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IndyCar: il bilancio della prima parte della stagione

Con la prima parte di stagione è tempo di verdetti. Analizziamo le prestazioni dei piloti e delle scuderie. Tra i top ci sarà anche Marcus Ericsson, pilota ex Alfa Romeo di F1?

IndyCar: il bilancio della prima parte della stagione

Marco CortesiMarco Cortesi

17 ago 2019

Chi sale e chi scende nell’IndyCar 2019? La serie sta per affrontare la parte decisiva della stagione con un gruppo di testa ricompattato dopo la gara di Mid-Ohio. Ciononostante, l’anno in corso ha emesso diversi verdetti, mentre altri protagonisti sono ancora in attesa di una svolta che metta il segno più alla loro partecipazione.

IndyCar: Newgarden la fa da padrone in Iowa

Newgarden-Rossi protagonisti primari

La prima certezza è che la quota americana della categoria è sempre più importante. Josef Newgarden e Alexander Rossi sono emersi come i due sfidanti più brillanti, e da giovani di buone promesse sono diventati solide realtà, anche se in IndyCar l’alternanza e la competitività impediscono di mettere a segno strisce di vittorie consecutive. Rossi e Newgarden sono degni rappresentanti di scuderie di punta come Team Penske e Andretti Autosport, impegnati a duellare per il titolo sulla falsariga di quello che facevano, ai tempi, i Rick Mears e gli Al Unser.

Non è un caso che entrambe le squadre abbiano pensato di “blindarli” con contratti a lungo termine. E l’IndyCar si frega le mani perché i talenti a stelle e strisce sono il primo “vettore” della crescita. Agli americani, si sa, più che vedere un bello spettacolo piace veder trionfare i propri colori. Non a caso, è già arrivato il nuovo rappresentante della stirpe, Colton Herta. A 18 anni, è diventato il più giovane vincitore di sempre nella categoria, nonostante una squadra dal budget abbastanza tirato. Con un buon talento, e le capacità di messa a punto tramandate dal padre Bryan, il suo futuro sembra assicurato tanto che lo stesso Roger Penske, dopo aver perso Rossi, avrebbe posato gli occhi su di lui.

Tutto sull'IndyCar 2019

Dixon la certezza, Rosenqvist rookie sui generis

In casa Ganassi continua invece a regnare l’internazionalità. Scott Dixon, a dispetto di inizi di stagione non facili e di qualche difficoltà a Indy, è sempre un fenomeno, massimizzando ogni elemento delle gare. Il neozelandese, classe 1980, eccelle in ogni settore: messa a punto, qualifica, partenze, giri di ingresso e uscita dai box, riduzione dei consumi. Per questo è indissolubilmente legato alla scuderia.

Con lui Felix Rosenqvist, che Dixon pare abbia fortemente voluto vedendo in lui grandi doti. Lo svedese sta scontando però non solo il fatto di essere un rookie, ma anche quello di debuttare con un top-team: al contrario dello stesso Herta e di tanti altri esordienti, che con squadre minore vivono sul “massimo risultato possibile”, lui è in una struttura che deve conquistare o comunque lottare per il successo in ogni gara. Dopo fortune altalenanti, a Mid-Ohio si è espresso col talento che gli era valso due vittorie a Macao ed il titolo europeo F3.

Pagenaud, Sato e Power alla rincorsa

Tra i “top” non si può non citare Simon Pagenaud. A dispetto della poca pubblicità rispetto a Newgarden, in casa Penske il successo principale - quello di Indy - l’ha portato lui, mentre, dall’altro lato del garage, Will Power è ricaduto in qualche errore gratuito di troppo, rispolverando delle brutte abitudini che, col passare degli anni, diventano ormai immancabili.

Errori che sono simili a quelli di Takuma Sato, che però, fatte le debite proporzioni in termini di vettura a disposizione, ha dalla sua una vittoria a Barber. In un lungo digiuno per il compagno Graham Rahal, è stato lui a dare gli unici successi 2018 e 2019 al Rahal-Letterman-Lanigan Racing. Segno che a ben oltre 40 anni la vita e la carriera non finiscono...

Ericsson impara, Ferrucci vuole riabilitarsi

Per un esperto che rimane sulla cresta dell’onda, ci sono altri debuttanti blasonati o quantomeno... conosciuti. C’è Marcus Ericsson. Il pilota ex Alfa Romeo F1 ha fatto suo un secondo posto come miglior risultato e anche sugli ovali, ha trovato in fretta la “quadratura”. Tuttavia, è tuttora lontano dal non far rimpiangere Robert Wickens, tra i migliori rookie della storia.

C’è poi il caso di Santino Ferrucci. Il pilota del Connecticut, arrivato in IndyCar dopo le grandi polemiche dovute ai misfatti in Formula 2, è stato protagonista di un processo di “ripulitura” in termini soprattutto di immagine, e ora sembra quasi il bravo ragazzo della situazione. A onore del vero, ha fatto diverse buone gare e non è troppo lontano dal caposquadra Sebastien Bourdais. Potrà rimanere a pieno titolo nella categoria?

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