Vettel gioca d'esperienza mentre la Ferrari certifica tutti i suoi limiti non solo sul motore ma anche sul telaio, mentre Hamilton si avvicina sempre più a Schumi
In Austria, la “scusa” del motore avrebbe anche potuto reggere. Ma l'Hungaroring, che a parte qualche allungo nel primo settore è tutta una serie di curve, ha smascherato tutti i limiti della SF1000 sul fronte aerodinamico e telaistico. Lo avevamo detto che la tappa di Budapest sarebbe stata importante per la Ferrari per capire fino in fondo dove arrivano i limiti del motore e dove cominciano invece quelli della macchina. Con 1”3 rimediato in qualifica e due vetture doppiate in gara, la risposta tanto temuta è arrivata, se ancora ce ne fosse bisogno: questa SF1000 ha tanti punti deboli e nessun punto di forza. La SF90 del 2019, pur soffrendo in curva, nei rettilinei almeno volava. E, comunque, all'Hungaroring si prese un minuto, tanto ma non un giro intero. Fa paura anche quello che dicono i piloti: nella prima gara in Austria Vettel aveva detto di essersi ritrovato tra le mani tra venerdì e domenica una monoposto diversa nel comportamento, lo stessa cosa di cui si è lamentato ieri Leclerc. Quando questo succede, non è mai un bene. I motivi possono essere diversi, ma alla base c'è forse una comprensione non ancora completa di una macchina piena di difetti.
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