In Olanda non solo la Red Bull, ma anche la Mercedes si è fatta pericolosa. Il podio di Leclerc è positivo, ma funge pure da chiaro segnale d'allarme in vista di Monza
Se Zandvoort era una delle piste favorevoli alla Ferrari, siamo messi bene... Purtroppo non è ironia, ma realismo. Il Gp d’Olanda non è stato un bel segnale di ripresa per le Rosse dopo la debacle di Spa, come invece si sperava. Il 3° posto di Leclerc, al di là della soddisfazione di rivedere Charles sul podio dopo tre gare sfortunate, è una magra soddisfazione. Un podio che ha il sapore di un brodino insipido che non fa presagire nulla di buono per il futuro. Nella fattispecie in chiave Monza, dove il poco drag e la velocità spaventosa in rettifilo delle Red Bull (chiedere a Hamilton per conferma) diventano un incubo terribile per l’esito della corsa nel Tempio della Velocità. Poi genera rabbia e dispetto il modo maldestro in cui Sainz ha perso ogni chances di podio quando al pit stop è scomparsa una gomma: la posteriore sinistra. Questo però è un infortunio grave ma talmente occasionale che si spera non capiti mai più perché frutto della concitazione e forse di una certa confusione del momento. Molto più preoccupante il calo di performance della Rossa che a Zandvoort è apparsa inferiore anche alla Mercedes: un problema da analizzare in profondità.
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Purtroppo, Binotto era stato buon profeta alcuni mesi fa. Sia alla presentazione della vettura a febbraio che alla quarta gara, a Imola, quando nel commentare il via-lampo della Ferrari in campionato aveva ammonito di non illudersi troppo. Anzi, il team principal del Cavallino aveva usato in quell’occasione parole che, rilette col senno di poi, hanno oggi il sapore di un fosco presagio. Aveva avvertito che i veri valori in campo non sarebbero stati quelli delle primissime corse, ma si sarebbero visti dopo alcuni Gran Premi. Quando i team avrebbero compreso meglio il funzionamento e la messa a punto specifica delle varie auto. È proprio quello che è successo! Solo che forse Binotto non immaginava che sarebbe stata proprio la Ferrari a plafonarsi nella prestazione mentre Red Bull e Mercedes avrebbero fatto un passo in avanti così consistente. Ma cosa c’è all’origine delle difficoltà Ferrari? Partiamo da Spa per capirlo.
La sconfitta in Belgio aveva lasciato grande delusione ma anche un barlume di speranza. Ci si augurava fosse un passo falso occasionale. Dovuto a una combinazione di condizioni sfavorevoli: il freddo; le gomme che non lavoravano bene; e infine l’applicazione della direttiva tecnica 039 che aveva stabilito un nuovo criterio per misurare l’altezza delle auto (e quindi aveva spinto i team a rialzarle di qualche millimetro per evitare rischi). Si puntava su Zandvoort, a dispetto del fatto che fosse la pista di casa di Verstappen, per una controverifica immediata. Perché le curve sinuose, i saliscendi, i continui cambi di direzione e le riaccelerazioni da fermo del circuito olandese sulla carta sembravano adattarsi perfettamente alle doti della F1-75 che si trova più a suo agio sui circuiti misti che su quelli ultra-veloci.
Invece la controprova ha funzionato soltanto in qualifica. E poi non del tutto perché Leclerc, mago del giro secco con 7 pole all’attivo quest’anno, non è riuscito a mettere la F1-75 in prima posizione. E rimane pure il dubbio del tempo che avrebbero strappato Hamilton e Russell se non fossero stati fermati dalla bandiera gialla all’ultimo giro. Però, insomma, Leclerc al sabato aveva mostrato che la F1-75 almeno sul giro secco era tornata competitiva. Ventuno millesimi di ritardo su Verstappen sono un’inezia. Però la competitività sul giro c’era. Non come a Spa dove il distacco in qualifica oscillava era fra i 7 e i 9 decimi. Insomma, la competitività dopo le prove olandesi sembrava ritrovata. E al box si respirava un sospiro di sollievo. Allora cos’è successo in corsa a Zandvoort per cancellare così le speranze?
Leclerc spera nella sorpresa per ribaltare il pronostico pro-Red Bull
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