Ricciardo e il senso di una F1 che non può andare al limite

Ricciardo e il senso di una F1 che non può andare al limite© Getty Images

Il GP di Turchia ha prodotto una gara con tanti episodi, frutto di condizioni di aderenza ben oltre le difficoltà ordinarie di un GP sul bagnato. Daniel Ricciardo centra il punto di una F1 che ha bisogno di condizioni ottimali per esprimersi

Fabiano Polimeni

18.11.2020 ( Aggiornata il 18.11.2020 14:54 )

Ci ha messo tanto del proprio, l’asfalto dell’Istanbul Park, nel creare un GP di Turchia ricco di episodi. Monoposto che a fatica restavano in pista – già dal venerdì, sull’asciutto – e pochissimi maestri assoluti in grado di “sopravvivere” nelle due ore di gara senza commettere gravi errori. Merito a loro.

Ma intorno al tipo di spettacolo prodotto in Turchia dalla Formula 1 non mancano le visioni discordanti, specialmente da quella di Ross Brawn. Al di là dell’imprevedibilità meteo, uno dei fattori ordinari della sfida, pensare di poter “ringraziare” l’asfalto scivolosissimo posato tardivamente dal promoter per il week end alle spalle è azzardato.

Le macchine più veloci, tecnologiche, potenti del pianeta, costrette a girare al rallentatore, semplicemente perché il campo di gioco non è da Champions League, piuttosto relegabile a una partita di terza categoria.

Spettacolo sensato o potenziale inespresso

Daniel Ricciardo ha commentato le condizioni affrontate dai piloti in Turchia, chiarendo come “non è la risposta. Non fraintendetemi, so che tutti sul divano si sono divertiti ed emozionati a guardare la gara, però non credo, sinceramente, che abbiamo imparato nulla da questo week end”.

Si è trattato di adattarsi al limite dell’aderenza in pista e correre su quel valore, che ha trasformato le monoposto più veloci di sempre in progetti al rallentatore per velocità pura, senza togliere nulla all’impegno totale dei piloti. Altra cosa è l’appagamento al volante.

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“Probabilmente non avremo mai, nuovamente, una situazione come questa, con questi livelli di aderenza. Penso anche alle squadre che spendono così tanti soldi per sviluppare le macchine e riversare tutte le conoscenze nel progettare le macchine da corsa più veloci al mondo e non possono utilizzarle. Se fosse sempre così, sarebbe come una rapina. Perché riversiamo così tanto su queste macchine se in realtà non riusciamo a spingere al limite?”, approfondisce Ricciardo.

Il punto sta proprio nella condizione base: una Formula 1 immaginata e progettata per avere ridotti valori di aderenza (ergo prestazione in curva, nemico assoluto dello spettacolo inteso come possibilità di corse ravvicinate) può arrivare a produrre uno spettacolo assimilabile a quanto visto in Turchia, ma se le condizioni tecniche sono opposte, girare sull'aderenza dell’asfalto rifatto dell’Istanbul Park è un po’ come “castrare” le monoposto.

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