Gli pneumatici sono diventati troppo decisivi e rendono le corse provedibili, costringendo piloti e squadre a gare di gestione
Altro che Formula Ibrida: questa F1 moderna è una Formula Gomme. Troppo troppo esagerata la percentuale d’importanza degli pneumatici ai fini del risultato finale. In Messico la Mercedes ha vinto perché ha scommesso sulla durata delle gomme hard, le bianche, le più dure, di cui nessuno dopo le prove libere del venerdì si fidava perché sembrava non fossero efficienti alla distanza. Invece Hamilton e la Mercedes hanno avuto il coraggio (o la spregiudicatezza) di usarle presto e ci hanno coperto ben 48 dei 71 giri di gara.
In Ferrari non si fidavano di quelle mescole perché nelle loro simulazioni del venerdì non si erano dimostrate affidabili. Ma va anche detto che mentre la Mercedes le ha provate davvero nelle FP2, la Ferrari non le ha realmente montate in prove libere. Il team di Maranello per risparmiare tempo prezioso in prova, impiega solitamente le gialle che hanno una costruzione simile, poi alterando dei valori della mescola media mediante un algoritmo riesce a simulare in modo piuttosto efficace il potenziale comportamento delle bianche e ottenere così un’idea precisa del rendimento della bianca. Anche in Messico hanno agito in questo modo. E la risposta del venerdì è stata negativa. Le bianche non sarebbero risultate efficienti sulla SF90. In realtà anche Mercedes, che le ha montate davvero nelle libere, aveva avuto responsi negativi. Ma poi ha rischiato l’azzardo in gara perché non aveva nulla da perdere, essendo nelle retrovie. E ha funzionato perché nel frattempo la temperatura era salita di 8 gradi rispetto al venerdì e quelle gomme dure che al freddo delle FP2 non si scaldavano e non garantivano grip, con il caldo ella domenica sono diventate improvvisamente efficienti.
Ora il problema è questo: vi sembra giusto che una F1 iper-tecnologica come quella odierna, con motori ibridi, recuperi di energia, propulsori elettrici, frenata a controllo elettronico, aerodinamica sofisticatissima e quant’altro, debba dipendere per il risultato non dalla qualità della monoposto o dalla bravura del pilota, quasi soltanto da una gomma? Possibile che bastino 8 gradi per sovvertire i valori tecnici in campo?
In Messico la pista prevedeva un rettifilo lunghissimo dove i motori stanno a tavoletta per 16 secondi, le macchine in fondo al dritto raggiungevano velocità prossime ai 360 km/h. C’era anche una bella via di fuga in erba che limitava i rischi in caso di “lungo” per cui c’erano tutti i presupposti perché con l’effetto-scia si assistesse a duelli in staccata all’ultimo sangue. Del tipo: io mi butto dentro a ruote fumanti, poi vediamo se riesci a resistermi e staccare lungo come me. E invece di duelli del genere ne abbiamo visti due soltanto. E per un giro appena: quello fra Hamilton e Verstappen al primo giro e quello fra Ricciardo e Perez nel finale di gara. Pensate che bello se tutto il GP del Messico fosse stato esaltato da sfide del genere, che sono poi quelle che gasano e stimolano i piloti i quali sono degli attaccanti nati che si divertono ad osare oltre il limite e si annoiano invece a guidare da taxisti.
Invece no: la Formula Gomme ci ha tolto lo spettacolo. Siccome la gomma è la componente più importante per la performance alla distanza, la regola del buon pilota di F1 è diventata: andare piano per farla durare di più. Fino a metà gara i primi viaggiavano sul passo di 1’20” e mezzo al giro, ovvero circa 5” più lenti delle qualifiche Q2 dove hanno usato le stesse gomme (gialle) per un singolo giro.
Che spettacolo volete che diano dei piloti quando devono pensare ad ammorbidire la frenata per non strapazzare la superficie del battistrada, addolcire l’ingresso in curva senza strapazzare la macchina per non deteriorare lo pneumatico anzitempo, accelerare con cautela per non far surriscaldare le gomme posteriori e così via?
È evidente che la gomma sia da sempre la componente decisiva per la performance di una macchina da corsa. La potenza passa per di lì. Ricordate la pubblicità della Pirelli di tanti anni fa con il centometrista Carl Lewis in tacchi a spillo? Il claim recitava: “La potenza è nulla senza controllo”. Ed è vero. La potenza dell’automobile passa per gli pneumatici. Puoi anche avere mille cavalli nel motore come le F1 ibride di oggi, ma sono le gomme che te li fanno scaricare a terra quando pesti sull’acceleratore. Se la superficie della gomma scivola oppure si appiccica all’asfalto, fa una bella differenza. In un caso non trasmette la potenza a terra, nell’altro garantisce la massima spinta. E la performance della monoposto cambia dal giorno alla notte. Lo stesso discorso vale per le gomme anteriori: se non “lavorano” (come succedeva alla Ferrari di inizio stagione) cioé non aderiscono bene all’asfalto, la macchina non volta. Non cambia direzione nelle curve. Quindi la bontà delle gomme o meglio, la capacità degli ingegneri di “interpretarle” e farle lavorare bene, è determinante. È una magìa fatta di fine messa a punto degli assetti: carico aerodinamico sullo pneumatico, camber, convergenza, pressioni dei gonfiaggio e così via. Tutte cose che in un modo o nell’altro influenzano la temperatura che il battistrada raggiunge durante la guida e quindi determinano il buono o cattivo funzionamento della gomma.
Ma la domanda è: non vi pare esagerato? Perché deve decidere tutto un pezzo tondo e nero di gomma? In fondo è uno dei mille componenti di una F1. Come motore, ali, sospensioni e così via.
Dovrebbe incidere per il 10% massimo 15% nella performance complessiva, non per il 70-80% comune accade oggi. Dovrebbe avere più importanza la velocità della macchina e la sua potenza. E dovrebbe contare di più la bravura di guida del pilota, la sua determinazione; quello che gli inglesi chiamano “skill”, cioé la sua abilità e la voglia di prendersi dei rischi oltre il limite. Non la bontà di un composto chimico fatto di gomma, fili metallici, kevlar, nerofumo e derivati del petrolio.
Questa F1 è troppo dipendente dagli pneumatici e ammazza il divertimento perché i piloti corrono come taxisti per tre quarti di gara cercando di far durare alla distanza le gomme. Invece di sprigionare il proprio estro nella guida. Non sarebbe stato più bello ed imprevedibile un GP del Messico con tanti duelli alla Hamilton-Verstappen della prima curva ripetuti per molto più giri? Una gara dove la suspence sarebbe venuta dalla capacità di uno dei due di attaccare in frenata l’altro a ruote bloccate invece che dal dilemma di sapere se la gomma bianca si sarebbe deteriorata alla distanza oppure no.
Liberty Media che è la proprietaria del “giocattolo F1” invece di arrovellarsi a cercare di modificare le monoposto del 2021 per dipendere meno dalla scia e garantire più spettacolo, dovrebbe invece chiedere alla Pirelli di sviluppare gomme diverse. Neanch’io saprei dire quale possa essere la formula giusta. Una potrebbe essere quella di abolire le tante mescole diverse e tornare alle gomme soffici di sei/sette anni fa, che si sfaldavano dopo 20 giri in modo che tutti erano obbligati a strapazzarle comunque, tanto poi avrebbero dovuto cambiarle in ogni caso.
Oppure il contrario: realizzare gomme talmente dure che si eliminerebbe il problema di dover guidare delicati per preservarle, tanto resisterebbero lo stesso. Oppure una terza alternativa, non saprei. Il gommista è Pirelli, è lei che deve trovare la soluzione dal punto di vista costruttivo dello pneumatico. Ma è Liberty Media che deve dettare a Pirelli le linee-guida. Dirgli che tipo di pneumatico vorrebbe e con quali caratteristiche. E forse così torneremmo a disquisire nei Gran Premi di macchine e della bravura dei piloti. Dei duelli Vettel-Hamilton e delle staccate fulminanti di Leclerc e Verstappen. E non soltanto della durata dei pneumatici e basta.
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