Byrne, l’arma segreta della Rossa compie 80 anni

Byrne, l’arma segreta della Rossa compie 80 anni

Scopriamo l’ultimo superstite dell’era Schumi a Maranello
 

09.01.2024 09:01

Licenziato!

In una compagine in grande ascesa nel 1989 Rory sbaglia progetto e finisce fuori squadra in un attimo. La F.1 è così. Al suo posto il neoarrivato Flavio Briatore prende il guru John Barnard, transfuga Ferrari, ma il rapporto non funziona come dovrebbe e i trionfi latitano assai. Intanto Byrne s’è andato a impelagare nell’abortito progetto Reynard F.1. Dai, son tutti pentiti, alla Benetton, così Rory viene richiamato e arriva come nuovo socio Tom Walkinshaw che porta in dote il tecnico Ross Brawn, il quale aveva firmato la Jaguar Xjr14, il prototipo piu estremo mai concepito.

Brawn e Byrne si guardano, si sorridono e si stringono le mani. Novembre 1991, si riparte davvero. Attenzione, per il 1992 il pilota di punta è il giovane Schumi, il responsabile in pista è Ross Brawn e il progettista Rory Byrne: segnatevi il trio, visto che, quattro anni dopo, traslato alla Ferrari, darà vita alla combinazione più vincente nella storia del Cavallino Rampante.

Con la Benetton B194-Ford Michael è iridato 1994 e con la B195-Renault fa il bis l’anno dopo, incamerando anche il Costruttori. Bingo. A quel punto Byrne è il progettista top della F.1 e anche uno che s’è rotto le scatole della vita che fa. Perché? Lo scoprirete dalla riga successiva.

I casi della vita

Facciamo un passo indietro. Nel 1988 Rory da turista fa un viaggio che gli cambia la vita, scoprendo la Thailandia, in compagnia di Alex Hakridge, già manager Toleman F.1. Due settimane alle isole Andemane lo sconvolgono per la bellezza dei luoghi, tanto che decide di tornarci in vacanza, fino a che, a metà Anni ’90, sente l’esigenza di imparare la lingua Thai e va ad Oxford alla ricerca di un insegnante adeguato.

Arriva ad ora di pranzo e quindi decide di andare in un ristorante etnico e qui, guarda i casi della vita, conosce una simpaticissima cameriera di nome Pornthip, che si dice entusiasta dell’idea di diventare la sua thai teacher. Il connubio funziona, al punto che l’insegnante diventa la donna della vita per Rory, il quale decide di lasciare le scene della F.1 a inizio 1996, alla fine del contratto Benetton, per ritirarsi e aprire una scuola di sub, a Pukhet.

Ma, quando tutto è deciso, il telefono squilla. È Michael Schumacher, il quale, semplicemente, gli dice: «Rory, devi venire alla Ferrari e fare la stessa cosa che hai già fatto in Benetton: sostituisci John Barnard, collabori con Ross Brawn e realizzi una macchina vincente. Cambia solo che c’è Jean Todt sopra tutti». Byrne ci pensa, sorride e risponde: «Vedrò cosa posso fare, fammici pensare».

La saga in Ferrari

Nel 1997 Byrne realizza la sua prima Rossa, la F310B, evo centrata della F310 by Barnard usata nel 1996 da Schumi. La vettura perde l’iride solo all’ultima gara di Jerez, ma pazienza. La F300 del 1998 vince al debutto con Schumi in Argentina e sfiora il titolo, mancandolo solo per un guaio in griglia a Suzuka, nella sfida decisiva.

Nel 1999 la Rossa sarebbe al top nettamente ma una gamba rotta di Schumi alla Stowe, a Silverstone, in un’uscita causata da un’avaria a un freno, sposta la responsabilità su Irvine, eroico, che cede alla McLaren di Hakkinen anche stavolta solo a Suzuka. Non importa. Byrne continua a non sbagliarne una. Le sue Ferrari non inventano nulla ma fanno impazzire sempre più i cronometri, esaltate da Schumacher in stato di grazia. Se nel 1999 era arrivato il primo mondiale Costruttori, l’anno dopo ecco la doppietta, con anche quello Piloti. La Ferrari & Schumi regnano fino al 2004, quando Byrne partorisce la sua F.1 più competitiva, perfetta, bilanciata e bella, la F2004.

E già a fine 2001 accetta di farsi intervistare per il libro di Peter Wright, l’inventore dell’effetto suolo, che scrive un tomo intitolato “Under the Skin of Championship-Winning F1-2000”, nel quale Rory svela tutti i particolari costruttivi della Rossa iridata. Per l’occasione Mauro Forghieri mi dice: «Leggendo quel libro ho capito Byrne. Merita tutto quello che ha, perché è un grande. Ho studiato la sua Ferrari pezzo per pezzo e posso dirti che ingegneristicamente è un capolavoro fatto da migliaia e migliaia di capolavori, tante sono le singole, infinitesime e raffinate componenti. Il suo genio non lo vedi ad occhio nudo ma scomponendo il suo lavoro quasi a livello cellulare». Meglio di così...

La sua filosofia spicciola

Sempre in quel libro Byrne chiarisce che lui, a differenza di altri tecnici, nella vita non ha mai cercato “The magic bullet”, cioè la pallottola magica, l’intuizione improvvisa capace di farlo emergere, ma ha sempre lavorato di lima, migliorandosi e curando il particolare: «Vincere o perdere di un secondo, non sposta: conta essere lì davanti. Ci sono cattive vittorie e favolose sconfitte, quello che conta è il trend migliorativo». La sua storia in Ferrari lo dimostra. Aggiunge: «Ormai innovare è reso impossibile dai regolamenti. Una volta il tecnico ideale inventava, adesso raffina».

Mi trovo a pranzo con Gordon Murray e il sudafricano riconosce che: «Rory Byrne è tra gli ultimi in grado di concepire e disegnare tutta una monoposto di F.1 e non solo una sua parte»

Pure Rory prima di andare di CAD (computer-aided design) e CAE (computer-aided engineering) parte sempre dalla matita e dal foglio bianco. Magari lo fa anche adesso, che resta superconsulente in Ferrari, col ruolo di “design and development consultant”, compito che ha riassunto con più vigore nel 2020 in un momento di gran crisi d’identità per la Rossa di Binotto.

Da qui il suo apporto alla Ferrari F1-75 del 2022. Proprio lo stupendo e immediato riscontro dall’inizio vittorioso con Charles Leclerc, porta i vertici dell’azienda a rinnovargli il contratto per altri tre anni, ossia fino al 2025. Ed eccolo qui, ancora a Maranello sotto le feste. Anche se adesso non lavora come ai tempi di Schumi, ossia 14 ore a dì, per 7 giorni a settimana, con due presenze in pista a Monza e Imola. Ora si impegna soprattutto da remoto, con l’home working, per cento ore all’anno, ma sempre per dare il meglio, all’a(r)mata Rossa.

Quella volta con Giorgio Serra “Matitaccia”

Racconta il nostro Matitaccia: «A una festa del Ferrari Club Vignola, nel fulgore dell’era Schumi, Rory Byrne si presentò con O, o e basta, o come ottobre, che è il succinto cognome della graziosissima moglie. La sera a cena, le chiesi di salire in piedi sul tavolo, mentre le facevo la caricatura, con Rory che rideva da matti e lei divertitissima che accennava a passi di danza classica. Uscì fuori un disegno gigante, quasi a grandezza naturale, considerando che lei è piccolina. I due ne uscirono felicissimi, alla fine, andando via col loro ben disegnone, arrotolato».

Un uomo stupendo

Volete la verità? Rory Byrne è un tecnico da leggenda per la F.1 ma anche e soprattutto un uomo stupendo. In Sudafrica per il comparto assicurazioni ha studiato un sistema di controllo che mette un rilevatore in macchina e se chi guida si comporta assennatamente può ridurre fino al 40% il costo della rata. In Thailandia è in affari immobiliari con la moglie - hanno due figli, Sean di 24 anni e James, di 16 -, la quale gestisce un business a Phuket dove è supervisore per il disegno e la costruzione di abitazioni che coniugano la modernità con lo stile classico locale, nel pieno rispetto di sostenibilità e intregrazione con la natura. Rory and Pornthip sono molto felici e attivi. Al punto di collaborare con un centro di salute, che ha visto lo stesso Rory Byrne impegnato a trasmettere le sue esperienze e gli studi che ha fatto, dopo che gli è stato diagnosticato un cancro alla postata, come da lui rivelato in un’intervista a “Window in Pukhet”.

La sfida ulteriore

Anche in questo caso Rory si è impegnato in prima persona col solito metodo, non inventando ma affinando. E individuando terapie alternative, diete bilanciate e programmi disintossicanti che, accompagnati a terapie non invasive, hanno stabilizzato la sua patologia. Lui stesso, appassionato di cricket, dice che perfino un suo ginocchio bloccato da anni ora è migliorato. Ed è così che il più esperto al mondo in termini di effetto suolo, dalla Thailandia sa anche come affrontare la vita e i suoi inciampi più delicati. Una delle frasi con le quali descrive il suo addio alla direzione tecnica Ferrari a fine 2004 dice tanto, di lui: «Dopo il 2004 i miei obbiettivi sono cambiati. Fin lì ho vinto tutto. Dopo ho cambiato target: da lì in poi quello che conta è passare più tempo con gli amici e fare una vita serena e felice. Non devo per forza vincere, ma divertirmi».

Chi l’ha visto in giro per il Reparto Corse di Maranello, si dice certo che Rory Byrne abbia trovato un intelligente compromesso: dare consigli utili a far tornare al top la Ferrari, lo divertirebbe un sacco. Quindi, ancora un volta, a modo suo, ci sta riprovando. Buon compleanno e grazie di tutto, mister Rory Byrne.

 

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