È tra i pochi big ad aver accettato di farsi fotografare con tutti coloro che glielo hanno chiesto. Sapendosi mostrare umanamente bello e stupendamente possibile
A testimonianza del fatto che questo mondiale 2022 ormai ha esaurito gran parte dei motivi della sua stessa sussistenza agonistica e calendariale, all’immediata vigilia del Gran Premio del Brasile sui social (e non) si è fatto un gran parlare della scelta da parte della Ferrari di ricordare sui campi di gara l’ingegnere Mauro Forghieri, scomparso lo scorso 2 novembre, apponendo la scritta “Ciao, Furia”, sia sulle fiancate delle F1-75 in gara a Interlagos che sul frontale delle 488 schierate dalla AF Corse nel finale del mondiale Endurance in Bahrain.
Come sempre, se non numerosi, fragorosi assai nei modi polemici e dirompenti, sono stati coloro i quali hanno sottolineato che per una personalità così geniale e determinante la Casa del Cavallino avrebbe potuto fare molto di più. Tipo prepararsi a ribattezzere la futura monoposto destinata al prossimo mondiale con le iniziali MF dello scomparso, magari da aggiungere anche alla siglia della già svelata 499P per il Wec e Le Mans, tanto da creare un virtuoso cortocircuito della memoria, in grado di perpetuare in pista il nome e l’immagine dell’ingegnere più amato e rimpianto del mondo.
Non so, tutto ci può stare, magari c’è ancora il tempo per pensarci su, ma la sensazione è che si stia un tantino esagerando con le critiche alla Ferrari, la quale in situazioni del genere se non fa, sbaglia e se fa, poteva fare di più. A me sembra che già l’idea di apporre una scritta sulle macchine così lieve, delicata e carina sia comunque un bellissimo pensiero e anche un segnale molto chiaro e importante. Reso ancor più caldo dall’uso del soprannome, a conferire un che di più intimo, apprezzato e vissuto all’omaggio all’ingegnere per antonomasia.
Piuttosto la questione relativa a Mauro Forghieri è molto interessante e stimolante, ma non certo per almanaccare sull’ampiezza giusta o meno della frasina posta sulla carrozzeria delle Rosse, quanto perché sarebbe il caso di cogliere fino in fondo il suo meraviglioso esempio, magari andando anche del tutto al di là delle realizzazioni ingegneristiche e dei mille trionfi fondanti ottenuti in pista e ponendo l’attenzione a ben altro. In fondo, tra le tante, Mauro Forghieri ha dato un’ultima grande lezione di stile che non ha niente a che vedere con le corse e molto col saper vivere. Siamo di fronte a uno tra i pochi personaggi nella storia moderna dello sport ad aver accettato di dedicare tempo e farsi fotografare con tutti coloro che glielo hanno chiesto. E sempre col sorriso.
I social di questi giorni lo dimostrano stupendamente. Mauro Fiorghieri è stato e resta uno dei pochi che ha dedicato i suoi libri a chiunque glielo ha domandato. È uno dei rarissimi che ha parlato e anche ascoltato tifosi ed appassionati, mai negando un autografo o una stretta di mano Questo non solo dimostra il suo profondo valore sul piano umano, ma traccia un esempio, un principio e un concetto ben preciso.
L’uomo notevole davvero intelligente si concede e condivide. Non scappa, non se la tira, non vive schifato la sua gloria nelle torri d’avorio. Diffidate di chi si blinda. Non sognate chi ci e vi vive come incubo Un consiglio? Non date troppo valore a chi evita e vi evita. Il valore reale di un grande, se è davvero grande, è quello, specie nella parte più matura della sua vita, di essere e mostrarsi umanamente bello e stupendamente possibile. Un altro consiglio? Non state a battervi o a pretendere adesivi più o meno grandi o sigle importanti di questa o quella macchina, per ricordare degnamente Forghieri. La testimonianza morale del più rinascimentale ed eclettico tra gli ingegneri della Formula Uno, ancor più che tra i metalli delle sue creature, risplende adesso nell’umanesimo di cui ha saputo guarnire tutta la seconda parte della sua vita, quella più lontana dai campi di gara e assai più vicina alla gente che voleva parlarci, scambiarci due idee o dargli una pacca sulla spalla. Tutto ciò che voglio dire è che gli appassionati, grazie anche a ciò che Mauro è stato, devono imparare a dar valore anche al suo comportamento, facendolo diventare anche una scala di misurazione dell’educazione, del rispetto, dell’umanità e della simpatia di tanti altri divi della Formula Uno e non solo della Formula Uno. Personalmente, sono contentissimo degli adesivi che la Ferrari ha fatto apporre in Brasile e in Bahrain, così come mi ha fatto davvero piacere vedere Mattia Binotto al funerale dell’ingegnere. Per tutto ciò che accadrà da domani in poi, tuttavia, più che guardare ai fiori, mi concentrerei sulle possibili opere di bene.
La prima delle quali ispirata a Mauro consiste specificatamente nel far perdere a una non trascurabiule parte dei personaggi legati al Circus la fastidiosa patina di spocchia e di boria, preclara a una generalizzata tendenza a blindarsi completamente dai contatti con fans e appassionati. Se davvero vogliamo ricordare Forghieri, lasciamo stare da qui in poi manifestazioni esteriori e badiamo alla sostanza. Onorare Mauro, per tanti grandi della F.1 significa cominciare finalmente a comportrsi stupendamente come lui, nei limiti del possibile e del regionevole, indistintamente con tutti gli appassionati. Quanto a noi, l’occasione di queste righe mi è grata per dire che Autosprint, dopo il numero precedente quasi tutto dedicato a Furia, onorerà di più e ancora la sua memoria in occasione della prossima edizione dei Caschi d’Oro, in preparazione della quale stiamo lavorando ad alcune belle sorprese che faranno molto piacere ai lettori dotati di passione abbinata a caldi sentimenti. Perché ricordare Forghieri vuol dire soprattutto essere pronti e desti a perpetuarne non solo le opere d’ingegno, ma il meraviglioso stile di vita verso chiunque abbia dimostrato di stimarlo e apprezzarlo, quale genio complesso che sapeva interfacciarsi agli altri comportandosi da uomo semplice.
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