Il figlio di Enzo Ferrari racconta ad Autosprint le sue emozioni nel vedere l'accoglienza dei tifosi della Rossa a Fiorano per il 7 volte campione del mondo di F1
Un conto è un nuovo pilota che arriva e va accolto con calore e gentilezza. Un conto è un festeggiamento di tre giorni che, in qualche modo, è stato paragonabile all’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump. Lewis Hamilton in Ferrari è stato un fuoco di mezzo inverno che ha riattizzato entusiasmi sopiti da verificare alla luce del lungo letargo che sta accompagnando il Cavallino nelle corse. Da un lato i trionfi nelle vendite, i numeri straordinari di bilancio, una capitalizzazione che pone la piccola Ferrari in una dimensione da grande gruppo automobilistico mondiale. Dall’altro il bilancio magro della Formula Uno, nel quale l’ultimo mondiale è una foto sbiadita del 2008 come squadra e del 2007 come piloti. Date di calendario di un’altra epoca: ed è questo che fa più male, perché nell’era che stiamo vivendo la Ferrari è stata comprimaria dei successi altrui, ma non protagonista assoluta.
Sarà Lewis Hamilton il salvatore? Chi lo sa. Il modo in cui si è presentato, l’applicazione, la cura dei dettagli e tante altre piccole cose che ha mostrato nei suoi primi tre giorni a Maranello, sono l’indizio di una preparazione, a monte, molto strutturata. Un campione che a 40 anni sceglie di rimettersi in gioco confrontandosi con un compagno di squadra velocissimo come Charles Leclerc, deve certamente aver fatto i suoi calcoli, sapendo di andare ad affrontare qualcuno che metterà in gioco da subito la sua caratura, la sua reputazione, in un paragone spietatamente immediato e senza compromessi. Poi Hamilton è inglese. E si sa che la stampa britannica è molto più aggressiva e critica di quella italiana. Da sempre. Basta andare a rileggersi le riviste degli anni Cinquanta quando la Ferrari aveva due piloti britannici come Peter Collins e Mike Hawthorn che lottavano con compagni di squadra italiani come Musso e Castellotti. E fiorirono polemiche, dissidi interni. Poi la storia e la mitologia hanno ammantato tutto di un’aura di buonismo che in realtà non fu tale. Come dire che il “brand” Hamilton andrà gestito con delicatezza, facendo attenzione a spifferi e notizie non vere, in uno slalom da affrontare con attenzione.
In Ferrari c'è un solo anello di congiunzione tra ieri e oggi. È Piero Ferrari, che ha accompagnato verso la gloria, ma talvolta no, tutti i piloti che sono approdati a Maranello ed è rimasto davvero stupito dinanzi all’entusiasmo che ha visto con il debutto di Hamilton: "Quasi non credevo! Tutta quella passione vera mi ha colpito. La gente sul ponticello della statale che guarda la pista di Fiorano, invadendo la pista ciclabile, è stata una dimostrazione di amore. Bellissimo."
Ma lei Hamilton ha potuto verderlo piu? da vicino dei tifosi...
"Sono andato a salutarlo quando ha messo piede a Fiorano, certo, dandogli il benvenuto. Aveva visto dai finestrini dell’auto i tifosi che lo aspettavano, e? stato felice, sorpreso"
E lei da che cosa è rimasto sorpreso?
"Dal modo in cui si è posto. Non ricordo altri piloti così eleganti al primo giorno in Ferrari. Un abito impeccabile, la cravatta, un figurino. Noi dirigenti, ad esempio, eravamo senza cravatta..."
Lewis, frequentando certi ambienti, sa che cosa sia l’etichetta. E in generale, nel suo modo stravagante, è un elegantone.
"Su questo non ho dubbi, l’abbiamo visto..."
Il primo atto è stata la foto ricordo davanti alla casa di Fiorano, quella in cui lei con suo papà Enzo discuteva e seguiva i gran premi. Sullo sfondo c’era la F40. Come mai proprio quella macchina?
"Perché Hamilton, giustamente, la ritiene una icona, per cui ha voluto farsi ritrarre con la sua auto preferita"
Sfoglia per continuare a leggere
1 di 2
AvantiLink copiato