Dopo 12 stagioni, si chiude l'epopea di Lewis Hamilton e la Mercedes: il futuro parla italiano ma il passato non si dimentica, perché da talento inquieto che era, a Brackley Hammer si preso l'Olimpo della F1
Dimostrare non gli dimostra, eppure Lewis Hamilton tra meno di un mese compirà 40 anni. Non gli dimostra nel fisico e nemmeno nell'animo, preso com'è a sentirsi giovane, senza una famiglia costruita ma circondato d'amicizie d'alto bordo, viaggi in America, frequentazioni da vip.
Non li dimostra ma il tempo passa per tutti, ed a quel punto puoi fare due cose, contro il tempo: o lo accetti, o lo sfidi. Lewis Hamilton ha deciso per la seconda opzione, e lo ha deciso all'incirca un anno fa, quando ha stabilito di chiudere la sua epopea con la Mercedes per abbracciare, con pro e contro, l'avventura alla Ferrari.
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Sembrava fuori tempo massimo per uno sbarco a lungo sognato, da lui e dai suoi tifosi, a Maranello. Non ci credeva più nessuno, e invece si vestirà di Rosso non appena toccati gli "anta". Prima però c'era da chiudere una porta non facile da chiudere, perché anche se i giorni felici erano ormai memoria vecchia di tre o quattro anni, 12 stagioni insieme non si dimenticano, soprattutto se sei stato quello che sono stati Lewis Hamilton e la Mercedes insieme. Numeri alla mano, sono stati la coppia più vincente di sempre, riscrivendo tutti i record di "coppia": con la Stella Hammer è stato il pilota in grado di vincere più titoli e più gare, nonché di fare più pole, podi e giri veloci con lo stesso costruttore. Insieme hanno corso 246 volte: nessuno è mai stato insieme così a lungo.
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Da ragazzo inquieto, ribelle per certi versi, Lewis Hamilton con la Mercedes è diventato uomo. Il ragazzo di 27 anni, quasi 28, che aveva lasciato Woking, era un ragazzo che da un certo punto di vista non aveva ancora trovato il suo centro di gravità permanente, non aveva ancora trovato un suo equilibrio esistenziale. Vincere aveva già vinto, veloce si era dimostrato veloce, il talento si era visto quanto fosse cristallino; tuttavia l'Hamilton della McLaren talvolta inciampava in errori sconcertanti in relazione al talento, perdendosi in stupidaggini comportamentali come la telemetria postata e poi tolta su un social dopo un'arrabbiatura verso il team ed il suo compagno di squadra di allora, Jenson Button. Se non era autolesionismo poco ci mancava, ma poi andava in pista e dimostrava di essere, in piena contraddizione con quanto magari fatto il giorno prima, quel talento che abbiamo capito fosse sin dal giorno uno del suo debutto nel Circus. La McLaren che lasciò, del resto, non era neanche più la "sua" McLaren: Dennis si era fatto da parte e lui, Lewis, aveva fatto di tutto per togliersi di dosso quella presenza fissa ed anche un po' ingombrante che stava diventando papà Anthony a carriera ormai brillantemente avviata. Anthony è sempre rimasto al suo fianco, ma da allora in maniera un po' più distante, lasciando al ragazzo lo spazio per compiere le sue scelte ed i suoi errori.
La sua scelta fu alla fine più che azzeccata. Sembrava un salto nel buio, quando scelse la Mercedes alla fine del 2012; si rivelò una mossa brillantissima poi, quando dopo un anno di pazienza (il 2013), Hammer si ritrovò tra le mani la sola macchina che un pilota potesse desiderare quell'anno (e non solo quell'anno). Con la Stella è diventato grande, battendo un primato dopo l'altro e prendendosi, di forza, l'Olimpo dei grandissimi della Formula 1. Ha portato a casa sei titoli (che fanno sette con quello colto in McLaren), ne ha persi un paio ma soprattutto ha trovato la sua dimensione, non solo professionale (gigantesca) ma pure quella esistenziale. L'equilibrio in pista glielo ha fatto trovare Niki Lauda, l'uomo che più di tutti si è dato da fare per portarlo a Brackley: Niki a Lewis ha insegnato ad essere paziente in gara, a mantenere la calma quando gli episodi vanno a sfavore, a ragionare più sul lungo termine. Tutte cose di cui Niki era maestro e di cui anche Lewis è diventato maestro, perché a Brackley la velocità istintiva dei primi anni è stata incanalata verso un maggior raziocinio agonistico ed una condotta di gara più redditizia in tema di macchine e gomme, senza per questo perdere la velocità. Da campione che era, Lewis è diventato il riferimento: prossimo ai 40 anni, non è detto che sia ancora così, ma intanto lui ha scritto la storia che gli altri, per ora, possono solo leggere.
Toto Wolff "tiferà" Hamilton nel 2025
Il casco tutto rosso usato in memoria di Niki, con il quale vinse a Montecarlo 2019, oggi ce lo ha Toto Wolff. L'uomo che ha gestito le esuberanze di Lewis nei primi screzi con Rosberg, che lo ha trattenuto dopo il titolo vinto di Rosberg, che lo ha messo al centro di tutto dopo l'addio di Rosberg. A Lewis hanno lasciato carta bianca sulla vita privata, consentendogli viaggi e vacanze ogni volta che lo richiedesse; in cambio, lui ha dato tutto in pista facendo incetta di successi. La squadra, non bisogna mai dimenticarlo, è stata primaria per raggiungere certe vittorie: Lewis è stato strumento di lusso per condurre in porto una superiorità che anche lui, per mentalità, ha contribuito a creare. Dopo Abu Dhabi, dopo le carezze alla W15 e dopo gli occhi lucidi dell'addio, Toto Wolff gli ha mandato un messaggio vocale che gli resterà per sempre nella memoria del telefono e pure in quella cerebrale. Perché 12 anni così non si dimenticano, anche se per il futuro è già previsto un cambio di colore.
GP: 246
Vittorie: 84
Pole position: 78
Podi: 153
Giri veloci: 55
Titoli: 6 (2014, 2015, 2017, 2018, 2019, 2020)
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