Ecclestone difende l'idea dei muretti

Ecclestone difende l'idea dei muretti© sutton-images.com

Una proposta che ha fatto discutere parecchio, immaginando rischi per la sicurezza: «Nessuno ha fatto più di me negli anni per una F1 più sicura»

Fabiano Polimeni

04.11.2016 ( Aggiornata il 04.11.2016 17:53 )

L'idea di "alzare" dei muretti nelle curve, per renderle più "pericolose" è stata variamente interpretata nei giorni che hanno preceduto il Gran Premio del Messico. Bernie Ecclestone torna sul tema per chiarire il ragionamento alla base di dichiarazioni male interpretate in alcuni casi. Per quanto avvenuto a Città del Messico in gara, quella che è la conformazione delle vie di fuga e la conseguente necessità che diventino realmente penalizzanti se utilizzate - oltre all'ovvia funzione che devono assolvere, di spazi di sicurezza per rallentare le monoposto in caso di incidente - è diventata più che mai attuale ed Ecclestone puntualizza il senso della sua proposta, certamente provocatoria ma non priva di un fondo di verità. 

«Quel che ho detto davvero è che i muretti dovrebbero impedire ai piloti di andare fuori pista. Perché quando questo accade, oggi, diventa materia per qualcuno che deve decidere se sono usciti a causa di un problema o perché volevano trarre un vantaggio o, ancora, perché hanno commesso un errore. Ciò significa doversi affidare alla valutazione di qualcuno. Se hai tre commissari, ciò comporta di solito tre opinioni. Chi chiede la squalifica, chi potrebbe chiedere una penalità e chi, un terzo, potrebbe dire che non c'è nulla di sbagliato», commenta. Si potrebbe eccepire che basterebbe identificare un gruppo di commissari permanente e ottenere uniformità di giudizio in casi simili, come richiesto da Sainz. Ma l'analisi di Ecclestone, per spiegare quale possa essere l'utilità di muretti subito a ridosso della pista è più approfondita.

«La cosa più semplice da fare per certe curve, e intendo davvero solo per alcune, curve che non sono ritenute pericolose, dove qualcuno potrebbe trarre un vantaggio da un'uscita larga, sarebbe di innalzare dei muretti per ricordare loro che quella è la linea bianca. Intendo, elevare la linea bianca di 40 centimetri». Tornano alla mente i sensori affogati nell'asfalto per segnalare alla direzione gara quando una monoposto aveva oltrepassato con le quattro ruote il limite della pista (i casi di Spielberg, Budapest, Silverstone, sono solo alcuni vissuti quest'anno). In quest'ottica, l'idea di Ecclestone sarebbe più facilmente comprensibile dal pubblico e un deterrente vero a cercare il limite al millimetro senza oltrepassarlo.

Rimanda al mittente ogni accusa di voler rendere la Formula 1 più pericolosa: «Ho fatto più io per la sicurezza in Formula 1 di chiunque altro nel corso degli anni, compreso l'aver assicurato la presenza di un ospedale in pista, per cui non ci servono queste discussioni».

A supporto della validità della sua idea, richiama l'unicità di Monaco e di altri circuiti cittadini: «Monaco non l'ho mai resa pericolosa ed è lì da decenni. Baku non è stato un problema, Singapore nemmeno. E se chiedi a un pilota quale gara ama vincere più di ogni altra, la risposta è subito Monaco. Nessun pilota si è mai lamentato di Monaco».

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Quei piloti-personaggi che tanto ama Ecclestone. Hamilton e Verstappen il prototipo ideale secondo Bernie: «Lewis è un po' speciale, come persona e come pilota. Sta facendo un lavoro super. Avremmo bisogno di mezza dozzina di Lewis. La posizione di Max è quella di chi vuole arrivare a quel livello, vuole vincere. Ha la qualità e il talento per farcela. E' uno che corre ed è quel che ci si aspetta faccia! I piloti in Formula 1 ci si aspetta che corrano uno contro l'altro»


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