27 anni senza James Hunt: vita e carriera dell'alter ego di Niki Lauda

27 anni senza James Hunt: vita e carriera dell'alter ego di Niki Lauda

Il 15 giugno 1993 un attacco cardiaco portava via il campione del mondo 1976, la cui carriera è indissolubilmente legata a quella di Niki Lauda

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15.06.2020 12:54

James Hunt, senza Niki Lauda, non sarebbe diventato James Hunt. Ma è probabilmente vero che anche Niki Lauda, senza James Hunt, non sarebbe diventato Niki Lauda. Colpa, o merito, di due destini che si sono incrociati quando i due ancora non sapevano chi sarebbero diventati, quando erano solo due ragazzini disposti a darsele in Formula 3.

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Niki, un amico

Poi sono diventati Niki Lauda e James Hunt. Tre titoli il primo, uno l'altro. Con quest'ultimo proprio a discapito del primo: basta dire Fuji 1976 e si apre un mondo. Fu la giornata di James Hunt, scomparso oggi, il 15 giugno 1993, 27 anni fa. James si trovava a Londra ed il 29 agosto successivo avrebbe compiuto 46 anni. Non ci arrivò mai, e sarebbe bello potergli chiedere oggi se a lui alla fine sia andato bene così. Una vita breve ma intensa, nel suo caso è proprio tutto quello che c'è da dire per fare un compendio della sua esistenza. Una vita indissolubilmente legata con le corse, con il pericolo, con le donne, tante, e con l'alcool, tantissimo, per tacere di altre cose. Sempre al massimo. Ha vissuto la sua vita così e c'è da scommettere che, comunque sia andata, James non ne sia pentito. Al massimo solo dispiaciuto per non essersi potuto godere la prima di "Rush" con un birra fresca accanto al suo alter ego, Niki, l'uomo che ha sfidato, battuto, ammirato e rispettato. Un amico, collega ma anche coinquilino, così si dice, negli anni delle formule propedeutiche.

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Dalla Hesketh alla McLaren

James Hunt è il re del nubifragio del Fuji, anche se quella domenica la gara la vinse Mario Andretti. Il primo ed unico titolo di Formula 1 vinto in carriera da James, dopo una lunga rincorsa durata tutto l'anno, nella stagione dell'incidente di Lauda al 'Ring. In testa al campionato solo nel momento più importante, cioè dopo l'ultima gara: non era mai successo in 26 anni di F.1 e sarebbe accaduto di nuovo solo un'altra volta, 34 anni dopo, con Sebastian Vettel iridato ad Abu Dhabi 2010. Campione in quell'occasione, ma James deve essere apprezzato per tutto l'arco della carriera. Formidabile, al limite ma corretto nei corpo a corpo, veloce in ogni condizione, aggressivo quasi sempre, e molto generoso alla guida. Di corse ne ha vinte 10, nove con la McLaren ed una con la squadra che lo ha lanciato, la Hesketh. Hunt è stato in pratica il volto di un team sulla carta da sogno: i soldi e la voglia di sfondare di Lord Alexander Hesketh, il genio di Harvey Postlethwaite al tavolo da disegno, il piede di Hunt in macchina. Vinsero a Zandvoort 1975 e quella resta una delle gare più belle da parte di James.

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Una vita da film

Una vita durata troppo poco, con due matrimoni, due figli ed un addio alla sua maniera alla Formula 1. Era il 1979 e dopo Monaco, stanco della scarsa competitività della sua Wolf, James piantò tutti quanti in asso. Basta con le corse. "L'uomo in F.1 non conta più", disse. Continuò a tratti con il suo stile di vita godereccio, e pensare che sarebbe dovuto diventare un dottore. Ebbe un po' più di tempo per gli altri sport che amava, il tennis ad esempio, anche se il mondo delle corse non lo abbandonò mai definitivamente. Ebbe un ruolo con la televisione inglese ed era commentatore per la F.1 per la BBC quando un attacco cardiaco pose fine alla sua vita. Una vita da film.

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