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Hamilton alla Ferrari è un kolossal crepuscolare (vista età del pilota e stipendio) che promette di scrivere pagine indimenticabili di F.1
19 gen 2025 (Aggiornato il 20 gen 2025 alle 10:26)
Lewis Hamilton & la Ferrari nell’innesco è il kolossal crepuscolare - per stipendio ed età - che in caso di successo diverrebbe la più grande storia mai raccontata dalla F.1.
Se Hammer non esistesse, la trama fimica della sua vita, letta in sé, sembrerebbe brutto cinema, pacchiano, esagerato, retorico, sdolcinato e impossibile. La vicenda di un ragazzo partito dal nulla che supera pregiudizi, barriere araldiche, economiche e razziali riuscendo a ottenere una chance da Ron Dennis, l’uomo più white anglo saxon protestant che c’è in natura, e riesce a polverizzare ogni ostacolo, trionfando davanti al mondo intero una, due tre... fino a sette volte. Divenendo Sir, facendo perfino cambiar colore alla macchina di larga diffusione più prestigiosa del Pianeta, la Mercedes, non facendo un frizzo quando viene derubato dell’ottavo titolo in mondovisione.
E, infine, eccolo sposare il marchio più onirico, agognato e inafferrabile di tutti. La Ferrari. Per assumere la missione più impossibile nella storia dello sport moderno. Otto titoli mondiali, compiuti i quarant’anni d’età.
F1, Hamilton in pista con la Ferrari: la data del debutto
Ma, tutto questo, raccontato dalla vita, partorito dal reale, smuove, manda il cuore in gola, scuote, elettrizza, perché nella storia epica dello Sport mai è stata tentata impresa più eroica, sfolgorante, difficile e mediatica.
Nell’estate 2021 scrissi che Hamilton cercava, cerca, per istinto naturale l’epicizzazione della sua stessa classe, la sublimazione del talento in un exlpoit fondante e indimenticabile, tanto quanto il suo eroe, il suo modello Muhammad Alì la volle e la trovò atterrando George Foreman all’ottava ripresa a Kinshasa, nel cuore dell’Africa Nera, cambiando da quella notte il concetto di poesia di tanti di noi.
Non accadde ad Abu Dhabi 2021, perché non era destino. I pianeti non si allinearono, perché l’arbitro mal fischiò. E lì Hammer tirò fuori la più grande prodezza comportamentale della sua esistenza. L’imperturbabilità malinconica. L’acquiescenza dolorosa, ma luminosa di stile. La sprezzatura, ovvero la shakespaeriana “Grace under pressure”, la forma di più filosofica e sofferta armonia di cui un uomo può essere capace. Perdere tutto con lo stesso kiplinghiano e contenuto sorriso col quale avrebbe voluto e saputo vincere.
Quindi il supplemento di sogno. Il sequel riuscito. Sorte, destino ed esistenza che offrono anni dopo l’altra chance, quando Lewis ha appena varcato i quaranta.
Se sommiamo quelli che adorano Hamilton a coloro che amano la Ferrari, ai pochi che non adorano Hamilton e non amano la Ferrari, per risultato abbiamo otto miliardi di terrestri, compresa qualche tribù amazzonica, perché la verità dice che sul globo terracqueo nessuno, proprio nessuno, è e sarà indifferente a quello che sta per succedere.
Sport, sfida, glam, chic world, black power, fashion, intellighenzia, semplice curiosità, reader, hater, eater, mosconi da bar, donne, sciasciani uomini, mezzi uomini e quaquaraquà, chiunque s’interesserà.
In tutta la storia dello Sport mai s’erano incontrati l’Uomo che più entusiasma commuovendo, con la Macchina che fa più sognare. E la miscela è esplosiva, tellurica. Emotivamente devastante.
Considerando che in tutta questa faccenda Lewis Hamilton affronta un inatteso avversario in più ed è il suo doppio, l’altra parte di sé, il quarantenne che ogni giorno geneticamente rischia di perdere un milionesimo di grammo di talento, perché se questa sfida l’avesse lanciata qualche anno fa, di sicuro sarebbe stato meglio. Per lui, per noi, per tutti.
Ma questo fa più dolce la favola. Rende quasi impossibile e quindi irrinunciabile il premio agognato, la meta inseguita. L’ottavo titolo iridato. Quello presumibilmente definitivo. Il traguardo momentaneamente infinito che ci metterebbe di fronte, finalmente, alla storia più bella mai raccontata.
E adesso cosa possiamo dire, mentre tendiamo l’orecchio per udire i primi rombi invernali e infernali di Hammer in Rosso? Be’, possiamo solo sentirci fortunati d’essere generazionalmente nella posizione ideale per godere di una storia così.
Perché sarà grandiosa, nella vittoria o nella sconfitta, alla Sergio Leone o all’Akira Kurosawa, non ammettendo soluzioni intermedie, accomodanti o sfumate. Trionfo o sconfitta. Apoteosi o declino. Estasi o tormento. Stavolta non ci sarà leggenda con la garanzia della mutua. O si ascende o si scende, punto.
A partire dal confronto interno, alla Rossa. Due anni, due piloti, Hamilton e Leclerc. Alla fine, solo uno resterà in piedi. Non ci sarà pareggio, non è previsto. Uno mangerà l’altro. Chi a chi, è da vedere. È il rebus nel rebus. La semifinale secca più bella nella storia della Ferrari, forse.
Di certo Lewis Hamilton alla Rossa porta fiducia, perché se ha accettato di venire non è solo per soldi, visto che in questa acrobazia si gioca tutto, in termini di credibilità, e senza rete. E se lui crede, ci crede, vuol dire d’amblé che la Ferrari, questa Ferrari, è credibile. Tornando a essere polo magnetico, spendibile e agognabile anche da tecnici e uomini di corse che fino a pochi mesi prima l’evitavano.
Il primo, magico, immoto e immediato effetto di Lewis Hamilton a Maranello è già questo. Ed è potente, sommovente, rivoluzionario.
Nel novembre 2018, noi di Autosprint in un momento di stasi agonistica, smuovemmo le acque con una cover esplosiva del n.44, photoshoppando Hamilton in Rosso, mentre era all’apice della carriera in Mercedes.
Il Direttore Andrea Cordovani sposò sorridendo con tanto coraggio l’idea - che fece incazzare molto la Mercedes, lì per lì -, e mi divertii tanto a raccontare in pagine e pagine tutti i perché di quanto Hammer alla Ferrari sarebbe stato auspicabile, catalizzante e per certi versi, prima o poi, inevitabile.
Adesso, solo a ripensarci, siamo contenti d’averci creduto, quando sembrava follia.
E a proposito di follia che sa trasformarsi in visione, va anche detto che tutta questa storia ha uno sceneggiatore, un artefice concreto.
Sì, la trama ha chi l’ha scritta, come Mankiewicz per Quarto Potere o Flaiano per il miglior Fellini e costui risponde a nome e fattezze di John Elkann, il quale, comunque vada, ha fatto una Cosa Grande. Ora tocca a Lewis Hamilton & alla Signora in Rosso. Serviti il pasto, Cow-boy.
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