Perché nessuno vuole più Alonso in Formula 1?

Perché nessuno vuole più Alonso in Formula 1?©  sutton-images.com

Nando cerca l'impresa storica a Le Mans ma baratterebbe la vittoria sulla Sarthe per una monoposto competitiva in Formula 1. Ma il suo credito tra i team pare essersi esaurito....

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Alberto Sabbatini

14.06.2018 12:09

Visto che è il week end della grande impresa di Alonso, parliamo di Fernando. Ma non per il potenziale successo a Le Mans. Affrontiamo invece la sua parabola discendente nei GP. Vi siete chiesti perché nessuno vuole più Alonso in Formula Uno? Considerato tuttora, a 36 anni suonati e 300 GP F1 sulle spalle, uno dei tre/quattro migliori piloti al mondo in attività, è curioso notare che abbia infinitamente più estimatori tra i tifosi che non fra i team principal e i suoi colleghi. 

Eppure non c’è GP in cui non venga sottolineato quanto Fernando ci metta del suo per rendere competitiva una McLaren che non lo è affatto. Andate a vedere dov’è piazzato nella classifica del mondiale Piloti F1 dopo 7 gare: tolti i soliti top 6 che guidano le macchine super-competitive (Vettel, Hamilton, Bottas, Ricciardo, Raikkonen, Verstappen) il primo dietro di loro è proprio Alonso. Settimo assoluto con 32 punti. Con una McLaren che non soltanto è ridicolmente più lenta di Ferrari, Mercedes e Red Bull. Ma è anche drammaticamente inferiore a Renault, Force India e Haas.

Eppure Alonso è lì: il “primo degli altri”. Dei 40 punti raccolti complessivamente dalla McLaren in queste prime 7 corse del 2018, ben 32 li ha conquistati lui. La grande speranza Vandoorne, suo compagno di squadra, gli è sempre arrivato alle spalle in corsa. Mentre in qualifica Alonso gli ha rifilato un bel 7-0 nei piazzamenti. 

Nonostante sia indubbio che ci metta del suo per portare la McLaren più avanti in classifica rispetto al reale potenziale della macchina, Alonso al momento non ha futuro in Formula Uno. Triste dirlo ma è così. Non è un candidato per i top team. Nel giro vorticoso di nomi per il mercato piloti, dal potenziale sostituto di Bottas in Mercedes o di Raikkonen in Ferrari, fino al sedile che Ricciardo potrebbe lasciare libero in Red Bull, nessuno prende in considerazione il nome di Alonso. Tanto che Fernando il suo futuro agonistico se lo sta palesemente cercando fuori dai Gran Premi F1. 

Questa settimana Alonso tenterà di entrare nella storia cercando la vittoria alla 24 Ore di Le Mans. Nel 2019 tornerà al progetto IndyCar per inseguire con la McLaren la vittoria nella 500 Miglia di Indianapolis che gli era sfuggita nel 2017. Per togliersi così lo sfizio di ottenere un primato storico che non si ripete da 46 anni; se tutto va come dovrebbe, Alonso diventerà il secondo pilota nella storia delle corse ad essersi aggiudicato i tre più prestigiosi appuntamenti del motorsport: mondiale F1, 24 Ore di Le Mans e Indy500. Impresa riuscita finora a un pilota soltanto in cent’anni di motorsport: Graham Hill. Che vinse il mondiale F1 nel 1962 e 1968, Indy500 nel 1966 e la 24 Ore di Le Mans nel 1972. Altri ci sono andati vicino negli anni (Clark, Andretti e Jacques Villeneuve conquistarono F1 e Indy, ma non Le Mans; Foyt vinse Indy e Le Mans ma non il titolo F1). Nessuno però dopo Graham Hill ha ripetuto la storica tripletta - la triple crown come viene chiamata nell’ambiente - che è potenzialmente nelle mani di Alonso. 

Ma diciamoci la verità: se Fernando potesse, baratterebbe volentieri le vittorie a Le Mans e Indy per una F1 competitiva con cui inseguire il terzo o quarto titolo mondiale. Semplicemente, lui di mettere il sedere su una F1 vincente non ha più chances. Il progetto McLaren è palesemente naufragato; altri team disposti a offrirgli il volante di una monoposto top non ci sono. E qui torniamo al discorso iniziale: perché uno come Alonso, esperto, consistente, aggressivo in pista, tuttora velocissimo e dotato di una visione tattica di gara che nessun altro possiede, non riesce più a collocarsi in Formula Uno? La ritrosia degli altri piloti nei suoi confronti la posso anche capire: si potrebbe spiegare banalmente con la parola “gelosia”. Ma qui il problema non sono gli altri piloti. Sono i team principal che non lo vogliono. Io ne ho parlato con Toto Wolff nel corso di una recente intervista a tutto campo che gli ho fatto su Autosprint. E lui mi ha candidamente spiegato il motivo. Secondo Toto, Alonso da anni si è fatto terra bruciata attorno. È malvisto da tutti i team principal perché è considerato uno che spacca la squadra, crea polemiche e zizzanie, mette la gente una contro l’altro. Vuole comandare nei team imponendo le strategie e dettando le scelte. In una parola: tende ad andare oltre quello che è il semplice ruolo del pilota. Che nella visione idealistica di un team principal dovrebbe guidare veloce ma per il resto stare zitto e non pretendere di comandare perché non è il compito per cui viene pagato. 

Sempre Toto Wolff mi ha ricordato come Alonso si sia costruito questa fama di “spacca-spogliatoio” negli anni scorsi: ricordate i dispetti interni in McLaren nel 2007 e il divorzio al veleno che costarono il titolo al team inglese? O ancora le discussioni negli anni Ferrari dove voleva imporre lui i tecnici, magari accordandosi col presidente di turno e passando sopra le scelte del capo della squadra? A nessun team principal piace vedere messo in discussione il proprio ruolo di comando. Oppure patteggiare col pilota le gerarchie interne. Ve lo vedete Alonso in Red Bull con Verstappen che china supinamente il capo agli ordini di Marko che magari lo obbliga a prendersi il 50% della colpa di un incidente causato dall'emotività di Max come  accaduto col povero Ricciardo a Baku? O Fernando sentire Wolff via radio che ti ordina di far passare il compagno (come successe in Ungheria 2017) perché tu non sei riuscito ad attaccare Vettel?

Per questo Alonso non è più nel taccuino dei top team. Anche se oggi è cambiato, è più maturo e non si comporterebbe più così - parole di Toto Wolff - quelle macchie indelebili del suo passato ne hanno segnato l’immagine e nessuno vuole più rischiare di prendersi a mano una patata bollente che potrebbe far implodere la squadra

Eppure ogni tanto ci viene la malinconia a vedere un talento così cristallino, sprecato ad arrancare con una monoposto di bassa classifica come la McLaren. In una F1 ideale tutti i campioni più grandi dovrebbero stare sulle monoposto più competitive per esaltare lo spettacolo. Ve lo immaginate che meraviglia sarebbe un dream team tipo Verstappen-Alonso, tutto genio e sregolatezza da una parte, cervello, velocità e grinta dall’altra?  Da urlo. Oppure la riproposizione dieci anni dopo della supersquadra Hamilton-Alonso con la Mercedes attuale. Probabilmente soltanto Alonso a pari macchina con Lewis potrebbe spingere Hamilton fino al massimo limite fisico della sua velocità. Ma purtroppo i team principal a volte scelgono la confortante sicurezza dell'abitudinarietà. Anche a un team manager ambizioso come Toto Wolff fa più comodo l’idea di gestire un bravo ragazzo come Bottas, che va d’accordo con tutti e non crea preoccupazioni. Anche se poi le gare ogni tanto si perdono. 


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