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C’era una volta il mercatone piloti top

E invece adesso in F.1 girano solo i Team Principal

C’era una volta il mercatone piloti top

Mario DonniniMario Donnini

20 dic 2022 (Aggiornato alle 09:57)

C’era una volta il mercato piloti, la fiera dei grandi, l’asta dei sogni della F.1. Con i top driver contendenti in pista e contesi fuori, all’interno di contrattazioni frenetiche tra i mezzi del paddock, in un perenne corteggiamento di questo e quello da parte di uno o l’altro dei top team, a partire dalla prima gara dell’anno. I giornalisti s’accapigliavano per capire i colpi del mercato e le testate andavano pazze per strillare il colpo del mese, con la stagione dei botti che iniziava in estate culminando a Monza, tra un annuncio e l’altro. Contratti di regola brevi, medi, ma non lunghissimi, per i supercampioni. Situazioni flessibili e panorami plastici, anzi, quasi di pongo. Ora no. Anzi, da mo’. I top team blindano i top driver con contratti quasi a vita, mentre i soli ad essere ballerini paiono i secondi piloti, perché, se non si rassegnano e diventano scomodi, sono tra i pochi a rischiare di andarsene.

I colpetti di mercato

Certo, colpettini se ne sono visti: DeVries all’AlphaTauri, Hulkenberg alla Haas, Gasly alla Alpine, Alonso all’Aston Martin, Piastri alla McLaren e Sargeant alla Williams, ma alzi la mano chi si è emozionato. Tutto il resto diventa praticamente immutabile, con gli stessi tecnici, i geni, quelli apicali, quasi marmorizzati. Semmai, è possibile un certo flusso soprattutto dai team satellite alle Case madri o viceversa.

Il mercato lo si fa sui team principal

E allora ecco che il vero terreno fertile del neomercato è quello dei Team Principal e dei Gran Premi. Quelli sì possono cambiare, di anno in anno. Perché i primi dipendono dai risultati e i secondi dai soldi che fanno girare. Così si assiste a un avvio di 2023 con quattro squadre su dieci, Ferrari, Sauber, Williams e McLaren, che mutano vertice gestionale-esecutivo e un calendario in grande ebollizione, con Las Vegas annunciato come evento dell’anno e una fila di location nobili e straricche candidate a entrare, prima o poi o forse mai. Piuttosto, il mercatino dei terzi piloti, quelli che non corrono mai, i friday driver, coloro che si mettono giusto una giacca a vento griffata, limitandosi tutt’al più a maratone al simulatore o a un test Gp di venerdì, ecco, quello sì, va alla stragrande. Perché tra grandi speranze, grandi paganti e grandi signori nessuno, c’è il pigia pigia per entrare e uscire, come in discoteca dopo mezzanotte. Questa è la realtà di oggi.

Nessun rimpianto

Rimpianti? Nostalgie? Senso di smarrimento? Ma anche no. Solo un pizzico di realismo. Il dovere è sempre quello di analizzare e capire, non di sputare sentenze. Di certo, in senso globale, se una volta il mercato della F.1, un po’ come quello del calcio, era l’epicentro di colpi sensazionali e meravigliosi sogni ad occhi aperti che a volte si trasformavano in realtà, adesso sembra tanto l’interscambio tra teste d’uovo e impiegati di prima classe all’interno di corporation fredde, voraci e dai vetri ambrati. Avanti così e poi vedremo. Da qui ai primi test in Bahrain dal 23 al 25 febbraio sarà solo attesa & vernissage, perché pure i motori, tacciono, nell’inverno nucleare del Circus.

Buon divertimento.

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