Addio Pu Renault: smacco alla storia, perché in F1 conta "esserci"

Addio Pu Renault: smacco alla storia, perché in F1 conta "esserci"© Getty Images

Nel 2026 le Pu Renault usciranno di scena: una scelta principalmente economica, per un gruppo che non ha mai chiuso il gap prestazionale e che da anni non può più contare su un cliente

01.10.2024 12:33

Tra un anno e poco più, l'alfabeto della griglia dei motoristi nella F1 2026 reciterà così: A di Audi, F di Ferrari, F di Ford (più che altro un "adesivo" da mettere su motori sviluppati in tutto e per tutto da Red Bull Powertrains, salvo fatta una collaborazione sulla parte elettrica), H di Honda, M di Mercedes. C'è un buco, che riguarda la R di Renault: un buco che resterà vuoto, dopo la decisione dei francesi di chiudere i battenti sul fronte della Formula 1.

Renault, rincorsa prestazionale mai compiuta

Il gruppo francese resterà con la titolazione di Alpine, la quale verrà motorizzata molto probabilmente dalla Mercedes. Una decisione forte, impopolare e per questo non priva di critiche: significa tagliare un pezzo di storia e mettere a rischio posti di lavoro, anche se a Viry-Chatillon arrivano rassicurazioni sul fatto che gli impiegati verranno dirottati su altri progetti, senza alcun licenziamento. Ma resta un sottofondo di rammarico, di dispiacere per una storia che nell'era ibrida non è mai e poi mai decollata: e l'affannosa rincorsa al vertice prestazionale, mai veramente compiuta da parte di Renault dal 2014 ad oggi, si consumerà 12 stagioni più tardi. Le logiche, comunque, seppur possano apparire non condivisibili, sono chiare.

La figura di Flavio Briatore è stata richiamata innanzitutto per condurre l'Alpine in una nuova dimensione: da scuderia ufficiale, che si fa macchina e motore in proprio, a squadra cliente. Una rottura totale con il passato, uno smacco alla storia: nelle sue tre apparizioni in F1 (dal 1977 al 1985, dal 2002 al 2011 e poi ancora dal 2016 ad oggi), il gruppo Renault non aveva mai corso con un propulsore non sviluppato in proprio. Scelta dei tempi che cambiano e di una realtà difficile, un'accettazione della situazione attuale che sa molto di ammissione di manifesta inferiorità. E proprio questa inferiorità prestazionale, riconosciuta non solo dai diretti interessati ma anche dalla concorrenza, è alla base di una scelta che non trascende, tuttavia, ragioni puramente economiche. Una decisione impopolare appunto, ma evidentemente da prendere secondo i vertici francesi: e ci è voluto il cinismo di Flavio Briatore per attuarla. 

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