Temi caldi
Debuttanti, campioni, ingegneri, piloti, team principal: ecco chi si è distinto nel 2024 della Formula 1
6 gen 2025 (Aggiornato il 7 gen 2025 alle 10:33)
Dal Giappone con furore. Da ragazzino adorava vedere le battaglie di Senna e Prost a Suzuka, che ora è diventato un appuntamento fisso pure per i suoi famigliari che lo salutarono presto, da adolescente, quando scelse di attraversare il mondo per inseguire il sogno di lavorare in F1. C’è riuscito Ayao Komatsu, che ha chiuso la sua prima stagione da team principal con numeri assolutamente positivi: pazienza per il 6° posto nel Costruttori perso solo all’ultimo, con lui la Haas, dopo tanti anni, è riuscita a superare il difetto cronico del team, troppo lento nel portare aggiornamenti (a volte pure sbagliati). Con Steiner ha vissuto un bel periodo, professionale ma soprattutto umano: tuttavia, una volta preso il suo posto ha lavorato applicando le sue idee, che a quanto pare stanno funzionando meglio. La prima stagione è andata: da un certo punto di vista, il difficile arriva adesso.
In un “Circus” che ha vissuto di sussulti, cambiamenti e colpi di scena, è stato il vero uomo mercato. Perché Lewis Hamilton è stato un fulmine a ciel sereno in una giornata di febbraio, lui l’oggetto del contendere lungo mesi, vinto dall’offerta di Lawrence Stroll e della sua Aston Martin. In Red Bull lascia una famiglia, ma evidentemente era tempo di cambiare: ed anche nell’anno in cui è meno presente in assoluto sui circuiti, la sua mano c’è stata dentro e fuori la pista. La RB20, che resta una creatura nata sotto i suoi input, gli ha regalato l’ennesimo titolo: siamo a 26.
Non è da tutti divenire team principal in F.1 a 36 anni e qualche mese. Figura poco conosciuta, almeno al grande pubblico, con un percorso piuttosto simile a quello di Christian Horner, che come lui da ex pilota divenne uno dei capi più giovani in assoluto sulla griglia di partenza. Pensare che il giovane Oakes, mentre gareggiava, era riuscito ad entrare nel vivaio Red Bull: decise di smettere a 22 anni, alla fine del 2010, dopo un campionato deludente in GP3. Poco dopo fondò la sua scuderia di kart e da lì l’ascesa è stata verticale: si è fatto notare alla HitechGP, gestita anche con i soldi dei Mazepin, e Briatore lo ha voluto per gestire una situazione complessa come quella dell’Alpine. Sarà dura, ma pare avere una bella stoffa: auguri.
Meriterebbe più di una menzione, per quello che ha combinato quest’anno. Il termine giusto è uno solo: impresa. La McLaren non vinceva un Costruttori da quando lui era un giovane dottorando, ed il successo porta saldamente la sua mano: un’acqua cheta che crea il suo spazio non con la prepotenza, ma con la costanza. Ha saputo gestire, con qualche inevitabile inciampo di gioventù, un passaggio che nello sport non è affatto scontato: un conto è un team che sa di poter vincere, un conto è un team che “deve” vincere. Il clic mentale da fare, in questo passaggio, è enorme: tant’è che a fine anno parlava degli “adattamenti emotivi” che sono stati necessari per affrontare una sfida che in McLaren non si aspettavano di dover affrontare così presto. La parabola è stata ascendente e rapida, ma la sfida alla fine è stata vinta: il prossimo anno a Woking ripartiranno da certezze ancora più solide.
Scorri tra le schede (2/3)
Le notizie più importanti, tutte le settimane, gratis nella tua mail
Loading
Abbonati all’edizione digitale e leggi la rivista, gli arretrati e i contenuti multimediali su tutti i tuoi dispositivi.
Abbonati a partire da € 21,90