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Formula 1: i ragazzi del muretto hanno stufato

Shanghai è il terzo Gp su tre in cui le tattiche decidono la gara. Ha davvero senso? Ma la F.1 non era un mondiale Piloti? O Costruttori? E a breve nascerà pure il titolo Tattici?

Formula 1: i ragazzi del muretto hanno stufato
© sutton-images.com

Mario DonniniMario Donnini

16 apr 2018 (Aggiornato il 17 apr 2018 alle 09:49)

Conti alla mano, a oggi tutto il mondiale di F.1 2018 è stato deciso quasi esclusivamente dai muretti. Ricordate, no? La Ferrari aveva ottenuto con Seb due trionfi con altrettante genialate tattiche - su una Virtual Safety in Australia e con una monososta a maratona finale sulle soft in Bahrain -. E, be’, anche in Cina il muretto stesso si è rivelato opportunisticamente e lucidissimamente determinante per le sorti del Gran Premio, ghermito a sorpresa da Ricciardo su Red Bull.

Basta approfittare di una Safety-Car dopo metà gara, causa l’harakiri Toro Rosso, spararsi un doppio-pit con gomma più prestazionale e tutti gli altri son fregati.

Poi, dei due messi bene, Ricciardo e Verstappen, quello con più classe e cervello va a vincere e l’altro, talentuosissimo ma ancora instabile e ingestibile, rovina tutto killerando corsa e weekend a Vettel, ma questa è un’altra storia. La sola del Gp che riguarda gli uomini.

Tutto il resto è tattica glaciale, pianificazione istantanea.

Semplicemente e genialmente, una F.1 tutta chiacchiere e distintivo.

Dai, tre su tre vinti di muretto - con tutto rispetto per la classe di Seb e Dan -, è un po’ troppo, neh.

Ormai, come in Coppa America, un valido stratega in plancia, capace d’approfittare d’un broncio del mare, vale quanto una gran barca dotata d’un ottimo skipper e questo la dice lunga sulla deriva cervellotica presa dal Circus.

Sia chiaro, non è mica una novità. Ormai è roba vecchia, voluta e subita da quel dì. Però, come in tutte le cose, c’è un limite e i Gp di questo inizio mondiale dimostrano che l’orlo l’è ben colmo e superato.

Fateci caso: ormai da un pezzo nessuno si pone più l’unica domanda che varrebbe la pena rivolgersi e cioè: adesso come adesso, chi è il pilota più forte?

Nessuno se la pone, perché non serve a niente rispondere.

E sta perdendo di popolarità perfino il quesito dei quesiti, che da ogni epoca posteriore al 1947 animava mondialmente tifosi, adetti e piloti, ossia questo: ma quanto va la Ferrari?

In questa modalità l’unico dubbio lecito è il seguente: il tattico della mia squadra preferita avrà digerito bene, stasera?

Di più. Se domani alle 14.10, momento del via, gli si ripropone la parmigiana, siamo spacciati.

Andiamo oltre. E se la fidanzata lo lascia via WhatsApp, manco andiamo a punti. Tanto chi guida, guida e la macchina come va, va.

Ormai in F.1 decide tutto l’intuizione da muretto.

Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione, diceva il Perozzi nel fim “Amici miei”, prima di un “colpo di genio” del Necchi, durante una zingarata.
Ecco nelle zingarate il genio è tutto, è bello, fa tanto ride, ma nei Gran Premi no, su, mica è la stessa cosa.

Vedete, fuor di metafora, in questa Formula Uno c’è proprio qualcosa che non va. Poi che questo mondiale lo vinca o lo perda la Ferrari o chicchessia, poco importa.

Plurimescole, Drs, pit-stop centrali, ansiogeni, estremi, tanto che al primo sensore che fa cilecca un meccanico si gioca tibia e perone.

O, alla Haas, addirittura il più bel duplice risultato della storia va a ramengo in Australia, perché una pistola a trapano fa le bizze e azzoppa due monoposto: bang-bang, cambiando a cascata tutto il destino della gara.

Sui meccanici, in questo momento, c’è più pressione che su piloti, team principal e progettisti. Ma stiamo scherzando? Dove stiamo andando, di preciso?

Il gioco, oltre che sterile, ridicolo e inappagante, sta diventando pure pericoloso e umanamente umiliante.

Tutto questo per aver messo al centro della faccenda gomme, plurimescole e pit-stop quali cardini della differenziazione artificiosa e artificiale di prestazioni e per garantire continui e finti rimescolamenti di carte, a fini di appetibilità televisiva.

Da qui, ovvio, chi gestisce questi meccanismi, cioè i tattici da muretto, diventano paradossalemnte più importanti di chi corre, gestisce o progetta monoposto. E con essi, con gli strateghi puri, vanno sotto pressione schiacciante i loro esecutivi più diretti, che non sono i campioni del volante, ma i meccanici.

Ciò è assurdo, folle, sterile e sportivamente inaccettabile.

Prima ancora di accapigliarsi per i motori 2021 o scannarsi per mezzo dollaro in più di premi Fom, tutti i Costruttori dovrebbero battersi belli compatti per far finire questo drammatico e sterile carnevale

La Formula Uno corre per scoprire qual è il pilota più bravo e, subordinatamente, il Costruttore pià forte. Punto.

Il resto, tutto il resto, deve contare, è importante, ma non può e non deve risultare  determinante. La miglior squadra non può essere e diventare tale perché vanta al muretto il più grande risolutore di sciarade da Settimana Enigmistica. O di seghe mentali racing oriented.

Abbasso il mondiale muretti.

Semmai, se proprio si vuole insistere sull’argomento, al limite, potremmo andare tutti ad Alassio, a tifare per Miss Muretto.

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