La poesia in pista, Charles Leclerc come Vale

La poesia in pista, Charles Leclerc come Vale© Getty Images

Dall'esordio con la Rossa alla lotta per il Mondiale 2022: ripercorriamo la carriera di Charles Leclerc in Ferrari, tra vittorie, promesse e delusioni

Stefano Tamburini

18.08.2022 17:09

Certi sogni sembrano poesia, perché a tenerli in caldo e a caricarli di passione ci sono quelli come Charles Leclerc che cominciano a piacere ancor prima di vincere o di andarci vicino. Non c’è bisogno di un segnale particolare, basta poco per capire quando è il momento di vivere queste che non son chimere ma solide realtà. E sono visioni tutt’altro che oniriche che non sfumano neanche quando arriva l’alba meno lieta, quando sembra che sia finita la partita dell’illusione.

Certi sogni non sono per tutti, anzi sono molto rari ma si sanno far riconoscere, anche perché frenano subito la voglia di chiedersi da quale niente siano spuntati. E poi riempiono di sostanza stagioni fatte di timidi ma consistenti assaggi di gloria, come quella del debutto in rosso del 2019 o, ancor più, le successive meno fortunate. Uno come Charles per ora è sospeso a metà strada fra Gilles Villeneuve e Jean Alesi, due che il Mondiale non lo hanno mai vinto ma sono sempre nei cuori dei ferraristi. Uno così in certi momenti sembra il Valentino Rossi della Formula Uno, che su una Ferrari ci è salito ma non si è mai lasciato convincere fino in fondo perché sapeva di poter essere quel che era solo sulle due ruote. Non un mito, una leggenda già ancor prima di esserlo davvero.

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Enzo Ferrari lo adorerebbe

Sì, ma Charles già adesso, che il Mondiale lo sta rincorrendo trascinando tutti con sé, un po’ Valentino lo è ed è un’anomalia – proprio come lo è stato Villeneuve – nell’universo ferrarista dove il tifo è concentrato prima di tutto sulla Rossa chiunque ci sia al volante e solo dopo sul campione. Tutto ciò non sarebbe molto piaciuto al vecchio Enzo Ferrari, che metteva la macchina sopra a ogni cosa e il pilota doveva venire sempre dopo. Anche quella volta che respinse con perdite Villeneuve che protestava per lo sgarbo di Didier Pironi a Imola nel 1982, rispondendo con un ultimativo «ha vinto una Ferrari e quello conta». Doveva farlo ma sotto sotto anche lui era immerso in quei sogni di tutti, perché poi si faceva sorprendere anche a spendere parole speciali, uniche: « È stato un campione di combattività, ha aggiunto notorietà a quella che la Ferrari già aveva, gli volevo bene».

Se fosse ancora fra noi, il Drake quasi certamente comincerebbe a dire cose simili anche per Charles. Rispecchiando un sentimento diffuso fra i ferraristi che restano tiepidi – complice anche una narrazione non sempre serena dei fatti – di fronte alla prima vittoria in carriera di Carlos Sainz, quella ancora fresca di Silverstone. Sì, perché mentre quello esultava i loro occhi erano puntati soprattutto sull’amarezza di Charles che quel successo l’avrebbe portato a casa senza la safety car e senza una strategia un po’ così. Non siamo ancora al “domenica c’è Leclerc” sulla falsariga del “domenica c’è Valentino”, quando ci si dava appuntamento per la sfida della MotoGP dell’era Rossi. Epperò ci siamo molto vicini. In ogni caso, Leclerc o Sainz, il trionfo resta sempre il trionfo. Nessun ferrarista sano si sarebbe sognato di dire che aveva vinto la Ferrari sbagliata (e purtroppo qualche titolo sciocco come questo è uscito), però la classifica del cuore è a doppia velocità. E un po’ dispiace per Carlos, che è comunque pilota di razza.

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