diviso da Max Verstappen, gira e rigira minaccioso come al solito fino all’ultimo giro. Ham… maliato, forse pure lui, dalla capacità di Lewis di tener duro fino in fondo, così come quella di fare la differenza all’arrivo della pioggia (sorpasso su Russell con slick su pista bagnata) oppure nella decisione di attendere il momento giusto per passare da una gomma all’altra nelle fasi in cui il dubbio era maggiore.
Il futuro è una pagina rossa ancora da riempire, ma Hammer giura di non avere dubbi sul fatto che avrebbe accettato l’offerta di Maranello anche alle condizioni di oggi (condizioni tecniche, s’intende). Però, la pagina d’argento la voleva chiudere con un’ultima perla, con un successo d’addio che sa tanto di testamento spirituale dalle parti di Brackley. Non è detto che non possa vincere ancora, con questa Mercedes tornata davanti quasi di colpo, ma intanto è sicuro di lasciare almeno una vittoria a chi gli ha regalato, ricambiato, i migliori anni della sua vita. Se c’era un lieto fine ideale, è stato proprio questo.
Hamilton: "Non riesco a smettere di piangere, pensavo di non essere più all'altezza"
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