Il 2021 sarà stagione di formazione, che vale la possibilità di sbagliare per i due rookie. Steiner giustifica la scelta, tra vantaggi (economici) e il rischio di una mancanza di riscontri utili allo sviluppo della monoposto
Un inverno finora trascorso spesso agli onori delle cronache per Haas, tra episodi negativi come l’uscita sui social network di Nikita Mazepin e scenari di sviluppo che passano dall’ufficio “satellite” con tecnici Ferrari, a lavorare da Maranello sulla monoposto del russo e di Mick Schumacher, guidati da Simone Resta.
Sul mercato, la squadra di Gene Haas ha percorso una via diametralmente opposta a una politica che, dal debutto in Formula 1, ha segnato la scuderia: massima esperienza dei piloti per far crescere squadra e macchina. Adesso, due rookie, una stagione 2021 che può considerarsi di inserimento e formazione, sperando di cogliere i frutti dal 2022.
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Una scelta operata la scorsa estate, quella di giocare il jolly – economicamente vantaggioso – di puntare su giovani piloti debuttanti in F1; scelta della Ferrari, l’assegnazione di Mick Schumacher dalla FDA, al di là del fattore tecnico-sportivo una carta buona anche sul piano del marketing.
Tra tanti aspetti positivi, un rischio relativo – perché in un anno di stabilità regolamentare e con un 2022 da progettare che sarà completamente diverso per caratteristiche delle monoposto –: quale contributo allo sviluppo puoi attenderti da due piloti all’esordio?
“Sì, c’è il rischio che i debuttanti sfruttino poco i dati disponibili ma noi siamo qui per aiutarli. Il vantaggio è quello di poterli guidare in una certa direzione dello sviluppo e possono avere la chance di crescere insieme alla squadra.
Se non è quasi mai avvenuto che un team corresse con due piloti debuttanti, questo non vuol dire automaticamente che sia condannato a fallire. Non voglio minimizzare il rischio che questo possa accadere però possiamo pensare in modo un po’ diverso da altre squadre”, spiega Steiner a Speedweek.
Pensiero “alternativo” spiegato da un’altra angolazione, guardando al passato, ai rinnovi di contratto quando le prestazioni in pista avrebbero giustificato scelte diverse: “Ricordo le persone che mi chiedevano perché tenessimo Romain Grosjean tanto a lungo. Noi non siamo qui per fare quel che fanno gli altri, facciamo ciò che riteniamo abbia senso e i risultati diranno se abbiamo ragione”, aggiunge il team principal.
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