Autosprint

Questo mondo ha bisogno di veri Eroi!

La riscoperta di Stewart, Montezemolo, Schumi, Senna e Patrese
Questo mondo ha bisogno di veri Eroi!

Mario DonniniMario Donnini

23 apr 2025

C’è una cosa che questa Formula Uno d’oggi superdanarosa, esclusiva ed esclusivista, lussuosa e lussata non avrà mai e non potrà mai comperare e acquisire all’incanto, ed è l’identità. La tradizione. Il valore dei valori.

Per esempio Jackie Stewart, classe ’39, tricampione del mondo, il più anziano degli iridati viventi che gira in Bahrain, al volante della Tyrrell 006 con cui colse l’ultimo mondiale.

Per esempio Luca Cordero di Montezemolo che, stessa sabbia stesso deserto, torna al paddock da superstar dopo una vita altrove, a soffrir le pene d’amor perduto per una Ferrari in cerca di identità non meno della Formula Uno tutta.

Per esempio Bruno Senna, che mentre questa copia di Autosprint parte per le edicole onora lo zio Ayrton a bordo della Lotus con cui all’Estoril, in un pomeriggio di pioggia, colse la prima vittoria in F.1, autorisarcendosi e facendoci felici dopo lo scippo by Prost subìto a Monaco 1984, con la Toleman.

Tutto questo mentre Patrese, a Imola, nel weekend del Wec, per due ore incanta il numeroso pubblico al teatro comunale, parlando, pensa te, di F.1 degli Anni ’70, di Senna, di Williams e di Gordon Murray, oltre che di Patrick Head.

Non chiamatela nostalgia

No, non chiamatela nostalgia, per carità, che qui di vecchi dal lacrima facile e dal catetere schioccante proprio non ce ne sono.

Zero reducismo, nessun passatismo, veruno impeto a guardare indietro per non pensare al domani, ma solo diversi episodi coincidenti e non casuali che sanno di riscoperta di valori condivisi, di guerre e imprese condotte in porto. Di vittorie ma anche di sfide perse, di pura umanità che torna in campo per combattere altre battaglie o per onorare chi non c’è più e sempre ci sarà.

Stewart si batte contro la demenza senile, avendo una moglie, la dolcissima Helen, sofferente ma amatissima e accudita. Montezemolo è la star di ritorno, il faro tale e quale di un’era bella e possibile che solo a vederlo fa sentire Schumi ancor vicino e l’ennesima resurrezione Rossa dietro l’angolo, a patto d’ascoltarne i consigli.

Bruno Senna onora la persona più importante della sua vita e anche il pilota più compianto della nostra, mentre Riccardo Patrese scopre una nuova e inattesa dimensione, quella dell’affabulatore che affascina gli appassionati, ormai per sempre libero dall’introversione, dal carattere difficile e da un passato che ora si trasforma in presente dolce, fatto di squisita condivisione con gli appassionati.

Son tutti segnali diversi tra loro, ma caldi e per certi versi coincidenti, balenanti e indicativi.

Di cosa? Lo dico? Forse, subliminalmente stanno a significare che non se ne può più di una F.1 d’oggi che al 30% parla di soldi e di calendari e al restante 70% disquisisce di gomme e mescole (senza colpe della Pirelli).

Fateci caso: soldi, aste toste, nuovi Gp, tattiche, rosse, gialle, bianche, nuove, usate, hard, soft, medium, mentre di umanità e di Umanesimo, di sport, di agonismo, di storie e di valori, oltre che di imprese, ormai non si parla quasi più.

Abolito il rischio, raggiunta la sicurezza accettabile, trovata la ricchezza per tutti, questa F.1 è talmente perfetta e precisa da fare a volte tristezza. A differenza di cinquanta anni fa, ha un’esposizione mediatica massima, totale, indiscriminata, ma in realtà ha pochissime cose da dire e da dare.

Così si parla di gomme e calendari, di politica e cavolate, mentre l’Uomo resta nell’ombra.

Peggio. A volte manco c’è più, perché questo sembra diventato uno Sport per ragazzi, tipo la Play.

Il ritorno agli eroi del passato

E allora per godere, per ricordarci d’essere uomini e non caporali, ci rituffiamo su Stewart, Schumi, Montezemolo, su una Lotus nero e oro, sui racconti di Riccardo e su chissà che, da domani in poi.

Perché c’è una cosa che il petrolio degli sciecchi non potrà mai comperare e ricreare ed è la poesia della Formula Uno che è stata.

La disciplina sportivamente più umanistica di tutti. Con l’uomo al centro della sua cosmogonia e piloti che sembravano Maestri di Vita, oltre che sfidanti quotidiani di sorella Morte.

Per questo i recenti casi di razze e civiltà in via di riapparizione nel paddock dells F.1 e delle corse maestre niente hanno a che vedere col semplice rimpianto del passato, ma denunciano un’urgenza importante, l’emergenza di valori e valore, esigenza di cose fondanti in campo, accanto alle mescole C2, C3, C4 e Ci avete stufato.

Perché la F.1 che parla troppo di gomme rischia anche d’avere uomini troppo di gomma. E la sola apparizione di uno, due, tre, quattro personaggi caldi e veri ce ne fa sentire l’allarmante differenza.

Continui pure a cercare guadagni faraonici e nuovi teatri sfolgoranti, la F.1 d’oggi, ma abbia la dignità e il coraggio di riscoprire l’Uomo, parlando meno di caucciù e petroldollari.

Basta simulatori dell’umanità che vorrebbero sostituire senza riuscirci gli eroi in carne e ossa, così come schermi e cifre hanno surrogato l’esperienza in pista. Per cortesia, meno sciarade di mescole e dateci più show, di pura, vera, salutare umanità.

 

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