Autosprint

Il senso della fede Ferrari si vede in momenti no come questo

Viaggio all'interno della passione e della capacità di soffrire del tifoso ferrarista

Il senso della fede Ferrari si vede in momenti no come questo

Mario DonniniMario Donnini

17 mar 2025 (Aggiornato alle 12:38)

Tutti da una vita sogniamo di vedere la Ferrari dietro le quinte, ma dietro le settime no, eh. Sul piano emotivo, come aperitivo, viste le trionfali aspettative preclare, questa di Melbourne 2025 sembra tanto la doccia più fredda immaginabile. Ed è la cattiva notizia. La buona è che il Gp d’Australia è solo apertura ghiaccia, false start rivedibile, aggiustabile ed emendabile, poi si vedrà.

Però due cose vorrei dirle, sul motore della Ferrari, che in realtà non è la power unit composta da un V6 e da due motogeneratori, ma siete Voi. Sì, i tifosi del Cavallino Rampante. Quelli che, al di là di tutto, ci credevano, ci credono e sempre ci crederanno.

In tutto lo Sport mondiale, quelli della Curva Rossa sono gli appassionati più speciali, unici, incrollabili ed eroici. Perché in F.1 dal 1964 a oggi, ovvero da quando la Ferrari rivincendo ha smesso di vincere regolarmente, Schumi a parte, non c’è al mondo ultras più quieto, gentile, sportivo, romanticamente caparbio e incassatore dell’innamorato della Scuderia.

Perché l’amante della Ferrari può borbottare, arrabbiarsi, penare o disperarsi, ma mai e poi mai rinnegherà qualcuno, farà sciopero del tifo, volterà le spalle a un suo pilota. Oddio, una volta a Monza, nel 1971, in prova partì una salva di fischi verso Enzo Ferrari, che da allora se la legò al dito, dicendo addio all’autodromo e rarefacendo le presenze pure altrove, ma cosa vuoi che sia. Quello era niente.

SAPER SOFFRIRE

La verità è che in tutta l’oceanica epopea dello Sport mai un appassionato ha vissuto e sa vivere alti e bassi come l’aficionado Ferrari. Proclami seriali, digiuni quasi carcerari, infinite traversate del deserto, speranze mai sopite che puntualmente riesplodono, salvo spegnersi di nuovo... Insomma, nei decenni un’odissea infinita e bipolare di esaltazioni e depressioni. Frequenti queste ultime. Eppure adorare la Ferrari - ed è il vero miracolo -, resta sinonimo di gioia, di orgoglio felice, a prescindere dal risultato.

Ho visto più entusiasmo a Monza per un terzo posto di Alesi, che a Silverstone per un mondiale prenotato dalla Williams. C’è gente che s’è affezionata alla sconfitta iridata di Irvine nel 1999 tanto quanto ai cinque mondiali vinti da Schumi, con infinito rispetto parlando d’entrambi.

Puoi narrare qualsiasi stagione gloriosa di Maranello e non ti si fila nessuno, ma se scrivi quarant’anni dopo un Cuore da Corsa inneggiando al fiammeggiante inizio di Alboreto nel 1985, ti ritrovi la mailbox mitragliata di messaggi che ringraziano per non aver taciuto di quel sogno presto svanito e mai dimenticato.

E la notte pazza di Fuji 1976, preludio alla delusione incurabile del ritiro di Niki nell’uragano, ha fatto innamorare due generazioni di sportivi a quella Ferrari, che già aveva legioni di cuori caldi pronti a carezzare e consolare per sempre l’immenso Clay, ingiustamente sconfitto al Glen 1974. E Massa iridato solo per 14 secondi?

We love u 4ever, Felipe.

QUANDO IL DOLORE DIVENTA POESIA

Lord Byron scrisse che il ricordo della gioia non è più gioia, mentre quello del dolore è ancora dolore. Be’, per il ferrarista vale esattamente e magicamente il contrario.

La memoria della redenzione mancata può sconfinare in rabbia, ma poi si trasforma in poesia. In rimpianto struggente per ciò che non fu ma sarebbe potuto essere, in rimembranza di un anelito deluso ma mai tradito. Vedete, penso che il vero prodigio ferrarista non stia nello spiegare al vento il bandierone quando si vince, ma nel deglutire amaro in certi giorni (o notti) un po’ così, trovando poi la forza di amare ancor più l’amata che momentaneamente delude, perché, comunque vada, resterà l’oggetto del sentimento composto, inevitabile e ancor più profondo.

Non c’è squadra in nessuno sport del Pianeta Terra come la Ferrari adorata soprattutto nei momenti no, in fase down e nei rovesci più inattesi.

E qui mi viene in mente un ricordo da ragazzo che non c’entra niente con le corse, eppure c’entra tantissimo per empatia, sensazioni e contesto.

Sfoglia le pagine per continuare a leggere (1/2)

Iscriviti alla newsletter

Le notizie più importanti, tutte le settimane, gratis nella tua mail

Premendo il tasto “Iscriviti ora” dichiaro di aver letto la nostra Privacy Policy e di accettare le Condizioni Generali di Utilizzo dei Siti e di Vendita.

Commenti

Loading

Autosprint
Autosprint
Autosprint

Insieme per passione

Abbonati all’edizione digitale e leggi la rivista, gli arretrati e i contenuti multimediali su tutti i tuoi dispositivi.

Abbonati a partire da 21,90

Abbonati

Sei già abbonato?Accedi e leggi