Be’, al suo primo tiro con una F.1 vincente, dopo una non oscura gavetta in Williams, George aveva volato, ridicolizzando il compagno Bottas e non vincendo la gara sol perché in pit-lane i suoi avevano fatto casino. Fatto sta che Lewis, il quale sembrava destinato ad aver chiuso la stagione anzitempo, convalescente e satollo, rientrò subito dopo in gara, per togliere di mezzo l’imbarazzante supplente.
Bene. Il confronto diretto tra Russell e Hamilton è poi arrivato per tre stagioni, al termine delle quali George ha vinto tre gare e Lewis due. Nel 2022 ha preceduto Lewis di 35 punti, l’anno dopo Hammer gli è arrivato davanti di 59 e infine nel 2024 Russell, ormai promosso caposquadra, lo ha preceduto di 21 punti, decretando 2-1 nei confronti diretti, in favore del giovane in ascesa, rispetto al vecchio campionissimo, ormai non più ben visto nel team, data la storia nascente con la Ferrari. Per giunta, in tre anni Russell non ha mai detto una parola che una contro Lewis. Mai un flebile lazzo, un sordo sarcasmo, un alito ostile. Zero.
Rispetto e basta. Intelligente rivalità e strumentale collaborazione. In due parole, un silente capolavoro di maturità. La sfida reale, quasi cruenta, ancestrale, tosta, intimidatoria e aperta, l’ha invece avuta a tratti in pista e fuori con il boss della F.1 Max Verstappen. Fatta di lotte all’ultima staccata, di toccate, di fiancate segnate e chiarimenti furibondi, alla bisogna.
Russell: "Quanti problemi, ma ce l'ho fatta. Gran 2° posto per noi"
Lo scorso anno a Brisighella gliene ho ricordato qualcuno, sottolineando che lui, quando Max gli parla incazzato, non toglie mai il casco. Stupenda la risposta di George: «Quando si ha un chiarimento concitato con Max nel dopogara, è una buona idea tenere il casco in testa».
Secondo lui i caschi in F.1 servono a due cose: a proteggere la testa e a rendere più sicuro il dialogo con l’irascibile #1.
Mi ha colpito quando calmissimo ha aggiunto: «Tirata giù la visiera, so quello che voglio e non importa se tra me e il mio target ci sia Max o un altro. Io penso solo all’obbiettivo».
Insomma, George Russell è un campione in divenire, ma anche un uomo fatto. Uno che sa correre e campare e che col tempo verrà fuori anche di più. In fondo in carriera ha vinto sempre e ovunque, dalla F.4 alla Gp3 passando per la formula cadetta. E il numero 63 lo ha scelto perché da bimbo giocava in kart in un circuito dove assegnavano di default proprio il 63 al più veloce e da allora lui non se n’è più separato, da quel feticcio.
Dice pure che il 63 è il numero che più somiglia a GR, le sue iniziali. GR stava scritto sulla mitria dei granatieri inglesi, le mitiche Giubbe Rosse, a fine 1700, e stava per George Rex, Re Giorgio.
Ed è proprio lì che vuol parare, mister Russell. Antonelli in lui ha un compagno di squadra davvero devastante. Ma è anche vero che da uno così Kimi, che è intelligente oltre che capace di rubare con gli occhi, ha cose stupende da imparare.
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