Intervista ad Ivan Capelli: Ferrari, Hamilton, Newey e l'"invidia" per Hakkinen e Coulthard

Intervista ad Ivan Capelli: Ferrari, Hamilton, Newey e l'"invidia" per Hakkinen e Coulthard

All'evento organizzato da Ruote Classiche per la nuova Ferrari SF-24, Autosprint ha incontrato l'ex pilota e commentatore tv; dai benefici che Hamilton può dare alla Rossa, dai ricordi con Newey fino ad una certa "invidia" per Hakkinen e Coulthard: ecco perché

15.02.2024 ( Aggiornata il 15.02.2024 12:16 )

Una chiacchierata tra amici, un modo per dare il benvenuto alla nuova Ferrari SF-24 in un ambiente che richiama la storia dell'auto e della moto, Ruote da Sogno a Reggio Emilia. Impressioni e sensazioni alla vigilia del mondiale di Formula 1 2024, un evento condotto da Veronique Blasi e che ha visto intervenire, tra gli altri, anche Ivan Capelli, ex pilota ed oggi apprezzato commentatore tecnico.

Sono tanti i temi alla vigilia del prossimo campionato: l'attesa per la Red Bull, la nuova Ferrari, il rapporto di Sainz ed Hamilton con i rispettivi team prima del cambio di casacca nel 2025, con Lewis a Maranello. E poi la tecnica, alla base delle monoposto di oggi, che vede ancora svettare un nome su tutti: Adrian Newey.

SF-24, ispirazione alla Red Bull innegabile

Intervenendo nel corso dell'evento, Capelli ha parlato delle primissime impressioni sulla Ferrari SF-24: "Sarà un anno di discontinuità rispetto al 2023, sappiamo che negli ultimi due anni il progetto non ha dato i risultati sperati. La vettura ricalca alcune idee della Red Bull, è innegabile. Lo si vede nelle bocche d'entrata della fiancata laterale, ad esempio. Rimane però un progetto con un'anima Ferrari, per dirne una le sospensioni anteriori, che restano di tipo push-rod".

I veri vantaggi dell'arrivo di Hamilton

Interessante la chiave di lettura che ha fornito Ivan sullo sbarco di Hamilton sul pianeta Ferrari: "Hamilton ha un bagaglio di esperienza enorme, può dare un contributo importante alla Ferrari. Può fornire ritmi e visioni diverse per la progettualità futura. Lui da solo non andrà a stravolgere le prestazioni, perché la macchina la guida e non la disegna, tuttavia potrebbe aprire orizzonti futuri per qualche ingegnere che fino ad oggi non ha preso in considerazione un impiego alla Ferrari. Vedere arrivare Hamilton alla Ferrari rende la squadra più attrattiva anche per i tecnici, e su tutti dico Newey, perché comunque si assiste ad un sette volte campione del mondo che arriva a Maranello dando l'idea che ci sia un futuro proiettato ad un qualcosa di diverso. Al di là del marketing e del ritorno sul piano commerciale, credo sia proprio questo il valore aggiuntivo di Hamilton alla Ferrari, credo sia questo il punto focale di questo arrivo".

Newey alla Ferrari coronerebbe una carriera

Adrian Newey a Maranello è una suggestione d'epoca, ed ecco cosa ne pensa al riguardo Capelli, uno che con il genio di Stratford ci ha lavorato a cavallo tra gli anni '80 e '90 con la March/Leyton House: "Dalle informazioni raccolte in questi anni, è molto più 'umano' rispetto a quando lavoravamo insieme. Lo vedo molto più rilassato, non è più presente come una volta al centro tecnico della Red Bull, va due o tre volte a settimana ma per il resto ha una vita privata 'evoluta', diciamo così, rispetto a qualche anno fa. E' colui che negli ultimi 35 anni ha caratterizzato i successi di tre scuderie diverse, Williams, McLaren e Red Bull. Per lui arrivare alla Ferrari, magari con qualche ingegnere al seguito, finire alla Ferrari e magari farla vincere sarebbe l'apoteosi della carriera".

Le impressioni dei primi giri

Capelli, come del resto tutti i piloti, è convinto che i primi giri dicano moltissimo su una vettura appena presentata, ed a tal proposito ha raccontato le sue esperienze con Leyton House e Ferrari: "Nel 1992 dopo cinque giri avevo già capito in che direzione saremmo andati. Nell'88 con la Leyton House dopo pochi giri sono sceso di macchina ed avevo un grande sorriso, avevo intuito che la macchina fosse buona. Con la F92A a Fiorano invece il sorriso non lo avevo. Un pilota se una macchina è buona o no lo percepisce subito, poi chiaramente c'è tutto il lavoro di sviluppo da fare".

Poi, privatamente, c'è stato modo di incontrare Ivan, con il quale Autosprint ha potuto approfondire i temi già emersi nel corso dell'evento

Si dice sempre che un pilota avverte subito se una macchina è buona no, lo hai detto anche prima. Cosa avviene di preciso in quei primi giri di 'conoscenza'?

"Le esperienze, la capacità di analisi e la percezione che ha un pilota, oltre ai ricordi delle vetture già guidate in carriera che hanno dimostrato di andare forte e di adattarsi bene al suo stile, danno modo in pochi giri ed in condizioni non al limite di percepire subito se la macchina ha una buona base o no. Poi è chiaro, avvicinandosi al limite possono emergere delle peculiarità negative, le quali possono essere corrette da lavori di assetto e quant'altro, perché poi uno si deve 'cucire' la vettura addosso, ma un pilota ha la capacità di percepire immediatamente se la monoposto ha un potenziale da sviluppare. A me è capitato in entrambe le facce della medaglia, ovvero con la Leyton House del 1988 e con la Ferrari del 1992. Con la Leyton scesi dalla vettura, guardai Adrian Newey e gli dissi immediatamente come mi fossi trovato bene, spiegandogli per filo e per segno le caratteristiche della macchina nonostante quei pochi giri di battesimo a Silverstone. Per quanto riguarda la F92A del 1992 invece sono sceso dalla macchina ed ho subito detto ai ragazzi del box che avremmo avuto molto da lavorare".

Che impatto può avere un nuovo capo su un pilota? Per fare un esempio, quest'anno per Vasseur sarà il primo anno in cui tutto, ma proprio tutto, dipenderà dalla sua gestione. Cosa potranno avvertire Leclerc e Sainz?

"Il team principal e le figure apicali del team hanno una ricaduta diretta sull'approccio che tu hai nel tuo lavoro, che sia da un punto di vista organizzativo o di attenzione al dettaglio, perché percepisci le richieste del referente. Quello che serve ad un pilota, ma vale più o meno per tutti, è qualcuno che possa da un lato sostenerti nei momenti di bisogno ma dall'altro anche svegliarti con qualche pacca sulla spalla più energica per darti uno scossone in altri momenti. Un team leader è questo, è uno che capisce quando c'è bisogno di dare la scossa oppure di tenerti a freno perché stai eccedendo. Il rapporto tra pilota, team principal e anche ingegnere è un cerchio magico che si deve comporre e deve trovare la sua stabilità. L'esempio pratico è Verstappen insieme a Lambiase, ma anche ad Horner e Marko. Magari tra loro servono poche parole, ma basta uno sguardo per capirsi. E' questo che ti fa fare il salto di qualità".

In precedenza hai parlato di Newey, con cui sei rimasto in contatto in questi anni. Una domanda, o meglio una curiosità, da pilota: quali delle sue vetture avresti voluto provare?

"Avrei voluto provare le McLaren-Mercedes che vinsero il titolo con Hakkinen alla fine anni '90. Aveva un equilibrio, quella macchina: era bella nel disegno, era omogenea ed aveva scelte tecniche di livello sia sul piano aerodinamico che motoristico, con quel Mercedes che faceva paura. Quella è una delle opere migliori di Adrian, anche perché passò dalla Williams alla McLaren e riuscì a far vincere la McLaren, portando le sue idee in un regolamento che proprio quell'anno (il 1998, ndr) era cambiato, tra allungamento del passo, restringimento delle carreggiate eccetera. Era una zona di non comfort per tutti, lì evidentemente Adrian ha messo in pratica le sue idee meglio degli altri. Ho tanti ricordi di quella macchina, e ho una grande gelosia nei confronti dei piloti di allora, Hakkinen e Coulthard, che in virtù del divieto di sponsorizzazione dei tabacchi videro mettere i loro nomi, 'Mika' e 'David', sulle fiancate ed in bella vista. Ciò mi rende invidioso, sarebbe piaciuto averlo anche a me! Quella del 1998 era inoltre la vettura del famoso terzo pedale, ce ne accorgemmo noi della RAI (all'epoca Ivan lavorava come commentatore tecnico per i GP, ndr) in Brasile guardando un video: ci accorgemmo che in curva c'era un movimento strano della gamba, un movimento che in quel punto non ci sarebbe dovuto essere. Lì scoprimmo del terzo pedale che poi chiaramente fu ripreso dalle foto successive".


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