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Viaggio all'interno della passione e della capacità di soffrire del tifoso ferrarista
17 mar 2025 (Aggiornato alle 12:38)
C’era una volta il Bologna Football Club del 1979, all’ultimo anno della presidenza di Luciano Conti, ovvero l’editore che fece grande Autosprint, dando vita pure alla F.1 a Imola, proprio nella stessa stagione. In campo quel Bologna non era più la squadra che tremare il mondo fa, ma aveva un vanto grande da onorare, quello di non esser mai retrocessa nella Serie A a girone unico. Morale della favola, inizia la stagione 1978-1979 e i risultati latitano, tanto che a un certo punto la discesa in B pare probabile.
Be’, rammento l’inviato di 90° Minuto e della Domenica Sportiva, il composto e stupendo Piero Pasini, nel momento più buio librarsi in un favoloso monologo, evitando perfino di commentare la sconfitta della domenica. Lo ricordo come se fosse ora: «Sulla partita in sé, poco da dire. La squadra amata, la compagine di casa, ha perso anche se sembrava aver tutto per dire la sua. E se si guarda a ciò che è successo in campo, non c’è per niente da stare allegri. Ma è da altrove che arriva la speranza. Dalla compostezza degli spalti. Dalla passione che mostra il pubblico. Dall’anima dei tifosi. Quella, prima o poi, tornerà a fare la differenza. Perché una tifoseria che ha un cuore così grande, saprà soffrire e far risollevare la squadra, come ha sempre fatto. Oggi usciamo dallo stadio con due certezze: la prima, il Bologna ha perso; la seconda, questo Bologna ce la farà, a rialzarsi». Per la cronaca, l’ultimo Bologna di Luciano Conti, nell’anno del record di copie di Autosprint a Monza F.1, pare 360 mila, si riprese alla grande, salvandosi eccome.
E allora per una volta, come fece Piero Pasini quel pomeriggio, non guardo ai cronologici del weekend di Melbourne, ma penso ai ragazzi con lo zainetto svegli di notte, non solo e non tanto per il Gp, ma soprattutto per i primi giri di Hamilton a Fiorano o strafelici per il debutto casalingo della SF-25 o pigiati a Milano per battere le mani a Lewis e Charles. E proprio in un momento come questo tornano in mente le parole del compianto Pasini e il colpo d’orgoglio di quel Bologna.
Ci sono ventitré gare, davanti. La storia della Ferrari sta nelle gioie terribili, certo, ma anche e soprattutto, a ben guardare, nelle delusioni romantiche riciclate in passione, a emissioni zero.
In quella capacità che non ha eguali di reinnamorarsi nel gelo della disillusione, ritrasformandolo presto in qualcosa d’assai diverso.
La F.1 non è solo scienza e intermedi, ma anche cuore e macchine con l’anima. Guardando e pensando alla torcida Rossa e al rispetto che merita, vengono in mente due cose. A Melbourne la Ferrari ha perso, ma questa Ferrari ce la deve fare e ce la farà, a rialzarsi. Il Cavallino ve lo deve.
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