La Ferrari tenta il tutto per tutto e si prende un bel podio, ma non basta per fermare Max Verstappen, giunto al record assoluto di vittorie consecutive; respira l'Alfa Romeo-Sauber
Esce dall'abitacolo, sale sul muso della vettura e saluta muovendo le mani. Aggiungendo, ad ogni domenica, un dito in più. Ora che le vittorie di fila sono dieci, non lo potrà più fare a partire da Singapore, nel caso dovesse vincere ancora. Perché adesso, a Max Verstappen, le dita non bastano più: ha fatto dieci di fila, come ha ricordato anche a Monza. Ed a Singapore, dovesse fare centro di nuovo, dovrà inventarsi un nuovo modo di esultare.
Max Verstappen non è tipo da festeggiamenti preparati a tavolino, da esultanze studiate. Sebastian Vettel, l'uomo a cui ha tolto il record di successi consecutivi (dieci, appunto), nella sua era Red Bull esultava sempre con l'indice alzato; Max invece questa cosa delle dita sventolate l'ha praticamente improvvisata, a mano a mano che i successi consecutivi aumentavano. Dopo Zandvoort c'era sempre un dito a disposizione, da Monza in poi non ne avrà più. Altro segnale, questo, di una stagione che riconosce un solo padrone.
Quanto fossero diverse Zandvoort e Monza lo ha fatto capire la Ferrari, con una prestazione agli antipodi. Ma davanti ci sono sempre loro, la RB19 e Max Verstappen: il divario dal primo inseguitore più variare, ma non l'esito della gara. Questa Red Bull è un gioiello di quelli rari: dominare sempre e comunque, in ogni pista ed in ogni condizione, è un indice di grandezza fuori scala. Questa RB19 fa come il suo cavaliere, Max: riesce sempre a dare il 100%. Lo diceva anche Perez nel giovedì di Monza: “Max sta correndo ad un livello estremo, riesce sempre a tirare fuori il 100% da sé stesso e la vettura e per un compagno di squadra non è facile”.
Già, non è facile. Ma non solo per Checo, che sta condividendo la stessa sorta di altri numeri due del passato, quelli che magari avevano la monoposto giusta ma il compagno di squadra sbagliato. Max sa ottimizzare tutto, anche una monoposto pensata esclusivamente per la gara e portata, alla fine, a soli 13 millesimi dalla pole position. Ha trovato il dono della pazienza, Max, che per un pilota con la sua indole è una dote più difficile da trovare della velocità pura. Perché uno così ad andar forte ha imparato subito, sin da quando era un ragazzino; è stato capire quando serve tirare fuori quella velocità e quando no, il difficile. Lo hanno aiutato le ramanzine di Horner e Marko in una Montecarlo di cinque anni fa, un vero spartiacque tra il vecchio e nuovo Max, che nel frattempo si è affinato anche sotto altri aspetti. La calma olimpica di Monza è la cartolina di una maturazione ormai completata: ha studiato Sainz nei primi giri, ha detto al box di rimanere calmi perché la Ferrari già scivolava sul posteriore. Si è fatto vedere all'esterno della Prima Variante, solo per ricordare che lui c'era. Ed al primo mezzo bloccaggio di Carlitos è passato: da lì, non c'è stata più storia.
Ha vinto con appena 6”064 di margine su Perez, pochissimi, perché sul finale ha avuto un imprecisato problema tecnico (ha lasciato 2” solo nell'ultimo giro) per il quale ha preferito rallentare. Non se ne è accorto nessuno, visto il margine che aveva, ed è un'altra pessima notizia per gli avversari. E' stato interprete perfetto anche in questo caso, Max, dopo aver fatto tutto quello che doveva con una Red Bull settata e pensate per la corsa, dove alla distanza, e con l'asfalto così caldo, la gestione della gomma ha fatto tanta differenza. Sacrificando qualcosa sul dritto, il team di Milton Keynes si è garantito la superiorità alle Lesmo, alla Ascari, alla Parabolica Alboreto e soprattutto sulla gestione delle gomme. Un'arma praticamente infallibile, se riesci a contenere il ritardo sul dritto. E' la magnifica abitudine di questa Red Bull e di questo Max Verstappen: su ogni pista, possono fare praticamente ciò che vogliono.
Verstappen: "Ferrari velocissima sul dritto, vittoria non così facile"
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