La strana storia dell'ultima BRM di Formula 1

La strana storia dell'ultima BRM di Formula 1

Nata P230 in piena era wing car, il parto finale della BRM per i GP di F1, vive una vicenda ai confini della realtà, tra legal thriller, incidenti, restauri e un'inattesa ed entusiastica resurrezione. Questa la trama di un vero e proprio giallo da corsa. 

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05.02.2020 ( Aggiornata il 02.12.2021 16:52 )

Legal thriller sull’ultima Brm

E qui scoppia un vero e proprio legal thriller, perché, dopo lo shakedown di Donington, la Brm finisce i quattrini e il papà di Neil Bettridge, creditore dalla Brm stessa dei soldi che aveva speso per finire il telaio, parcheggia la P230 nei capannoni della sua officina a Melksham. Ma cambio e motore appartengono ancora alla Stanley-Brm, così vengono smontati e rispediti nella gloriosa sede di Bourne. Il caso finisce per vie legali e finalmente Stanley e Bettridge senior arrivano a un accordo, che prevede la restituzione della P230 al Lord, il quale la vorrebbe poi cedere col pacchetto del materiale che ha messo in liquidazione, ma alla fine sarà costretto a una vendita disgiunta.

L’incredibile trasformazione della P207 in Can-Am

I ricambi, la scocca, la sola realizzata, e il progetto stesso della sofferta P230 vengono quindi acquisiti dall’ex pilota di salite David Hepworth, che ha un’officina nello Yorkshire - guarda caso lo stesso che a inizio Anni ’70 aveva corso con una Brm privata nell’Interserie -. Hepwoerth la spedisce nella sede della BS Fabrication di Bob Sparshott e la trasforma per la Can-Am, espiantando l’amatissimo, antico e glorioso - oltre che sfiatato -, 12 cilindri per fare posto a un sacrilego Chevy 5000 cc. Cosa sta succedendo alla vettura inglese di F.1 più classica e invocata di fine Anni’70?

Una cosa semplicissima. Hepworth tenta di vendere la belva al magnate George Garvin Brown III, erede della premiatissima company Brown-Forman, i cui brand a disposizione includono il whisky Jack Daniel’s.

 


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