Guai alle catenine, ma sì ai circuitacci

Guai alle catenine, ma sì ai circuitacci

Divieti di gioielli, piercing, collanine e mutande sbagliate dei piloti. ma poi per un pugno di dollari li sparano a 300 all'ora su circuiti da gimkana. Ma un po' di decenza mai?

09.05.2022 10:05

Vettel protesta stile Superman in pit-lane a Miami, mettendo le mutande sopra la tuta, per far capire alla Federazione che sta esagerando nel dettare minuziosamente divieti e norme di sicurezza quanto a intimo, piercing, anelli e quant’altro.

Hamilton per parte sua, si presenta in conferenza stampa facendo sembrare misuratamente sobrio l’outfit di Cristiano Malgioglio alla prima comunione della nipote. Sfoggiando, l’Hammer medesimo, otto anelli vistosissimi, quattro per mano, tre orologi, due al polso sinistro, il terzo a destra: «Per essere sicuro di che ora è» - dice lui, sornione -, più una mitragliata di orecchini e piercing, col collo tempestato di collane d’ogni ordine e grado.

Sì, agghindato con catene, anelli e simbologie che manco la Madonna di Pompei, tanto per richiamare l’attenzione e fare dispetto ai federali. I quali, per parte loro, fanno sapere che entro un paio di gare la normativa diventerà secca, tassativa e collegata con sanzioni toste, a dire che l’aria in materia è del tutto cambiata.

Dalle mutande ai gioielli, tutte le regole rigidissime dei piloti di Formula 1

I Cavalieri del Rischio e i loro gioielli

Mai più orecchini, dunque, mai più nulla addosso che in caso d’incendio possa peggiorare la situazione o, peggio ancora, costituire motivo d’intralcio ai soccorsi, finendo par far impigliare interventi di sicurezza a ninnoli e balocchi epidermici indossati e incistati a scopi macabri, censurabili o contestabili, tipo piacere a se stessi o magari suscitare eccitazione in liceali o zie fricchettone.

Cioè, fatemi capire. Tazio Nuvolari a fine carriera - secondo l’autorevolissimo racconto del pilota e scrittore Hans Ruesch - rifiutava addirittura il casco, perché gli impediva di percepire il gusto del vento addosso, Achille Varzi correva sparandosi sigarette che peraltro s’accendeva in pit-lane, Enzo Ferrari pilota aveva il vezzo di sfrecciare avvolto in deliziosi foulard - suppongo infiammabilissimi -, Mike Hawthorn correva con un papillon in gola very dandy ma tutt’altro che ignifugo. E a inizio Anni ’70, nel periodo delle F.1 che andavano a fuoco come niente, l’immenso Mike Hailwood imbarcava comburente in abitacolo, portando con sé una copia del Sunday Times la domenica del Gp di Germania sul vecchio Nurburgring, dicendo: «Tanto la mia Surtees si romperà di sicuro e resterò da qualche parte in mezzo al bosco, quindi almeno passerò il tempo leggendo cose serie».

Voglio dire, ci sono decenni di storia di cosette eccentriche, stravaganti, particolari in F.1 e no, a far capire che ai Cavalieri del Rischio se non gli rompi i coglioni più di tanto è anche meglio. Beppe Gabbiani mi ha raccontato che andò al primo test a Fiorano con la Chevron-Ferrari di F.2 indossando l’orecchino e gli fu detto di nasconderlo perché il Drake non lo sopportava - non per motivi di sicurezza, ma per puro conservatorismo e generazionalmente c’era da capirlo -. Così quando lo stesso Enzo Ferrari andò per carezzarlo in realtà il Beppe aveva già capito che il Vecchio stava frugando sotto i capelli lunghi in cerca della perlina, che lui però s’era impercettibilmente sfilato tre secondi prima, nascondendola sotto la lingua.

Di più. Da metà Anni ’80 in poi Christian Danner corre in F.1 con l’orecchino e nessuno lo tocca e nel 1989 Aguri Suzuki scende in pista tutto l’anno addirittura senza sottocasco ignifugo - unico al mondo a farlo - tanto la sua Zakspeed tornava sempre a casa dopo le pre-qualifiche, lenta e recalcitrante, ma è stato considerato un problema suo. E tale effettivamente era. Insomma, di storie ce ne sono quante volete, buffe e simpatiche e anche più buffe nonché simpatiche di queste, tanto che ciascuno può raccontare la sua. Però se adesso la faccenda comincia a farsi seria davvero, allora non solo siamo alla frutta, ma forse anche alla grappa e tra poco arriverà il cameriere con salvietta al polso e tanto di conto, per una F.1 che ormai vaneggia e straparla.

Safety first, ma...

Potrei capire e comprenderei benissimo, anzi, se la Federazione facesse un’accorata e semplice raccomandazione ai piloti d’evitare d’indossare abbigliamenti, manufatti ornamentali o quant’altro in grado di diminuire il livello di sicurezza in caso di incidente o di creare problemi durante i soccorsi. Un caldo consiglio e via, se non ci state poi diventano - e sacrosantamente sono -, cavoli vostri, guai assicurativi compresi.

Invece no. Riecco un’altra crociata federale monopensiero, l’ennesima e fuori luogo, al grido di SAFETY FIRST! Posso dirlo? In linea di principio non ho nulla contro l’idea che la sicurezza sia al primo posto. Ma il principio ha il difetto delle cose troppo ovvie, che a ben guardare diventano assurde. Certo, viva la sicurezza, viva la vita, l’importante è la salute, diceva nonna, esci solo con le mutande cambiate ché non si sa mai se finisci all’ospedale... Però se ti chiami Fia e disciplini il Motorsport, hai il dovere di fare di tutto e anche quello di non esagerare, perché le corse non sono certo un paradiso di sicurezza, bensì un bacino di rischio ragionevole, che, rispetto alla certezza di non doversi o potersi far male, è filosoficamente, logicamente e strutturalmente tutt’altra cosa. La Fia deve preoccuparsi che i rischi che corrono i piloti siano accettabili e gestibili, punto.

Per il resto Motorsport is dangerous. E se voglio correre col piercing, un orsacchiotto a bordo o una mutanda a pois, alla fin fine son cavoli miei. Sennò, in caso contrario, eh, sì, allora pure io pilota posso fare la punta ai chiodi a te, Fia. Capito cosa voglioni dire Seb e Ham? Scoprendo per esempio che, previo pagamento di oceaniche barcate di dollari o petroldollari, con F.1 lunghe come tram milanesi mi mandi a correre su un circuito cittadino a 260 all’ora di media sul giro, tipo Jeddah, dove se esco a una semplice chicane - non a un curvone da pelo, eh - mi ritrovo piatto contro il muro a oltre 200 orari come è capitato a Schumi jr, vivo per miracolo. Scoprendo anche che circuitacci da gimkana - e non vorrei offendere le peraltro serissime gimkane che hanno storia e cultura, almeno loro -, budelli showbiz alla Miami, arrapano quanto mai i padroni del vapore - e del botteghino - in F.1, tanto che si va verso un’epoca che batterà il record del numero di tracciati cittadini presenti nel mondiale, ma nessuno batterà ciglio. Poiché batterà cassa. Intanto, però, in sede di verifica e selezione, nessuno guarderà mura pericolose e alte come quelle di Jerico, ma tuttavia palperà inesorabile l’intimo dei campionissimi alla ricerca delle radici del male.

Dai. Per un pugno di dollari li sparano a 300 all’ora in tracciati ridicoli e poi gli impongono di non indossare la catenina della cresima. Questi o sono matti o ci prendono per il sedere. Io vado con la due.


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