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4 giu 2025
Era nata per essere una diva, ma per il momento sta recitando solo il ruolo di comparsa. Con la prospettiva di rimanerlo ancora a lungo, e forse fino alla fine della sua carriera agonistica. Nasceva con altre premesse ed altre speranze, la Ferrari SF-25, che superato il terzo di campionato però si è già rassegnata a non diventare quello per cui era nata: una Ferrari iridata.
I numeri sono deficitari: tre podi in nove gare, una pole ed una vittoria in una sprint, 165 punti raccolti contro i 252 conquistati l'anno scorso a parità di corse disputate. Gli obiettivi, inevitabilmente, sono già stati totalmente ridimensionati: ora non resta che provare a salvare quello che sembra il minimo traguardo, ovvero la piazza d'onore tra i Costruttori, e magari artigliare qualche successo di tappa, obiettivo tutt'altro che scontato guardando lo stato di forma della concorrenza.
Il processo alla SF-25 è iniziato da tempo: nell'occhio del ciclone è finita la sospensione posteriore (che verrà rivista quantomeno negli attacchi, con novità che arriveranno nelle prossime settimane), legata al contorto equilibrio di queste F1 tra aerodinamica e meccanica. La sospensione posteriore sembra essere l'indiziata principale per i malanni della 677, non in grado di gestire il carico verticale che la monoposto avrebbe dovuto sprigionare se solo avesse potuto lavorare nei target di progetto che erano stati pensati. Ma il punto è proprio qui: è "solo" la sospensione oppure questa macchina ha altri limiti, magari aerodinamici? Più si va avanti, più è difficile restare convinti che sia tutta e sola colpa della sospensione: magari può avere le colpe maggiori, ma non le uniche.
Inevitabilmente, quando un progetto si rivela così fallimentare (perché così deve essere definito, un progetto che è un'evoluzione, per quanto estrema, di un modello che è arrivato a giocarsi fino all'ultimo il Costruttori 2024), ogni scelta tecnica deve essere posta al vaglio. Ed è proprio qui che cominciano i dubbi, che si fortificano gli interrogativi sui perché ed i percome di una macchina che è finita per deludere. C'era bisogno di cambiarla "al 99%", come aveva detto Frédéric Vasseur? Forse no o forse sì, in base a cosa i tecnici avevano visto dalle simulazioni, su un disegno della SF-24 valido ma forse privo di ulteriore potenziale da estrarre. Ma soprattutto la domanda è "chi", ha preso le decisioni che sono state prese. Ed è forse questa la chiave per spiegare le tribolazioni di una monoposto la cui gestazione, è bene ricordarlo a scanso di equivoci, è passata attraverso l'influenza di tre figure diverse nella carica di direttore tecnico.
Questa vettura, lo sanno tutti, ha cominciato a prendere forma quando a Maranello c'era ancora Enrico Cardile. Non era il solo, l'aretino, ad occuparsi del progetto 677; ma quando Cardile se n'è andato, nel luglio dello scorso anno (sostanzialmente, ha finito di lavorarci davvero a fine giugno), la SF-25 era poco più che un'idea. Tra quel momento ed il primo giorno di lavoro di Loic Serra, direttore tecnico non per scelta ma per esigenza (Serra aveva firmato per un altro ruolo, che avrebbe supervisionato in teoria pure il lavoro di Cardile), sono passati circa tre mesi: sono i tre mesi della gestione ad interim come DT di Vasseur, periodo in cui indubbiamente lo studio della SF-25 è stato portato avanti, anche se con un'organizzazione improvvisata che non aveva messo in conto l'uscita dell'aretino.
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