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L'Ajax di cinque decadi fa e questa Red Bull hanno in comune una serie di successi incredibili, ma pure una dispora generale: Johan Cruijff fu la pedina che fece crollare tutto, ed in questo il parallelo funziona molto più con Adrian Newey piuttosto che con Max Verstappen
18 dic 2024
C'è un'immagine che vale un po' come un passaggio di consegne. Il luogo è Barcellona, un posto che sarà speciale per tutti e due. Un giovanissimo Max Verstappen, ancora con indumenti firmati Toro Rosso, parlotta nientemeno che con Johan Cruijff, star mondiale del calcio e idolo degli sportivi olandesi. Siamo all'alba della stagione di F1 2016, e Johan ci ha tenuto ad andare ad incontrare Max. Sapeva di avere poco tempo a disposizione, e Max questo non lo ha dimenticato.
Per entrambi, la vita sarebbe cambiata di lì a poco. Anzi, la vita di Johan sarebbe terminata: il triplice fischio sarebbe arrivato il 24 marzo 2016, poche settimane dopo quell'incontro. Johan, al momento di conoscere Max, era ovviamente già malato, e Max più avanti racconterà di aver apprezzato il gesto: Johan aveva poco tempo ancora da vivere, ma una piccola parte di quel tempo così prezioso scelse di dedicarlo a quello che, insieme a lui, sarebbe diventato il più grande sportivo olandese di tutti i tempi. Di lì a poco, invece, sarebbe cambiata anche la vita di Max Verstappen: quattro gare con la Toro Rosso, poi la promozione in Red Bull e vittoria al primo colpo. Proprio su quella pista, proprio al debutto, proprio a Barcellona: Verstappen non ha mai pensato che sia stato un caso.
A Barcellona l'epopea di Max Verstappen è in qualche modo partita, quella di Johan Cruijff si è in qualche modo intensificata, anche se non soprattutto con l'esperienza da allenatore. Solo che fu proprio Barcellona, il motivo della fine di una delle squadre più incredibili di sempre nel mondo del calcio, ovvero l'Ajax di Johan Cruijff di inizio anni '70: e qui, Johan Cruijff e Max Verstappen stanno su rette opposte.
L'Ajax del 1974 è un po' la Red Bull 2024, 50 anni dopo. Ovvero, una squadra apparentemente imbattibile, che si riscopre suo malgrado protagonista di una diaspora senza precedenti. Con un passo indietro da fare: l'Ajax del 1973, così come la Red Bull 2023, sono due squadre apparentemente imbattibili, che vanno a caccia di vittorie e record. L'idea di invincibilità che trasmettono fa sì che possa esserci un unico, vero avversario: loro stesse. Ed è un po' quello che ci sta raccontando la storia, perché dopo la grande cavalcata arrivano problemi inattesi, abbastanza grossi da mettere in dubbio il prosieguo del ciclo. L'Ajax del 1973 conclude un triennio di vittorie in Coppa dei Campioni, è regina indiscussa in Olanda ed è apprezzata in tutto il mondo per l'impatto rivoluzionario che ha avuto nel gioco. Nel 2023, la Red Bull un po' le assomiglia: come l'Ajax di cinque decadi prima si riconosce nel suo fenomeno (rispettivamente Max Verstappen e Johan Cruijff), vince da tre anni, domina la scena e tutto intorno a lei gli avversari non possono fare altro che inchinarsi. Per tutte e due, il demone che complica i piani arriva da dentro: in quell'Ajax, nella votazione di inizio stagione occorsa nell'estate 1973, la squadra incredibilmente vota come capitano Piet Keizer. Per Cruijff, è un'onta: le sirene del Barcellona erano già forti, quel gesto non fa altro che accelerare un divorzio che in realtà Johan aveva in mente da tempo.
Nella Red Bull di fine 2023, invece, non sappiamo esattamente cosa sia successo. Ma di sicuro qualcosa è successo, e qui Johan Cruijff si identifica più in Adrian Newey piuttosto che in Max Verstappen. Perché nel tumulto interno, sarà proprio Adrian il primo a staccarsi dall'invincibile armata: come con Cruijff, partirà una specie di diaspora. L'Ajax del 1974 vince una Supercoppa Europea asfaltando il Milan, la Red Bull del 2024 vince il titolo Piloti quasi d'inerzia e con la classe di Veestappen. Ma il giocattolo si è rotto e la squadra non è più la stessa: da quell'Ajax, proprio sulla scia di Cruijff, andranno via ad uno ad uno tutti i grandi campioni, da questa Red Bull se ne sono già andati Newey, Jonathan Wheatley (direttore sportivo), Will Courtenay (ex capo strategie al pari di Hannah Schmitz) ed il capo meccanico di Verstappen Lee Stevenson. Situazioni parallele che fanno pensare ad un ciclo che termina ed un altro che comincia: la grande differenza, è che l'olandese numero 1 è rimasto, anziché dare il via alla diaspora. Almeno per ora.
E' qui che il parallelo tra Max Verstappen e Johan Cruijff, per ora, si inceppa. Perché Johan in quell'Ajax è stato l'uomo che ha dato il via alla fuga generale, Max invece è rimasto quando tutto intorno il desiderio di lasciare era forte. La lezione, dunque, è più per le rispettive squadre, piuttosto che per i singoli: l'Ajax ci mise quattro anni a rivincere un titolo olandese e oltre 20 per tornare sul tetto d'Europa, per la Red Bull invece il futuro è adesso, e solo la storia ci dirà se l'esodo è stato metabolizzato meglio o no. Da Milton Keynes se n'è andato il Cruijff del tecnigrafo, Adrian Newey, ma è rimasto il Cruijff del volante, Max Verstappen: non una cosa da poco. Un viaggio indietro nel tempo, e trasversale nello sport, che ci insegna come a volte è bene guardarsi da tutti, ma soprattutto da se stessi.
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