Con Vettel in testa, i top driver dimostrano di avere un'anima
Il giro più veloce indicativo e davvero memorabile nella settimana scorsa non è stato inanellato in pista a Barcellona, durante i primi test d’interstagione, ma fuori. A fermo. Laddove alcuni piloti hanno preso la parola, quand’anche la loro opinione non fosse fondamentale né spostasse nulla rispetto a quanto da poche ore aveva iniziato a scuotere il mondo intero, con il nuovo conflitto in atto. Eppure Sebastian Vettel non s’è impedito di dire che, a proposito della guerra appena divampata in Ucraina: "Per quanto mi riguarda, non andrò a correre in Russia. È sbagliato. Si tratta di una decisione tutta mia, in attesa che si sappia qualcosa di più a livello di autorità ufficiali. Mi dispiace per le persone innocenti che stanno perdendo la vita per ragioni stupide a causa di una leadership politica folle e questo basta a farmi ragionare e scegliere".
Non finisce qui, perché sulla sua scia ecco innestato a sopresa l’intervento lapidario ma esplicito del campione del mondo in carica Max Verstappen, il quale dice: "Quando un Paese è in guerra, non è giusto andare a correre lì". Severo ma chiaro, no? E poi arriva Lewis Hamilton, che nei social, come sempre, non si fa pregare, aggiungendo di suo: "Quando vediamo un’ingiustizia, è importante alzarci in piedi contro di essa – questo l’attacco del suo intervento su Instagram –: il mio cuore è con tutte quelle coraggiose persone dell’Ucraina che stanno affrontando un così terribile attacco semplicemente per aver scelto un futuro migliore. E sto con i tanti cittadini russi che si oppongono a questa violenza e chiedono la pace, spesso a rischio della loro stessa libertà. Per favore, state tutti al sicuro. Stiamo pregando per voi".
Non si tira indietro neppure Charles Leclerc: "Quello che sta succedendo in Ucraina – scrive – è incredibilmente triste e straziante. Vedere così tante persone innocenti patire questa situazione è orribile. La guerra non dovrebbe mai essere un’opzione. I miei pensieri sono tutti rivolti a coloro che stanno vivendo questa tragedia e prego affinché tutto questo termini il prima possibile". E tantomeno tace Carlos Sainz: "Con tutto quello che sta succedendo in Ucraina, personalmente avrei difficoltà a prendere un aereo e andare in un Paese che si trova in guerra". Lo stesso Pierre Gasly ci va giù duro, senza problemi: "Sono personalmente colpito – ammette – soprattutto perché ho alcune persone vicine a me che sono in Ucraina in questo momento. È una situazione molto difficile e spaventosa, dato che loro stessi non sanno se saranno in grado di farcela e se saranno in grado di rivedere i loro parenti. Speriamo che possano trovare una soluzione. È davvero triste vedere i filmati degli attacchi, con famiglie che muoiono per una ragione che non condivido in alcun modo. Spero che altri paesi possano sostenere l’Ucraina, perché è un piccolo paese, e sappiamo quanto invece sia potente la Russia".
Ovviamente misuratissimo e superabbottonato l’unico russo del Circus, Nikita Mazepin, il quale si limita a puntualizzare: "Mi rivolgo ai miei fan e follower: è un momento difficile e non ho il controllo su molto di ciò che viene detto e fatto. Sto scegliendo di concentrarmi su ciò che POSSO controllare lavorando sodo e facendo del mio meglio per il team Haas. I miei più sentiti ringraziamenti per la vostra comprensione e supporto".
E quindi, finalmente, in ultima posizione nella lista dei tempi d’arrivo, eccoti anche il comunicato ufficiale di Liberty Media, entità guida della F.1 e dal dna statunitense che più stelle e strisce non si potrebbe, eppure tra le righe brilla per cerchiobottismo che più ultrademocristiano non si può immaginare. Leggete un po’: "Il campionato di Formula 1 si disputa nei Paesi di tutto il mondo con l’obiettivo di unire persone e nazioni. Stiamo osservando gli sviluppi in Ucraina con tristezza e shock, sperando in una soluzione rapida e pacifica alla situazione attuale. Giovedì sera Formula 1, la FIA e le squadre hanno discusso della posizione del nostro sport e la conclusione è, valutata e compresa da tutte le parti interessate, che è impossibile tenere il Gran Premio di Russia nelle circostanze attuali".
Della serie, per adesso ci tocca dire che non possiamo onorare l’ultimo anno di presenza del contratto che ci lega a Sochi, ma poi, magari, ricambiando le cose, chissà. È un po’ come quando t’invita a pranzo una coppia che nel frattempo litiga catastroficamente e si lascia. Dai, a’ sto punto non vengo, ma, al limite, se vi rimettete insieme, fate un fischio che si fa festa. Dio santo, che malinconia. Tutto questo, per dire una cosa molto semplice. Non ha assolutamente importanza cosa pensino in sé i piloti di Formula Uno, perché sono liberissimi di avere ciascuno la propria convinzione. Ma è bellissimo notare che molti di loro, senz’altro i più carismatici, non hanno alcun problema non solo a rendere noto il proprio pensiero ma anche, nel caso, a manifestare volontà di scelta inequivocabile e tutt’altro che paracula. Permettetemi di dire che ciò è fantastico. Perché è bellissimo avere a che fare con campioni che se ne fregano d’essere i Cavalieri del Rischio Calcolato, di tacere opportunisticamente e di voltarsi dal’altra parte, preferendo invece esporsi, spiegarsi, testimoniare la propria sensibilità. Dare un segnale, senz’altro illuminante e gradito, quale che esso sia. Perché in situazioni come queste la cosa più terribile resta l’indifferenza, il silenzio furbetto, la neutralità studiata. Che la pensino come vogliono, i piloti di F.1, per carità, paradossalmente anche un’ipotetica idea contraria rispetto a quelle espresse avrebbe lo stesso valore, sul piano dialettico.
GP Russia, il promoter replica alla F1: "L'evento è sospeso, non cancellato"
Dico semplicemente che è bellissimo prendere atto del comportamento di atleti parlanti e pensanti, che una volta di più, proprio nel momento in cui la Mercedes da nera torna argentata, continuano a dire la loro sulle umane vicende del Pianeta Terra. Perché vedere gente che corre e sfreccia e basta, pensando solo a guadagnare e vincere, sarebbe desolantemente tristissimo. Nella primavera 2014 Michael Schumacher, a quattro mesi dall’incidente lo ha rapito alla nostra vista ma non al nostro affetto, è stato insignito della cittadinanza onoraria di Sarejevo, per il suo impegno a favore dei bambini feriti durante la guerra del 1992-1995 in Bosnia. I media locali in quell’occasione hanno ricordato commossi come Schumi si era recato a Sarajevo per due volte dopo la fine del conflitto, nel 1996 e 1997, per favorire la raccolta di fondi a favore dei bambini feriti.
L’anno scorso, tanto per dirne un’altra, ha commosso il mondo l’immagine dello straricco e pluriridato Nelson Piquet, quasi settantenne, intento con tanto di mascherina medica a distribuire pacchi e derrate ai poveri nel Brasile degli ultimi, dei poverissimi, dei disperati, straziato dal Covid-19. Ecco, scusate, ma in giorni così, sono questi gli aspetti del nostro mondo che inorgoglisce sottolineare. Al di là dei buonismi e dei buoni sentimenti facili, perché coraggio e autenticità restano i valori più belli del nostro Sport. Laddove la F.1 è sempre più sicura in pista e la vita lo è di meno, là fuori. Poi, certo, adesso tutti a parlsre di porpoising, di pull-rod, di retrotreni rastremati e pance miniaturizzate... Però che bello quando ci si accorge che senza casco e privi di mille cavalli in mano, quando vogliono i Formula Uno boyz sanno essere ancora più speciali e campionissimi meravigliosi d’empatia e umanità.
Link copiato