Il gusto di narrare Michele Alboreto

Il gusto di narrare Michele Alboreto

Tornare con la mente e col cuore ai giorni più belli e intensi della lunga carriera di Alboreto,è come sfogliare un album di famiglia, per ritrovare personaggi cari e momenti intensi, mai dimenticati. A venti anni dalla scomparsa, lui è qui, con tutti noi

25.04.2021 17:04

Michele Alboreto, vent’anni dopo la sua scomparsa, non è più solo Michele Alboreto, ma noi che abbiamo bisogno di lui. Noi che lo ricordiamo e lo rimpiangiamo, lo riviviamo come uno dei ricordi più belli e più puri della nostra giovinezza.

L’italiano di nuovo scelto da Enzo Ferrari dopo quasi tre lustri d’ostracismo tricolore, seppur non immotivato. L’ultimo - e di fatto l’unico, fino a che è durato il sogno -, a sembrar candidato a succedere ad Alberto Ascari, iridato nel 1952-1953.

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L'uomo, il simbolo

Michele Alboreto resta simbolo bello, sorridente e galantomista dell’Italia nel mondo della F.1 degli Anni ’80 e non solo. Né edonista e né reaganiano, così unico e diverso rispetto ai suoi tempi più belli e all’era che lo vedeva sulla cresta dell’onda, perché semplicemente e deliziosamente signorile, meritocratico, in tutto e per tutto, squisito, mai prevaricatore e capace di farsi rispettare, sissignore.

Perché il gentiluomo beneducato di stampo ottocentesco conviveva col campione determinato e tignoso e l’uomo capacissimo di farsi rispettare anche dai giganti cattivelli di quei giorni così fecondi, in fatto di talenti e personalità. Comandamento numero uno: in pista non lasciarti mai intimidire.

Michele in pista

Tanti anni fai a un evento Audi vissi un’indimenticabile serata a cena proprio con Michele che si confidò: "Il mago moderno dell’intimidazione è stato, con rispetto parlando, Ayrton Senna. Nelle qualificazioni Anni ’80 fu il primo ad architettare il giochino del rientro in pista lento, quando la pole era già sua. Tu tiravi alla morte col turbo a manetta e lo incontravi a passo d’uomo: un’alzatina istintiva la davi sempre, perdendo qualcosa. Lui tornava ai box, si rimetteva in assetto da guerra, tornava in pista e piazzava la coltellata decisiva a pochi secondi dalla fine delle prove. Ma non è tutto".

Michele non si fece pregare: "In corsa Ayrton era un genio delle astuzie: se non riusciva a staccarti, dava un colpettino al freno in rettilineo e ti faceva rizzare i capelli dalla paura, ti faceva tremare l’anima. Prost lo sa bene: Senna una volta a Hockenheim lo fece diventar matto anche così. Stufo di questo trattamento, al Gp d’Austria ’87 gli dissi prima del via: 'Occhio, Ayrton: oggi ti curo io'. Lui fece l’indifferente. In gara ero davanti e gli feci battere il muso della sua Lotus contro il mio cambio della mia Ferrari, strapazzandolo bene bene. Ci vedemmo dopo e non disse niente. Da quel giorno non ebbi più problemi con lui". Ecco, chi era Michele, in pista. Mica solo uno buono e veloce.

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Il sorridente appassionato di corse

Però dentro restano delle immagini pungenti, schegge balenanti e preziose che dipingono la fuga in rosso di un ragazzo verso quel sogno iridato della prima metà del 1985 su Ferrari, il suo stupendo impatto televisivo nella trasmissione “rosso 27” di e con Ezio Zermiani e quindi quella sua capacità dialettica forte davanti alle telecamere, unita alla sensazione di trovarsi di fronte a una persona perbene. E poi c’è un’altra cosa, che non tutti sanno. Michele era anche il pilota che incontravi sorridente ai circuiti e quello, secondo me, resta l’aspetto più bello e premiante.

Perché la brava persona sapeva diventare un uomo dal fare gentile e dall’accoglienza carina. Sempre, ovunque e comunque. L’ho visto, vissuto e sperimentato, dalla indy 500 alla notte di Le Mans passando per le garette Endurance dell’American Le Mans Series, trovando sempre la stessa persona. Ovvero, una volta levato il casco, diventava appassionato di corse tale e quale a noi tutti.

Il ricordo

Proprio per tutto ciò penso che la grande chance di questa pubblicazione è quello di riviverlo e raccontarlo nella sua stupenda umanità, sposando la classe del driver a quella dell’uomo che vinse e visse molte volte. Diverse carriere e tante vicende e cicli agonistici, dai primi giorni della Formula Monza agli ultimi giorni di tester e Pilota Audi, passando per mito Ferrari e simbolo delle corse italianamente nobili in non meno di tre decadi. E in casi come questi è inevitabile riproporre l’ultimo ricordo, l’incontro finale, il saluto inconsapevole. Il mio è datato Silverstone 2000, quando del tutto per caso ci incrociamo al paddock tra un bilico e l’altro e lo trovo gentile ma un po’ seccato, perché quando gli chiedo come mai non sia schierato in gara dall’Audi, lui mi dice: "Guarda, mi hanno detto che sono destinato alle gare lunghe, ovvero alle maratone endurance e ai collaudi, quindi niente corse corte, da qui in poi. Oddio, la cosa non mi crea alcun problema, ma per uno come me, che gode ogni volta alla sola idea di disputare una corsa in più, boh, ecco, non sono proprio felicissimo, ma che ci vuoi fare... Via, si va avanti e speriamo per il meglio!". Al che aggiungo ovviamente sottotraccia... "Chiaro che quello che mi hai detto resta tra noi, non lo scriverò mai...". E lui: "Ma no, dai, anche perché sarà meglio che scrivi qualcosa alla prima bella occasione in pista, queste sono cose dette tra noi... Via, a presto, la carriera continua e la mia passione è intatta. E, ti garantisco, tale e quale, pure la mia capacità di andare veloce, unita alla voglia di farlo". Una pacca sulla spalla e via. Be’, mettetela come volete, penso sia un bellissimo commiato. inatteso, inconsapevole, destinato a passare attraverso le maglie strette e brutte del destino, ma pur sempre un saluto che resta e ancor oggi didascalizza una carriera, un modo di essere e anche il senso del restare nel cuore degli appassionati.

Chi era Michele Alboreto

Michele Alboreto è questo. Uno che ha dato tutto alle corse e per le corse, senza arrendersi mai. Evitando in tutti i giorni della sua vita di pronunciare il concetto di ritiro definitivo dalle competizioni. Perché tra Michele alboreto e le corse la storia non è mai finita, si è semplicemente interrotta per volontà del destino.

Ma la voglia degli uomini può pur sempre, vent’anni dopo, andare oltre ciò che è stato, tornando a rendere protagonista proprio lui. E non solo a vent’anni esatti dalla fine della sua esperienza terrena, ma anche a quaranta precisi dal debutto in F.1 con la tyrrell sponsorizzata dalle ceramiche imola, in un bagnatissimo gp di san Marino 1981. Perché queste tante pagine vogliono essere una specie di nuovo inizio, di modo dolce per ripercorrere una traiettoria umanamente forte. ricordando passo dopo passo un uomo speciale, un pilota top, la sua passione e il suo stile. Buona lettura, nel segno di Michele.


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