Non sorprende la vittoria di Verstappen, ormai sempre più cacciatore di record, e nemmeno la conferma della McLaren: fa discutere invece la domenica nemmeno iniziata di Leclerc, in una giornata da incubo per lui ma anche per la Mercedes
Sono francamente finiti gli aggettivi, le frasi ad effetto, le espressioni di magnificazione. E' finito tutto perché lui, Max, si è fagogitato tutto quanto in una stagione di dominio. Affamato tendente al bulimico, vincente fino a diventare noioso, per tutti e forse anche un po' per lui, se è vero che ogni team radio dopo la bandiera a scacchi sta diventando una pacca sulla spalla e niente più, gentilmente ricambiato da Lambiase. Ma il tedio di una corsa dominata, l'ennesima di un campionato da record, non può essergli rinfacciato come colpa: quando uno vince, vince. E quando domina come sta facendo lui, non si può fare altro che togliersi il cappello. Perché l'errore più grande sta nel banalizzare le vittorie.
E' uno che non dimentica, Max Verstappen. A Suzuka, dopo il passo falso di Singapore, è partito sin dal giro 1 delle libere con la chiara idea di non fare prigionieri. Del Brasile, invece, Max conservava l'amaro ricordo di un'edizione 2022 andata così così: non vinse, fece a ruotate con Hamilton (l'ultima ruotata che i due hanno potuto scambiarsi, causa differenza prestazionale di vetture), non dette strada a Perez per la piazza d'onore tra i piloti, difendendo un anonimo 6° posto a titolo vinto anche a costo di passare per antipatico. E quindi, Max Verstappen in Brasile voleva vincere, per togliere dalla mente l'edizione 2022 e anche la 2021, quella in cui Hamilton portò a casa una rimonta sensazionale battendo, per ultimo, proprio lui. In Brasile Max voleva vincere ed ha vinto, e non solo per fare contenta Kelly, che in Brasile ha vissuto per qualche tempo da ragazzina, oltre ad essere la terra nativa di papà Nelson Piquet.
Sui contenuti tecnici e sugli spunti agonistici, questa è una vittoria come un'altra. La Red Bull non si è fatta sorprendere come 12 mesi fa, dimostrandosi una squadra che vince sempre sì, ma che sa far tesoro delle (poche) sconfitte. Ad Interlagos, nel 2022, avevano sbagliato assetto e l'avevano pagata cara: quest'anno invece la RB19 è andata benissimo sin da subito, con una certa sicurezza da parte del team, che in FP1 ha addirittura accettato di girare solo sulla mescola dura (poi nemmeno più usata nel resto del weekend) pur di tenersi tutte le altre gomme. Come assetto, la Red Bull ha preferito andare leggermente più carica dal punto di vista aerodinamico rispetto ad altre volte, trovando come sempre il compromesso migliore tra velocità e carico, grazie a quella “coperta” lunghissima che è la RB19. Stavolta non ci sono stati né problemi di assetto né tantomeno di usura, come si è visto bene pure nella sprint, ed in gara la sensazione è stata quella di un Verstappen in controllo, che appena ha voluto ha cacciato fuori dalla zona Drs Norris nei primissimi giri per poi impostare il ritmo a piacimento, mantenendo Lando sempre a distanza di sicurezza. Lo stint più lungo è stato quello centrale con gomma media, di 29 giri: quello più lungo e non a caso quello che Max ha definito come decisivo per la vittoria, perché nessuno, a lungo andare, riesce ad avere prestazione con gomma usata come la Red Bull, nemmeno un'ottima McLaren, chiaramente seconda forza a San Paolo.
Più che i distacchi, i tempi o i modi, sono i numeri piuttosto a fare sempre più paura. Con la vittoria di Interlagos Verstappen è salito a 17 vittorie stagionali, ritoccando il primato di 16 successi in un anno stabilito appena una settimana fa in Messico, e con il podio numero 19 del campionato ha fissato pure il record del maggior numero di podi in una singola stagione, migliorando il proprio primato del 2022, quando si era fermato a 18 podi. Il dominio di queste due stagioni è stato talmente netto che, con 32 vittorie colte da inizio 2022 ad oggi, in un biennio Max è riuscito ad ottenere lo stesso numero di successi che Fernando Alonso ha conquistato in una carriera intera. Alonso, non uno qualunque. E poi, un altro dato che ha del clamoroso: l'olandese ha appena disintegrato un record che resisteva addirittura dal 1952, quello di Alberto Ascari. L'italiano 71 anni fa aveva fissato, con le sue 6 affermazioni in 8 gare (tante erano nel 1952), un primato che pareva irraggiungibile, ovvero aveva portato a casa il 75% delle gare in calendario. Nemmeno Schumacher, ad esempio, era riuscito a battere questo record, fermandosi al 72,22% del 2004 (13 vittorie su 18). Verstappen invece, con 17 vittorie su 20, ha l'incredibile percentuale dell'85% di successi in un solo anno: e se anche non vincesse né a Las Vegas né ad Abu Dhabi, si fermerebbe comunque a 17 trionfi su 22 round, pari al 77,27%. La superiorità di Verstappen nel 2023, insomma, è stata talmente schiacciante da cancellare anche uno dei record più simbolici dell'era eroica della F1. Dominare, oggi come allora, ha sempre il suo perché.
Verstappen: "Gestione ok, forti nello stint centrale"
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