Il senso di questa stagione è il salto generazionale forse irreversibile
Anche perché, appunto, il peccato sta all’origine: se si trovasse il modo di far contare di meno tattiche e strategie e di più il manico puro, tutte queste amare cose manco ci sarebbero. Intanto però, paradossalmente ma non troppo, l’altra morale della favola olandese evidenzia una realtà esattamente opposta a quella che che si sarebbe delineata nel caso di un trionfo di Lewis.
Con un podio formato da Verstappen, Russell e Leclerc, ovvero, ventiquattro anni anni, più ventiquattro anni, più ventiquattro anni, in tutto settantadue primavere, mentre i tre arrivati subito dopo, ovvero Hamilton, Perez e Alonso ne stazzano rispettivamente, trentasette, trentadue e quarantuno, per un totale di centodieci anni, cioè in tutto trentotto in più dei baby, ovvero una vita.
Sbaglierò, ma il segnale, al di là dei meriti, dei colpi di coda, della voglia di non arrendersi e dello spirito meraviglioso dei veterani, pare chiarissimo e inequivocabile.
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