Alonso & Allievi eterni appassionati al top

Alonso & Allievi eterni appassionati al top

Chi come Nando e Pino segue passione e talento restando se stesso sa esprimersi alla grande e a tempo indeterminato

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20.06.2022 10:42

Da qui alla fine della stagione Fernando Alonso potrà vincere tutti i Gran Premi o partire sempre ultimo, poco sposterà. Il suo segnale bello, vero e duraturo lo ha già dato nelle qualifiche del Gp del Canada, artigliando a quasi 41 anni (li compirà il 29 luglio) una prima fila che è già storia e per un sacco di motivi, al di là del 7° posto in gara, diventato nono dopo la penalità.

Pilota finito? Ma quando mai

È dal 2007 che dicono e scrivono che Alonso ormai è un pilota finito. Dal debutto di Lewis Hamilton al suo fianco in McLaren, passando per i sogni infranti in casa Ferrari, fino a toccare il clamoroso flop turboibrido McLaren-Honda, alias “Gp2 engine”, e tutto quello che ne è seguito fino a ieri l’altro, al momento in cui si dava per quasi certo il suo licenziamento dall’Alpine.

Tre lustri pieni nei quali sono cambiati i campioni del mondo di F.1, i presidenti delle nazioni più potenti e due papi, ma lui, dai e dai, è tornato lì, in prima fila, a dispetto di tutto e tutti. A dimostrare che basta un livellante pomeriggio di pioggia a far contare di meno l’incidenza pura del mezzo, per ridare importanza all’Uomo e alla pura capacità di pilotaggio.

Antipatico? No, semplicemente se stesso

Ed eccotelo far solletico a una battuta d’ali di farfalla dal poleman Max Verstappen su Red Bull, rifilando oltre un secondo e mezzo al giro al compagno di squadra Esteban Ocon. È da prima del 2007 che dicono e scrivono che Alonso sia un uomo insopportabile, egocentrico, accentratore, mai contento, poco sopportabile, ingombrante, criticone, autoriferito e spaccaspogliatoio, per non dire spacca altro.

Però ci sono dei però. In una F.1 che negli ultimi venti anni ha smesso d’essere un mondiale Piloti per trasformarsi sempre più in campionato Costruttori, Fernando è stato il solo e l’unico disposto a pagare un prezzo esoso per restare se stesso, a dispetto delle policy spersonalizzanti e tagliaunghie delle corporation e delle Case, sempre più toste, invasive e imbavaglianti.

Lui è quello che, di seguito, piaccia o non piaccia, ha sfanculato e s’è fatto sfanculare da McLaren, Ferrari e Honda, spaventando poi talmente tanto Mercedes e Red Bull, da finire eiettato fuori, vita natural durante, dal giro nobile delle squadre vincenti, i cosiddetti top team. I quali preferirebbero ingaggiare un ragno peloso e velenoso piuttosto che mettersi in casa Alonso Fernando di anni quasi 41.

La scommessa di De Meo

E se l’Alpine tempo fa l’ha preso, è perché, primo, Luca De Meo si distingue per essere un top manager totalmente sui generis e, secondo, poiché l’Alpine stessa non era né è un top team e proprio non ha nulla da perdere a cercare di sparigliare le carte. E Alonso in una F.1 di vergini, celibi e rassicuranti padri di famiglia, dopo l’uscita di Raikkonen, è pure il solo e l’unico divorziato, quasi a dar da intendere che di cicatrici ne ha anche, al di là delle corse.

L'ultimo dei giurassici

Detto questo, Fernando è lì, con i suoi due antichissimi titoli mondiali vinti nel 2005 e nel 2006 e col dinosauresco debutto in F.1 datato 2001, con la Minardi a rappresentare l’ultimo di un giurassico perduto, testimone d’un tempo che non c’è più.

E c’è qualcosa di unico e prezioso nel Fernando d’oggi, che va ben al di là di Nigel Mansell che alla stessa età vinceva in Australia 1994 o di Michael Schumacher il quale, perfin più vecchio, andava in pole (poi spogliata) a Monaco 2012, ed è una cosa impalpabile ma sotto gli occhi di tutti.

Cioè questa. Nigel nel 1994 era uno che delle corse e della F.1 ne aveva abbondantemente le scatole piene, così come Schumi nel 2012. Ormai erano entrambi alieni al sistema, in fondo ben felici d’esserne eiettati.

Gli altri veterani

Oggi anche Sebastian Vettel sente il peso, la consunzione psicologica e la sazietà di tanti anni al top e pare essersi trasformato sempre più in un testimonial eco-progressista e politically correct, mentre Hammer, altro superveterano, è una sfolgorante celebrity fashion victim, resta impegnatissimo in battaglie egalitarie nobili quanto appaganti e fa dipendere molto dalle prestazioni della W13 la sua motivazione, anche comprensibilmente.

Tanto che Hamilton stesso con una Mercedes decente torna tranquillamente ad essere quello di pochi mesi fa, vedi Montreal, a differenza di Vettel che sembra un po’ al di quà della collina, ma non è questo il punto.

Solo contro tutti

La verità che differenzia il quasi quarantunenne Alonso da tutti i veterani dell’era moderna è un’altra: Fernando non solo è uno contro, un irriducibile, un mai domo, un parlachiaro e in pista un eterno manico assoluto in pista, no, okay, il fatto è che lui è l’unico dei cardinali decani davvero felice, entusiasta e radioso d’esserci. Di più. La percezione, la sensazione chiara vedendo Alonso superhappy dopo le qualifiche di Montreal, è quella di un campione immensamente dignitoso e, soprattutto, contento di correre ancora. Mansell e Schumi da ultraquarantenni in F.1 si divertivano come prima? Secondo me no. Vettel e Hamilton si stanno divertendo davvero, ora? Il primo no, il secondo sì, ma non troppo. Fernando Alonso, invece, a correre ha goduto, gode e godrà come un riccio.

Perché lui sta rivelando decennio dopo decennio la sua vera cifra narrativa che lo distingue e lo eleva sopra tanti, se non sopra tutti in questa sua quasi infinita avventura in F.1: quella d’essere uno tra i campioni più appassionati ed entusiasti di tutti i tempi. Adora tornare davanti in F.1, pensa sempre con desiderio alla Tripla Corona, non disdegna di riprovarci a Indy, occhieggia ancora alla Dakar, insomma se ne guarda bene dal pensare seppur lontanamente al ritiro da qualsiasi cosa, corsa o disciplina, vivendo la dimensione di campione for ever, pur senza essere sfiorato dall’accusa d’essere un Peter Pan svolazzante sui giardini di Kensington. Perché che Nando è un uomo e ha i coglioni, lo sanno pure le fate.

Come Pino Allievi

Insomma, l’Alonso che esce da Montreal è uno alla Pino Allievi. Un tipo che sa durare ai massimi perché ama quel che fa, lo adora, provando la sensazione d’essere ancora al posto giusto. Anche se Fernando ha iniziato a vincere in kart quando se ne andava Enzo Ferrari, mentre Pino Allievi, di carattere ben diverso e assai più pacioso, ovvio, è nato mentre nasceva la Casa del Cavallino Rampante. E la meravigliosa lezione che sembra uscire da faccende come queste, insomma, sa tanto di lezione di vita. Non solo, come diceva l’Apollo di Delfi, devi conoscere te stesso, no, in casi come questi l’asticella s’alza assai, con due altri princìpi nobili e utilissimi anche alla vita di tutti noi. Sii te stesso, sempre, non scendere a compromessi, vai avanti tranquillo preferendo sputare piuttosto che inghiottire e, infine, divertiti. Cerca il più possibile di fare quello che ti fa stare a tuo agio, a dispetto degli anni che passano, degli amici che smettono, degli altri che fanno altro. Vivi a modo tuo la favola che ti sei conquistato. Questo ci suggerisce, il quasi 41enne Fernando Alonso in prima fila a Montreal, in un pomeriggio di pioggia. Tutto il resto non conta. Si può essere Maestri, nella vita. Allievi pure. Ma in un mondo sempre più paraculo, braccinesco, falsino, felpato, sussurrato, compromissorio e pelosamente usurante, andare avanti e saper durare alla Nando e alla Pino è la vera impresa eccezionale.


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