Spettacolo tra Max Verstappen e Charles Leclerc, cavalieri di una Red Bull ed una Ferrari agli antipodi per quanto riguarda le scelte di assetto; male la Mercedes, mentre continua la "maledizione" della prima pole
Medesimo risultato, ma con strade completamente differenti. E' il bello della lotta tra Ferrari e Red Bull nella terra d'Arabia, con scelte di assetto agli antipodi a fare da ingredienti per una battaglia che, alla fine, è stata molto molto equilibrata. Almeno in questo senso Stefano Domenicali e gli uomini di Liberty Media possono gongolare, perché un confronto sul centesimo con due macchine così diverse è quanto di meglio potessero aspettarsi. Ricapitolando in breve, il duello saudita è stato un duello non solo di piloti, ma anche di squadre e di vetture. Alla base di queste ultime, scelte di set-up differenti dovute ai molteplici modi in cui si può interpretare, da un punto di vista ingegneristico, il tracciato cittadino che si affaccia sul Mar Rosso. Velocissimo, inutilmente pericoloso (leggi qui lo Sterzi a parte dedicato di Mario Donnini), ma pronto a prestarsi a interpretazioni varie nonostante le medie orarie siano elevatissime.
La Ferrari ha scelto di presentarsi in pista con una F1-75 abbastanza carica da farla essere la regina del primo settore, quello un po' più guidato, mentre la Red Bull con le sue velocità di punta ha preferito giocarsela nel secondo ed essere davanti nel terzo, quello più rapido di tutti su una pista, ripetiamo, già molto veloce di per sé. La sensazione è che i due team abbiano deciso di puntare sui rispettivi punti di forza: il Cavallino aveva dimostrato di avere tanta deportanza già nel settore centrale di Sakhir, ed anche per Jeddah ha deciso di sacrificare un po' la velocità di punta per dare ai piloti una macchina con tanto carico, che permettesse loro di svettare nelle curve dove di deportanza ne serviva di più; la Red Bull invece ha puntato sull'efficienza aerodinamica, scaricando molto le due ali e sacrificando un po' di prestazione in curva pur di garantirsi velocità sul dritto irraggiungibili. Una scelta che avrebbe potuto mettere più in crisi con le coperture le RB18 rispetto alle F1-75, ma in generale la monoposto di Milton Keynes si è comportata bene. Anzi, quello delle gomme è stato forse l'aspetto decisivo: quando la virtual safety car è stata chiamata in causa, Max aveva dei pneumatici con temperature un po' superiori al normale, e la neutralizzazione gli ha permesso di riportarle nella giusta finestra; al contrario Leclerc ha fatto più fatica a tenere alta la temperatura ed alla ripartenza non le aveva nelle condizioni migliori possibili.
Questo ha consentito all'olandese di recuperare quei pochi decimi utili per entrare in zona Drs, e da lì è partita un'altra gara, quella dei sorpassi a ripetizione. Perché sì, Jeddah è stata soprattutto una questione di dettagli: la prima safety car che ha fregato Perez, la posizione del messicano ceduta in ritardo a Sainz (se la terza piazza fosse stata restituita subito allo spagnolo, quest'ultimo avrebbe potuto rappresentare una minaccia in più per Verstappen), la virtual safety car appena menzionata e infine quella bandiera gialla nel primo settore che ha impedito a Leclerc di provare l'attacco finale. Tutti “se” inutili per riscrivere le classifiche, ma che forniscono un quadro molto chiaro di quanto sia stata sul filo la sfida di Jeddah.
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